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Newsletter del 20 Aprile 2009



Anche a seguito dell'approvazione del pacchetto di misure anticrisi, il nostro sistema di ammortizzatori sociali mantiene un grave limite, che è anzitutto culturale: sostiene, per quanto può, le imprese in difficoltà, ma non premia quelle che meritano. Come invece, sarebbe necessario per reagire alla drammatica crisi che si è abbattuta sull'economia globale.

Con i provvedimenti appena adottati, il Governo ha stanziato oltre 8 miliardi di euro per estendere, per l'anno in corso, i trattamenti di cassa integrazione straordinaria e mobilità anche alle imprese che in precedenza non ne potevano usufruire. Così, a seguito di queste misure, anche le piccole e medie imprese in crisi che abbiano raggiunto un accordo con i sindacati e le Regioni, potranno usufruire degli ammortizzatori sociali in deroga e così porre a carico del bilancio dello Stato le retribuzioni dei dipendenti interessati dalle, speriamo provvisorie, riduzioni del personale.
Si tratta di provvedimenti importanti, che assicurano una boccata di ossigeno alle imprese in difficoltà nella speranza che la crisi, o se si vuole l'apnea, non duri troppo a lungo, ma che sono ispirati ad una logica puramente difensiva.

E infatti, con questi provvedimenti, lo Stato aiuta le imprese che decidono di procedere sulla via delle riduzioni di personale con il consenso dei sindacati, ma non si prende cura di migliorare la competitività di quelle che cercano di reagire alla crisi salvaguardando i livelli occupazionali. Eppure anche queste imprese, sulle quali graverà il compito di far ripartire il paese non appena la crisi attenuerà la sua morsa, sono state colpite dalle restrizioni del credito bancario e pagano un costo del lavoro tra i più alti d'Europa, a causa dei tanti contributi e delle troppe tasse. Tra le quali c'è, appunto, l'Irap. Ovvero una tassa particolarmente odiosa, per almeno due ragioni:
1) grava sul costo del lavoro e quindi la devono pagare le imprese che salvaguardano i livelli occupazionali ma non quelle che licenziano; 2) è indeducibile, e quindi deve essere pagata anche dalle imprese che chiudono l'anno con i bilanci in perdita.
Si arriva così al paradosso di un sistema che sostiene, attraverso gli aiuti di Stato, le imprese che decidono di ridurre il personale, mentre, a fine anno, costringe a pagare l'Irap, ovvero una tassa che si calcola anche sul costo del lavoro, proprio le imprese che, con grandi sacrifici, cercano di fronteggiare la crisi economica senza licenziare dipendenti.

Perciò, in questo momento di crisi economica, sarebbe auspicabile che la strategia anticrisi del Governo facesse un salto di qualità, anche sotto il profilo culturale, per cominciare a tutelare, oltre alle imprese che sono costrette a licenziare, anche quelle che hanno il coraggio di assumere. Magari cominciando a tagliare l'Irap alle piccole e medie imprese (con meno di 250 dipendenti e fino a 50 milioni di fatturato) che, nel corso dell'anno, sono riuscite a mantenere i livelli occupazionali, senza chiedere l'intervento dello Stato e degli ammortizzatori sociali in deroga, oppure consentendo a queste ultime di dedurre dalla base imponibile Irap almeno il costo del lavoro per l'anno 2009.

In questo modo, senza aggravare eccessivamente il bilancio dello Stato (limitando, cioè, lo sgravio alle sole piccole e medie imprese che non hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga e che chiudono l'anno con i bilanci in perdita), si introdurrebbe un incentivo di nuova generazione che produrrebbe due effetti positivi. Da un lato, potrebbe spingere alcuni imprenditori ancora indecisi ad evitare di ricorrere alla mobilità e alla cigs, così riducendo i costi per ammortizzatori sociali a carico del bilancio dello Stato, e dall'altro libererebbe, magari solo per quest'anno, da una tassa ingiusta quegli imprenditori che, pur chiudendo l'anno in perdita, cercano di superare la crisi economica senza fare ricorso a licenziamenti e aiuti di Stato.

Qualora questa misura dovesse essere ritenuta troppo costosa per il bilancio dello Stato, ci si potrebbe allora limitare a consentire la deducibilità dalla base imponibile Irap del costo del lavoro riferibile ai contratti di lavoro di collaborazione a progetto e a termine scaduti e rinnovati nel corso del 2009. Sarebbe comunque un importante segno di reazione alla crisi, perché nei momenti di difficoltà oltre a difendersi è necessario reagire, magari scommettendo sulle capacità di quei precari che fin qui hanno pagato il prezzo più alto alla crisi.
di Michele Martone, Luiss e Università di Teramo
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