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Newsletter del 23 Marzo 2009

Commercialisti, il rilancio del merito

Maria Carla De Cesari
TORINO - L'Albo unico dei dottori commercialisti e dei ragionieri si è materializzato nell'auditorium del Lingotto a Torino. Duemila professionisti che, al di là dell'Ordine di provenienza, ieri, alla I giornata del congresso di categoria hanno avuto buoni argomenti per fondare l'orgoglio collettivo e per coltivare il senso di appartenenza. Quando Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale, finisce di parlare, la sala lo abbraccia alzandosi in piedi. Con un discorso di oltre un'ora, Siciliotti trascina i suoi a pensare «ciò che noi possiamo fare per il Paese» e, intanto, scrive un'ideale agenda per il legislatore per accrescere il ruolo dei commercialisti «al servizio del Paese».
D'altra parte il congresso è stato considerato fin dall'insediamento del Consiglio nazionale, nel gennaio 2008, un passaggio strategico per cementare la categoria e comunicare all'esterno aspettative, ambizioni e competenze di 107mila professionisti. Un disegno cui Siciliotti ha lavorato per mesi. Torino, la città prescelta, ha valore simbolico: prima capitale d'Italia, rappresenta la continuità della tradizione e la vocazione al cambiamento. La collaborazione e il confronto tra le rappresentanze sociali sono alla base del segreto del "modello Torino", nel reagire alla crisi dell'industria dell'auto come nel realizzare le Olimpiadi invernali. Un metodo sottolineato da tutte le cariche istituzionali, dal presidente della Regione, Mercedes Bresso, e della provincia Antonio Saitta, al sindaco Sergio Chiamparino.
E Siciliotti – anche se afferma di non amare l'unanimismo – enfatizza il "gioco di squadra". Sul desiderio dei commercialisti di essere «protagonisti del cambiamento» ha fatto leva il presidente nel suo discorso. Ma il cambiamento della categoria è parte, anzi per Siciliotti deve essere un po' lievito, del cambiamento del Paese. Occorre cambiare – ha detto Siciliotti – per creare «una società aperta, fondata sul merito, sulla fiducia, sull'etica e sulla tolleranza». Siciliotti ha parlato di scelte a favore dei giovani, per evitare di consegnare loro un futuro ipotecato dagli egoismi degli adulti. Insomma, «è l'ora di rinunciare ai diritti acquisiti, per scegliere i diritti sostenibili».
Siciliotti candida la sua categoria alla riscrittura delle regole che devono governare i rapporti economici e finanziari. Un ruolo sottolineato dal direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio de Bortoli, che ha parlato dei professionisti come di autori di un nuovo contratto sociale «che ci lega, nella condivisione di identità e valori».
Sul piano delle regole la difesa del collegio sindacale, ha spiegato Sicliotti, è a favore di un sistema di controlli preventivo contro i dissesti: non ha funzionato la strada anglosassone che si limita a certificare i risultati. I principi contabili internazionali non possono essere il linguaggio per i bilanci delle piccole e medie imprese. Va affrontato il conflitto di interesse potenziale degli amministratori delle società quotate: per amministratori e sindaci gli incarichi devono diventare incumulabili.
L'efficienza della giustizia civile è un presupposto per la ripresa. «Non è pensabile – ha detto Siciliotti – che a Lagos in Nigeria si facciano, con il supporto di esperti italiani, più conciliazioni di quante se ne siano concluse in un anno in tutta Italia». Dunque, la strada suggerita da Siciliotti è la conciliazione obbigatoria prima del contenzioso: in caso di mancato accordo, il professionista dovrebbe poi essere consulente del giudice per evitare manovre dilatorie.
Siciliotti propone l'intervento dei commercialisti nelle procedure di divorzio, visto che la disputa su come ripartire il patrimonio e le risorse reddituali allunga i tempi per arrivare alla separazione.
Infine, la riforma delle professioni: una matassa che sembra senza né capo né coda, tanto da far dire all'ex sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti, di provare, per l'argomento, quasi un'allergia. Siciliotti propone di uscire dall'equivoco e di scegliere la riforma degli Ordini. Chi esercita un'attività che non prevede una formazione definita, l'esame di Stato, controlli deontologici sarà qualificato come lavoratore autonomo, non come professionista.

 
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