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Newsletter del 21 Dicembre 2009

Le Pmi in rivolta contro il fisco

Matteo Prioschi
MILANO
Ma come, per mesi si sono dati da fare per rendere evidenti le loro difficoltà, per sottolineare che il lavoro manca e di conseguenza anche i soldi e ora l'Agenzia delle Entrate comunica l'avvio di una campagna di controlli per individuare i contribuenti che nel 2009 non hanno versato in tutto o in parte le imposte dovute. Una decisione che suona come una beffa per gli aderenti a "Imprese che resistono", il movimento spontaneo di piccoli imprenditori nato in primavera e che venerdì e sabato vivrà una sorta di prima convention nazionale a Milano.
L'annuncio dell'Agenzia delle Entrate ha ravvivato la discussione sul blog di Imprese che resistono e promette di essere uno dei temi caldi della due giorni in programma nel capoluogo lombardo. Trentasei ore di dibattito in cui si discuterà di Iva per cassa, riduzione dei tempi di pagamento, calo della pressione fiscale, moratoria, accesso al credito e altro ancora. «Mi sembra un'azione piuttosto forte quella dell'Agenzia – commenta Luca Peotta, portavoce di Imprese che resistono – e, fatto salvo che ci sono i soliti furbi, si dovrebbe tener conto che in molti casi gli imprenditori hanno preferito pagare gli stipendi ai dipendenti piuttosto che rispettare le scadenze delle tasse, pur consapevoli che sarebbero stati sanzionati. Nel valutare le situazioni ci vuole un po' di buon senso, a meno che non si vogliano fermare definitivamente le piccole e medie imprese».
All'Imprese che resistono-day è prevista la partecipazione di circa 150 imprenditori provenienti da diverse regioni d'Italia, in particolare da quelle in cui sono presenti le delegazioni (Piemonte, Lombardia, Campania, Lazio, Emilia Romagna, Toscana e Sicilia), ma potrebbero anche esserci delle adesioni dell'ultima ora, come quella dei "contadini del tessile" di Busto Arsizio (Varese), protagonisti qualche mese fa di una protesta e di un incontro "autoconvocato" per sollecitare interventi a tutela del Made in Italy. Ci saranno anche delle delegazioni, in rappresentanza di un numero maggiore di aderenti, perché, come sottolinea più d'uno, si deve anche continuare a lavorare e soprattutto in un periodo come questo non si può lasciare il timone dell'azienda. Ma nel blog non mancano commenti sferzanti nei confronti di chi si lamenta ma poi non si impegna in prima persona.
Un impegno che i promotori di Imprese che resistono, almeno i primi a muoversi piemontesi e lombardi, portano avanti dalla primavera e che nei mesi scorsi si è manifestato pubblicamente con alcuni eventi: la marcia silenziosa del 29 giugno a Torino e quella del 21 luglio a Roma.
E poi incontri con politici e istituzioni locali e apparazioni in trasmissioni televisive. Un'attività che almeno in Piemonte sembra ora pronta a raccogliere i primi frutti dato che la Regione si sta muovendto su alcuni dei temi cari agli imprenditori: moratoria sui finanziamenti, prestito agevolato in 5 anni per liquidità e capitalizzazione, finanziamento agevolato per investimenti, voucher per l'internazionalizzazione. «Finora – afferma Peotta – abbiamo avuto un via libera di massima, ma l'incontro in programma il 15 dicembre sarà fondamentale».
Nel frattempo, però, si sta pensando a come replicare in altre regioni quanto fatto in Piemonte e dalla Liguria alcuni imprenditori si sono fatti avanti chiedendo informazioni. «Stiamo cercando di farci ascoltare dai vertici della società, dalla classe dirigenziale – sottolinea Peotta –. Ribadiamo il nostro spirito apartitico anche se stiamo svolgendo un ruolo nella vita politica, una voce terza che vuole rendersi utile alla collettività».
L'appuntamento milanese, ne sono consapevoli gli stessi protagonisti, sarà fondamentale per misurare le effettive dimensioni del movimento e la sua forza. Probabilmente un punto di non ritorno, in positivo o in negativo. Nei mesi Imprese che restistono è cresciuta e ora comincia a riflettere al suo interno anche sul tema della rappresentatività e della partecipazione, due aspetti che molti degli aderenti al movimento spontaneo criticano alle associazioni di categoria "storiche" a cui in molti casi sono però ancora iscritti.
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