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Newsletter del 31 Maggio 2010

Le Pmi al bivio tra Borsa e crescita

Ci vogliono più Pmi in Borsa. O meglio per le migliaia di piccole e medie imprese italiane la quotazione, dopo due anni di congelamento, può tornare a essere un modo di finanziarsi. Ma il nodo, al centro del convegno su Pmi e Borsa, organizzato dalla società di consulenza Kon e Integrae in collaborazione del Gruppo 24 Ore, è il post-quotazione perché molte Pmi, una volta sbarcate in Borsa, spesso galleggiano nel disinteresse del mercato. Perché si scambiano pochi titoli, perché sono andati in Borsa solo per far ricco l'imprenditore senza un reale disegno strategico.
In un capitalismo povero di fondi, con imprese storicamente sottocapitalizzate, la Borsa, nonostante le turbolenze in corso, resta uno strumento prezioso di finanziamento. Non è un mistero, d'altronde, che Palazzo Mezzanotte da molti anni caldeggi il piano per stimolare le migliaia di Pmi italiane a sbarcare in Borsa. Ma è la stessa Borsa che frena i facili entusiasmi di una indistinta corsa alla quotazione: «La società che fattura 100 milioni e va in Borsa per raccoglierne 5 e poi rimane ferma, è meglio che rinunci» tuona Luca Peyrano, responsabile del mercato prima di Lse-Borsa Italiana, incalzato da Gabriele Cappellini, a.d. del neonato Fondo italiano di investimento: in Borsa devono andare solo i talenti.
Prima, però, c'è da vincere la storica riluttanza dei piccoli imprenditori ad aprire l'azienda al mercato, osserva Fabrizio Bencini di Kon, che è figlia dello "splendido isolamento" di cui molte Pmi godono. Perché aprirsi al mercato, con tutti gli oneri che comporta (specie per aziende piccolissime che fatturano meno di 50mila euro) quando possono finanziarsi da soli? Ma ora lo scenario sta cambiando e, ammonisce Cappellini, «il mercato diventa sempre più necessità, anche solo per sopravvivere». L'accesso, però, sia selettivo è il giudizio di Federica Guidi. La presidente dei Giovani Industriali ritiene che la Borsa abbia «bisogno innanzitutto di diventare realmente accessibile», ma soprattutto che «non sia la stampella per tenere in piedi chi non merita».
Prima ancora di obiezioni "deontologiche", però, ci sono spesso ostacoli di natura pratica per le aspiranti matricole. I costi di listing, che si pagano alla Borsa, e quelli legali, entrambi spesso fissi, sono un onere una tantum salato per chi ha piccole dimensioni. «Non c'è dimostrazione scientifica che la Borsa costi di più di altre forme di finanziamento» ribatte Peyrano. Per l'avvocato Antonio Pedersoli, «più che costi andrebbero visti come investimenti» in governance e trasparenza. Una nuova ondata di Pmi in Borsa è in arrivo? Per la Guidi «lo scenario è meno ottimistico» di quello che sembra, ma soprattutto c'è un ostacolo a monte: gli imprenditori, osserva Pedersoli, hanno in mente prezzi per le proprie aziende esagerati, figli della bolla del passato. «Le aspettative sono troppo elevate, gli imprenditori non hanno ancora scontato la crisi» e questo più di tutti è il freno maggiore.
S. Fi.
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