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Newsletter del 21 Dicembre 2009

I brevetti arrivano in tandem

Franco Vergnano
MILANO
Dalla ricerca modello «Un professore tra le nuvole» con un'improvvisata bancarella «vu cumprà» per piazzare i risultati brevettati a quella mirata, di medio termine e finalizzata a migliorare le peculiarità di un determinato prodotto o servizio da commercializzare con un vantaggio competitivo.
È il passaggio che teorizza, e attua nei fatti, il rettore del Politecnico di Milano Giulio Ballio. Insomma, industria e università devono – e possono – lavorare insieme. Magari anche con un bel protocollo firmato tra atenei e aziende di piccola e media dimensione che stabilisca in anticipo il cosiddetto "licensing", cioè le modalità con le quali gestire i brevetti frutto della ricerca imprese-accademia. Quest'ultimo è sempre stato un dialogo molto difficile, come hanno più volte denunciato gli imprenditori sul Sole 24 Ore.
«In effetti per parecchio tempo l'interrelazione è stata critica – ammette Ballio –. Si è fatta ricerca alla vecchia maniera. I professori cercavano qualche cosa che li interessasse e poi si mettevano a studiarlo, sperando di arrivare a risultati in grado di dare un contributo alla collettività. Quando, magari molto tempo dopo, ottenevano i primi risultati, cercavano di venderli a qualcuno che fosse interessato».
Ma adesso la situazione è radicalmente cambiata. Gli accademici hanno superato il loro complesso da "turris eburnea" e compreso meglio le esigenze dell'industria che, anche in seguito alla globalizzazione e alla maggior competitività, necessitano di avere cose «cotte e mangiate», come si dice in gergo: «Certo, l'asse dei tempi e il "time to market" – ammette Ballio – sono oggi aspetti fondamentali. Ed è appunto per questo che servono "due cuochi". Da noi, a Milano, funziona in sostanza così. Le aziende individuano gli scenari di riferimento del medio periodo e poi si avvicinano al politecnico che mette a disposizione delle società le proprie competenze. In tal modo si procede molto più rapidamente. E anche con una maggior motivazione da parte dei ricercatori perché c'è una chiara finalizzazione dei loro esperimenti. Insieme si individuano obiettivi, molto pragmatici, a 5-6 anni, e così si comincia a lavorare su temi condivisi e con precisi "milestone". In tal modo aumentano anche le probabilità di scoprire qualche cosa nell'ambito del terreno individuato di comune accordo. Intendo dire, ad esempio, un brevetto che abbia un valore industriale per chi ha commissionato il progetto».
A volte, specie nelle università meno avanzate e intellettualmente aperte, c'è ancora qualcuno che snobba le richieste dell'industria considerandole un po' come «soldi del diavolo» ma fortunatamente, sull'esempio americano, si sta facendo strada un approccio più moderno e attuale. Anche perché i professori interessati, in questo come in altri campi, hanno saputo dimostrare nei fatti la loro indipendenza. Ma non basta. Racconta Ballio: «Ci sono almeno un altro paio di novità. La prima è che stiamo mettendo assieme dei consorzi di ricerca con aziende dell'avionica di diverse provenienze. Con il distretto varesino dell'industria aeronautica studiamo gli elicotteri della prossima generazione. Un progetto più a lungo termine perché nel settore, una volta messo a punto il prototipo, ci vogliono un paio d'anni per ottenere le autorizzazioni al volo. Presto firmeremo anche un programma sui trasporti con aziende di servizio e produttori manifatturieri. Infine, con le Pmi abbiamo messo a punto un protocollo "brevettiamo insieme" che stabilisce "ex ante" i termini della proprietà intellettuale di eventuali scoperte, guadagnando due anni di tempo».
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L'APPUNTAMENTO

«Cresce chi innova» è il tema della settima giornata della ricerca che si terrà a Roma venerdì 6 novembre con la partecipazione del presidente Giorgio Napolitano.

 
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