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Newsletter del 19 Luglio 2010

Sfida green per il made in Italy
di Ermete Realacci

La green economy è per l'Italia, più ancora che per altri paesi, una chiave straordinaria per affrontare le sfide che abbiamo davanti, mobilitando le migliori energie.
Di fronte a una crisi lunga e difficile tutti sappiamo che non basta interrogare gli aruspici per conoscere il futuro. Soprattutto se interpelliamo gli stessi che nel passato recente si sono rivelati incapaci di prevedere la crisi o l'hanno, addirittura, in parte provocata. Dobbiamo difenderci dagli effetti della crisi garantendo la tenuta dei conti pubblici e impedendo che qualcuno rimanga indietro. E questo comporta una grande attenzione alle aree deboli, ai disoccupati, al credito alle piccole e medie imprese, alle famiglie a reddito più basso. La coesione sociale, nella crisi, non è qualcosa che viene dopo ma una componente essenziale della risposta: una società strappata fa molta più fatica a rimettersi in cammino. Ma qual è la direzione? C'è il rischio che molti pensino, magari senza confessarlo, che sia ancora praticabile la filosofia del l'«adda passà 'a nuttata» proposta da Eduardo in Napoli Milionaria. Non è così. Anzi.
La crisi va colta come una grande occasione di cambiamento, un'opportunità per affrontare le questioni aperte da tempo. È questo il senso della green economy, intesa non solo come insieme delle attività direttamente connesse alle questioni ambientali, a cominciare da quella dei mutamenti climatici e dagli impegni assunti dall'Italia in sede mondiale ed europea. Già non sarebbe poco. Basti pensare all'enorme sviluppo che, finalmente, stanno avendo nel nostro paese le fonti rinnovabili. O allo straordinario successo in corso del credito d'imposta del 55% per privati che intervengono sulla propria abitazione con misure di efficienza energetica e di ricorso alle fonti rinnovabili, riducendo di molto la propria bolletta. Solo questa misura ha prodotto investimenti per quasi 12 miliardi di euro, è stata utilizzata da circa 600mila famiglie, ha messo al lavoro e qualificato migliaia di imprese nell'edilizia e nell'indotto, soprattutto piccole e medie con decine di migliaia di occupati coinvolti. Dovrebbero bastare questi numeri per scoraggiare qualsiasi tentativo di interrompere il cammino. Purtroppo i segnali che arrivano non sono molto promettenti (si veda articolo a pagina 19).
Ma la green economy in Italia è molto di più. Si incrocia con la soft economy, con la scommessa della qualità, con l'innovazione, la ricerca, la capacità di produrre «all'ombra dei campanili cose che piacciono al mondo», come diceva Carlo Maria Cipolla. Dall'indagine condotta da Symbola e Unioncamere (che verrà presentata il 16 e 17 luglio a Monterubbiano) risulta che il 30% delle piccole e medie imprese italiane nella crisi punta anche su scelte connesse alla green economy, con una percentuale che sale nelle imprese che esportano (33,6%), che sono cresciute economicamente anche nel 2009 (41,2%), che hanno elevato la qualità dei loro prodotti (44,3%). E spesso sono azioni che si incrociano con una spinta per l'innovazione e per la valorizzazione delle qualità delle risorse umane. Si può valutare che tra nuovi occupati e riqualificazione di attività esistenti siano in gioco almeno un milione di posti di lavoro. Ma non bastano i numeri a rendere le potenzialità di una prospettiva. Come ha lucidamente detto Giampaolo Fabris, sotto la luce della crisi cambiano di segno e di ruolo molti comportamenti, emerge una figura capace di condizionare in maniera molto maggiore il mercato, il "consumattore". In grado di scegliere con maggiore indipendenza e responsabilità. Prendono maggiore forza scelte che, se non sono in grado di essere generalizzate, servono però a indicare concretamente una prospettiva che è percepita da molti come positiva: pensiamo ai prodotti biologici, al commercio equo e solidale, ai prodotti a filiera corta, a forme di consumo responsabile e personalizzato. È l'Italia oggi in grado di percorrere questa strada?
Conosciamo tutti i limiti del nostro paese. Una burocrazia tanto estesa quanto spesso inefficiente, le fratture tra aree del paese e le diseguaglianze nella società, l'illegalità diffusa e il peso della criminalità organizzata, gli scarsi investimenti nella ricerca e il deficit di infrastrutture. Se però riusciamo a guardarlo con occhio attento, con curiosità, con simpatia, con affetto vediamo enormi energie da mobilitare. Oggi la politica, le istituzioni, ma anche i soggetti intermedi e le forze dell'economia e della società non sembrano in grado di produrre una visione comune. Mi piace pensare che si potrebbe partire dalla suggestione che ci è offerta dallo straordinario successo del padiglione italiano all'Expo di Shanghai, il più visitato dopo quello cinese. Qui si prova a riassumere e rappresentare l'insieme delle caratteristiche e delle qualità italiane. Dall'hi-tech del cemento che lascia trasparire la luce alla cupola di Santa Maria del Fiore, dal Made in Italy tradizionale alla qualità agroalimentare, dal paesaggio alle tante imprese italiane che sono presenti nel mondo. E c'è sempre un artigiano (della calzatura, del restauro, della liuteria) che produce con le proprie mani bellezza e senso. Insomma una foto di gruppo dell'Italia di qualità. Un'intuizione simile a quella da cui si è sviluppata Symbola. Ed è veramente triste che ancora oggi il progetto dell'Expo di Milano sia impantanato tra beghe politiche e lottizzazioni, con un peso abnorme dato alle attività immobiliari rispetto alla visione e alle idee: l'Expo 2015 potrebbe essere un catalizzatore importante. Napoleone diceva di vincere le battaglie grazie anche ai sogni che i suoi soldati facevano di notte. Anche l'Italia ha un grande bisogno di una visione comune, di un sogno. Quello di un paese che affronta insieme un presente difficile e le sfide del futuro senza perdere la propria identità, la propria anima. Facendo anzi di questo un proprio punto di forza. La green economy può essere parte importante di questa visione, di questa avventura.
Ermete Realacci è presidente di Symbola, Fondazione per le qualità italiane
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