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Newsletter del 23 Marzo 2009

Pmi: crescita tappa obbligata


Nicoletta Picchio
ROMA - Protagoniste della trasformazione che la crisi imporrà al modello produttivo. Consapevoli che, prima di chiedere, bisogna "fare", guardando innanzitutto al proprio interno. È un «cambiamento culturale», quello che Giuseppe Morandini, presidente della Piccola industria di Confindustria, solleciterà alla sua base, nel convegno di Palermo, domani e sabato. «Le piccole imprese – dice – sono già le colonne portanti del tessuto produttivo, anello di congiunzione tra la società e l'economia. Il prossimo passo dovrà essere quello di diventare classe dirigente».
Una sfida che comporta scelte difficili. Morandini ne mette una in cima alla lista: «Superare la psicosi del 51%, con fusioni e aggregazioni». Un cambiamento che dovrà avere una «spinta fondamentale» dal sistema bancario.
Il titolo del convegno biennale della Piccola,"Oltre la crisi, Pmi classe dirigente" guarda al futuro. Non è una fuga in avanti?
No, assolutamente. Stiamo vivendo la crisi più difficile dal dopoguerra. È compito delle imprese e di una classe dirigente guardare oltre. Già si stanno affermando nuovi mercati, con bisogni e tecnologie diverse. E non possiamo lasciare solo in mano al mercato la definizione del nuovo sistema economico. Dobbiamo gestire il cambiamento al nostro interno, chiedendoci cosa possiamo fare per rendere più forte l'economia italiana.
Lei sollecita una diversa responsabilità. E cambiamenti. Quali le scelte più urgenti?
Aggregarsi, arrivare alla dimensione ottimale per essere competitivi. Superare la psicosi del 51%, specie in settori maturi del manifatturiero. Bisogna reggere l'urto dei mercati, dei tempi sempre più veloci, della necessità di innovazione, delle richieste dei clienti.
Finora ci sono stati scarsi risultati...
Ci sono esempi interessanti di razionalizzazione in alcuni settori, ma è vero: non c'è stata una spinta culturale forte. Si sta lavorando di più sulla messa in rete commerciale e produttiva. Bene, ma non basta. Sono convinto che questa crisi congiunturale farà accelerare il processo. Fusioni e aggregazioni possono portare ad economie di scala, facilitando la riduzione dei costi, il problema numero uno che abbiamo al nostro interno.
Le banche oggi possono favorire questo processo?
Gli istituti di credito hanno un ruolo fondamentale. Le aggregazioni potranno dare alle imprese quei parametri patrimoniali necessari per migliorare l'accesso al credito. C'è bisogno di una maggiore patrimonializzazione e di ristrutturare il debito, trasformando gli impegni da breve a medio termine.
È il caso di rivedere le regole, a partire da Basilea 2?
Lasciare il certo per l'incerto in questo momento di difficoltà è un rischio. Dobbiamo lavorare sulla strada intrapresa da Confindustria del dialogo con l'Abi. Puntiamo ad avere più trasparenza nella valutazione qualitativa del merito di credito prevista da Basilea 2. Ci sono difficoltà, ma stiamo lavorando.
Due terzi della popolazione ha fiducia nelle Pmi come protagoniste del rilancio dell'economia. Come lo spiega?
È il frutto del legame con il territorio che hanno le piccole aziende. Sono un anello di congiunzione tra economia e società, ciò giustifica una percezione positiva. Lo stesso ruolo dovrebbero tornare ad averlo le banche.
Finora è stata la grande azienda il punto di riferimento. Le piccole come possono conquistare ruolo e spazio?
Cambiando al proprio interno. E poi alzando lo sguardo, dedicando tempo ai problemi generali del Paese. È un aspetto che i piccoli hanno trascurato, per concentrarsi sul lavoro. In azienda serve un'organizzazione che consenta di dedicare una parte del tempo alla rappresentanza collettiva. Un cambiamento necessario, se si vuol diventare un interlocutore.
Oltre la crisi: accanto all'impegno delle piccole, c'è quello del Governo...
Alcuni interventi positivi ci sono stati, per esempio gli aiuti fiscali per le fusioni. Ma si è fatto ancora troppo poco per eliminare le grandi inefficienze di sistema. È questo, anche per la politica, il momento di guardare oltre e realizzare le riforme, per essere pronti a cogliere nel modo migliore la ripresa.

 
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