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Newsletter del 17 Dicembre 2008

Pmi deluse: dal Governo nessun sostegno fiscale

Franco Vergnano
MILANO
Il dubbio è forte: il Paese non sa leggere il contesto produttivo della nostra economia. La tenuta sociale del Paese si identifica, soprattutto nella crisi economica di oggi, con le aziende di minori dimensioni radicate nel territorio e che negli scorsi anni sono state capaci anche di garantire un saldo occupazionale positivo a fronte della ristrutturazione e riconfigurazione produttiva e finanziaria dei grandi gruppi.
Questo il concetto, come lo racconta Giuseppe Morandini, 49 anni, vicepresidente di Confindustria e presidente della Piccola industria, che ieri ha presieduto un summit con i suoi colleghi imprenditori sui provvedimenti governativi.
«Dal dibattito - spiega Morandini - è emerso a chiare lettere che le Pmi avevano aspettative molto diverse rispetto a quanto espresso dal decreto anticrisi varato dal Governo. In pratica nemmeno una delle priorità da tempo richieste è stata presa in considerazione. Inoltre risultano annacquati, quando non cancellati del tutto, alcuni automatismi che potevano aiutare la domanda in questi frangenti, come ad esempio quelli relativi al risparmio energetico o alla ricerca, dove il credito d'imposta era molto apprezzato anche dalle Pmi, pur essendo il più basso d'Europa».
Il consiglio centrale della Piccola Industria di Confindustria si è svolto ieri a Milano, ospitato nella sede de Il Sole 24 Ore, dove in mattinata c'era stato anche il comitato di Presidenza. «Hanno parlato – racconta Morandini – i piccoli imprenditori che stanno in fabbrica a produrre dal mattino alla sera. Siamo delusi. Pensi che hanno addirittura abolito la detassazione degli straordinari. Un provvedimento che nelle nostre imprese ha valenza non solo riferito alla produttività, cioè per soddisfare le punte di domanda, ma anche per fare la manutenzione straordinaria degli impianti o per venire incontro a quei dipendenti - che ora sono tanti - che ci chiedono di poter fare qualche ora in più». Inoltre sul tappeto, lamentano le Pmi, c'erano da tempo due semplici provvedimenti. Uno è la rivalutazione degli immobili strumentali, in modo da aumentare la patrimonializzazione delle società e facilitare l'accesso al credito delle aziende. Ovviamente si tratta di fare l'operazione con una tassazione agevolata (le Pmi chiedevano il 2%). Nel decreto siamo al 10 per cento. «In questa situazione – chiede Morandini - sa quale sarà il risultato? Che quasi nessuna azienda avrà la forza per aderire all'operazione. Con zero incasso per il Fisco». Mentre le Pmi si aspettavano che una parte degli introiti generati da questa misura fossero girati alla detassazione degli utili che rimangono in azienda per migliorare la capitalizzazione delle piccole imprese. «Come ci aspettavamo un aumento – agggiunge Morandini – della soglia automatica di compensazione dare-avere con il Fisco, per migliorare la liquidità delle Pmi, soprattutto di quelle che esportano».
Un esempio? Oggi la soglia di compensazione automatica con l'Erario tra debiti e crediti è di 516mila euro. Un'azienda di piccole dimensioni la esaurisce in 2-3 mesi. Ecco perché le Pmi avevano richiesto di portarla almeno a un milione, in tempi brevi, e poi pianificare degli incrementi annuali che avvicinassero le Pmi alla compensazione integrale. Invece nulla. Per non parlare della regolamentazione dei tempi di pagamento. La nostra Pubblica amministrazione compra ogni anno per cento miliardi, ma tutte le scuse sono buone per ritardare il saldo delle fatture e far accumulare lo stock dei crediti. «Insomma - conclude Morandini – è una situazione insostenibile».

 
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