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Newsletter del 20 Gennaio 2009

Tiene il made in Italy di qualità
di Emanuele Scarci


Il made in Italy di qualità sfida la crisi e quando, in tempi come questi, non riesce a crescere, quanto meno tiene le posizioni e si prepara al rilancio. Peraltro un esercizio molto difficile per l'industria manifatturiera tricolore che per le sue peculiarità – opera prevalentemente nei beni strumentali e nei prodotti di consumo durevoli – è legata al ciclo economico.
Tuttavia se auto ed elettrodomestici ingranano la retromarcia, resiste la meccanica legata alle macchine movimento terra, all'agricoltura, all'energia verde; nella nautica il carnet ordini dei super yacht rimane cospicuo nonostante qualche rinuncia; nel bianco s'inceppano le grandi macchine ma girano quelle professionali per catering e quelle piccole; reggono i comparti dell'automazione industriale e degli ascensori-scale mobili, quelli dei sistemi di alimentazione a gpl e metano per l'autotrazione; la crisi economica non frena l'industria del benessere e il colpo di freno dei consumi rilancia gli outlet con i loro investimenti.
«Quando consideriamo beni di fascia alta specialistica - interviene Alberto Quadrio Curzio, economista e preside della facoltà di scienze politiche dell'Università Cattolica di Milano – la qualità gioca un ruolo fondamentale per la nostra industria. I settori-salvagente però ci consentono di galleggiare e non di nuotare sulle lunghe distanze. Infatti le preoccupazione legate al rallentamento internazionale rimangono intatte: con il 22% di industria manifatturiera sul Pil non si può pensare di rimanere indenni». Senza contare che la recessione può creare danni permanenti all'industria. «Taluni settori – aggiunge Quadrio Curzio – subiranno effetti pesanti dalla crisi ma credo che sapranno ancora ristrutturarsi. Se riusciranno ad arrivare senza problemi eccessivi al secondo semestre del 2009 potranno dire di esserne usciti bene».
La produzione industriale ha però bisogno di sostegno finanziario per poter andare avanti. «Il problema più urgente da risolvere in questo momento – interviene Franco Masera, ad di Kpmg Advisory – è quello del ritardo dei pagamenti che sta determinando una forte tensione finanziaria nelle imprese fornitrici, specie nelle Pmi. E questo ha generato un maggiore ricorso al debito bancario. Non è pensabile che si vada avanti così per tutto il primo semestre senza creare danni strutturali».
Intanto tra i business di nicchia che reggono il calo della domanda internazionale emerge quello delle apparecchiature professionali per il catering (alberghi ed esercizi pubblici): l'Italia è leader mondiale con il 60% di export e l'anno scorso ha consolidato i risultati, in alcune aree anche a due cifre. «Il finale d'anno – sostiene Massimo Giussani, responsabile del comparto per l'associazione dei produttori, Ceced – è stato un po' rallentato. In Europa la domanda rimane debole ma tiene e sarà in crescita nel 2009 in Asia e Medio oriente. I primi mesi dell'anno coincidono con la bassa stagione, ma dalla primavera ci aspettiamo che gli investitori riaprano i rubinetti, anche perché nel mondo mancano un milione di camere d'albergo. Per il resto facciamo affidamento su business stabili come ospedali, scuole, comunità».
Nel comparto dell'elettronica, secondo l'Osservatorio congiunturale di Anie, Intesa Sanpaolo e Unioncamere, hanno chiuso un 2008 in positivo sia il comparto degli ascensori e scale mobili (+10%) sia quello dell'automazione (+6,6%). Sulle prospettive per l'anno in corso però c'è maggiore cautela.
Diverso lo scenario nella meccanica che pure mostra una buona tenuta: in novembre l'export extra Ue di macchine e prodotti in metallo è calato solo del 3,7%. Robotica e macchine utensili sfruttano il ricco portafoglio ordini acquisito fino all'autunno del 2008 che garantisce una copertura di 4-6 mesi. L'anno scorso intanto la produzione è cresciuta del 5% al livello record di 6,11 miliardi e l'export del 7% a 3,33 miliardi. Se non ci saranno mutamenti particolari, per il 2009 la domanda dovrebbe limarsi del 5-6% anche se continuerà a tirare la domanda dei settori che fanno capo alla produzione di energia pulita e di tecnologie ecologiche. Nonché le macchine per il movimento terra e quelle agricole.
I costruttori di macchine chiedono al governo incentivi e liberalizzazione degli ammortamenti per evitare che i beni strumentali, esauriti gli ordini in portafoglio, possano avvitarsi. «Le macchne utensili – dice Alberto Tacchella, titolare della omonima società piemontese (50-60% del fatturato nell'automotive) - hanno bisogno di stabilità per poter decidere gli investimenti e in questa fase di attesa si rischia di creare un buco di 6-8 mesi. Inoltre le banche dovrebbero agevolare le imprese investitrici organizzando i relativi piani finanziari. Quanto al governo, non so se sia meglio concedere incentivi alle imprese, anche a quelle meno colpite, e finanziare un debito pubblico più elevato piuttosto che sostenere il rifinanziamento della cassa integrazione».
e.scarci@ilsole24ore.com

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