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Newsletter del 19 Ottobre 2009

Tra le Pmi cresce il fronte antidumping

Rita Fatiguso
MILANO
Gabriella Meroni è delusa, ma non molla. «Non ci resta che l'antidumping», dice, lasciando per un attimo il timone della sua Omr di Concorezzo, media azienda che produce circuiti stampati montati su componenti elettronici.
Ogni giorno è una lotta, ne sono rimaste poche decine di aziende come la sua e anche l'Europa non sta meglio, si sono ridotte alla metà, per fatturato e addetti. Si fa sempre più fatica a tener testa alla concorrenza, specie asiatica.
Anche senza un'associazione che le rappresenti, le imprese che sfornano circuiti stampati ci stanno pensando, a un'azione antidumping. Hanno coraggio da vendere anche quando, tiene a sottolineare Gabriella Meroni, «dobbiamo purtroppo constatare che anche grandi fabbriche qui da noi si riforniscono solo di circuiti stampati cinesi».
Peccato che la strada per ottenere le misure e arginare la concorrenza sleale, cinese nel loro caso, sia irta di difficoltà, basta guardare la via Crucis dei calzaturieri partita quattro anni fa e non ancora finita.
Non bastasse la crisi, per molti settori dell'economia a rendere le cose più difficili ci si mettono anche i dazi in scadenza. Il Cepr (www.cepr.org) ha addirittura lanciato un servizio di Global trade alert, per monitorare i casi di unfair competition, concorrenza sleale, il Wto se ne occupa nella homepage, ma quando arriva la scadenza delle misure le cose si complicano per le aziende coinvolte.
Ne sa qualcosa l'Anci, l'associazione dei calzaturieri, di Vito Artioli, che ha già affilato le armi per ottenere un prolungamento dei dazi sull'export di scarpe da Cina e Vietnam in scadenza tra due mesi (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).
Stretto tra cinesi che esportano a prezzi stracciati e cinesi che si auto-organizzano: quattro mesi fa allo Sheraton di Roma è nata l'Associazione cinese calzaturiera in Italia, 300 commercianti di scarpe il cui presidente, Xian Jinguang, ha dichiarato di voler «favorire e sostenere il massimo sviluppo del settore tramite uno scambio di informazioni, un forte coordinamento che consenta di utilizzare nuove strategie di sviluppo per affrontare la crisi e aprire una nuova strada nel settore in Italia».
La spada di Damocle dei dazi in scadenza non pende solo sulla testa dei calzaturieri, che hanno appena chiamato a raccolta i parlamentari europei italiani in vista della scadenza.
«Noi li difenderemo tutti – puntualizza il vice ministro allo Sviluppo economico con delega al commercio estero Adolfo Urso – non siamo protezionisti, abbiamo chiesto noi di riaprire il Doha round nel 2010 e questo ci basta, però ci batteremo per il ripristino delle condizioni di pari opportunità tra le aziende rispetto ai nostri concorrenti. Ove le aziende ci fornissero le prove di pratiche sleali, ebbene, le denunceremo e certamente la Ue dovrà muoversi. L'antidumping per noi è un meccanismo tecnico regolamentare per ripristinare le condizioni di parità».
Il fuoco cova sotto la cenere di continue disillusioni anche se sul fronte Cina l'Italia è il paese europeo che più di ogni altro ha ottenuto misure antidumping nei confronti delle esportazioni cinesi. Un bottino fatto di dazi su fili e trefoli, ma anche viti, bulloni, candele, vergelle e tubi senza saldatura dalla Cina; tubi saldati cinesi ma anche bielorussi, thailandesi e ucraini, biodiesel dagli Usa. Più recenti le misure su fogli di alluminio e tubi di acciaio da Cina, Armenia e Brasile e su alcuni tipi di tubi senza saldature, di ferro o acciaio cinesi.
«Non ci lasceremo di certo scappare l'occasione per una riconferma delle misure che scadono l'anno prossimo», dicono dall'Anima, l'associazione che dà battaglia sui compressori dalla Cina, anche attraverso la sua struttura europea. In Europa i compressori sono appannaggio di piccole imprese quasi esclusivamente italiane, in rapporto ad altri settori è meno rilevante, però siamo in piena area made in Italy.
Scadono a maggio 2010 gli antibiotici "a largo spettro" provenienti dall'India, produzioni chimiche molto diffuse, in Italia sono coinvolti due grandi impianti produttivi da difendere. La tendenza delle strutture europee, anche in questo caso, è uno stato di allerta.
Abbottonatissima Federacciai, ma l'Associazione europea Eurofer fa sapere di essere intenzionata a muoversi in almeno 3-4 casi. Anche i produttori di viti e bulloni – i cosiddetti fastener – sono in difficoltà rispetto ai prodotti indiani e malesi.
Dal canto suo Gianni Brovia, esperto di Sistema moda Italia conferma che «il settore tessile non dovrebbe essere più coinvolto». La ragione principale è che negli ultimi anni non sono calate solo le azioni antidumping avanzate dal settore, ma anche la consistenza del tessile europeo e senza il 25% della produzione totale comunitaria non si può avanzare nessuna pretesa. Le misure in atto fino al 2005 sono destinate a rimanere un lontano ricordo.
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I NUMERI



20
Le misure
Le azioni avviate negli ultimi 5 anni su prodotti chimici
16
Le azioni
Le misure relative a prodotti siderurgici (12 nel 2007-2008)
21%
La quota
Le aziende italiane, rispetto a quelle comunitarie, le cui produzioni sono sottoposte a dazio
34
Le misure
Le azioni adottate dalla Ue nei confronti della Cina
21
Miliardi di euro
Le vendite di prodotti nostrani legati all'antidumping

 
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