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Newsletter del 14 Dicembre 2010

La ripresa passa dall'estero
di Rossella Bocciarelli


ROMA
«La sfida dei mercati internazionali richiede modelli organizzativi diversi, per le piccole e medie imprese». Ecco perché bisogna dare vita a «reti di imprese», necessarie a «far massa critica e consolidare il posizionamento competitivo sui mercati esteri».
È una delle ricette proposte alle aziende di piccola e media dimensione desiderose di tentare la sfida dei nuovi mercati nel settimo Rapporto UniCredit Piccole imprese, basato su più di seimila interviste a imprenditori-clienti del gruppo e presentato ieri a Roma a Palazzo della Cancelleria dal direttore generale della banca di Piazza Cordusio, Roberto Nicastro.
Purtroppo, si osserva nell'indagine «la partecipazione a reti di impresa appare ancora limitata: il 20,5% delle imprese internazionalizzate intervistate dichiara di appartenere ad un distretto e il 16,7% a una filiera globale. Appena l'8,5% dichiara di appartenere a entrambe queste forme di rete». Quindi, si tratta di lavorare sempre di più in questa direzione, coinvolgendo tra l'altro i Confidi (il cui ruolo è stato «fondamentale durante la fase più acuta della crisi») e le associazioni di categoria (ritenute «strategiche» non solo nell'ambito della consulenza e della formazione ma anche nei processi di internazionalizzazione).
Il rapporto sottolinea, inoltre, il ruolo centrale del sistema bancario che, durante la recessione, come ha sostenuto anche Nicastro, «ha retto meglio degli altri paesi dando supporto all'economia reale e non alla finanza di carta». Quanto alle sfide di oggi, l'industria bancaria deve continuare da un lato «ad assecondare la vocazione internazionale» delle imprese, senza dimenticare dall'altro lato «il supporto locale». Il tutto per permettere alle Pmi di raggiungere l'obiettivo più importante: vincere la sfida dei mercati mondiali, distinguendosi per una produzione «unica», quel made in Italy che, per creatività, design, artigianalità industriale, non ha concorrenti.
Se dall'analisi di struttura e dalle ricette di policy si passa al quadro congiunturale nel quale operano le piccole imprese, si nota che il motore della ripresa ha dato segni di rallentamento nel secondo semestre 2010, fenomeno segnalato sia dall'indicatore congiunturale coincidente di UniCredit, sia dalla fiducia delle imprese rilevata dall'Isae. «L'indice di fiducia è in calo anche per le prospettive future e questo è un segnale negativo – ha ammesso Ivan Lo Bello, presidente di Confidustria Sicilia nel commentare il rapporto – però c'è un campione di piccole imprese internazionalizzato su cui puntare».
La via del modello di crescita economica trainato dalla esportazioni è in una certa misura una strada obbligata: «A medio termine crescerà poco la domanda interna, peserà molto il debito pubblico e quindi la vera scommessa per il paese è far internazionalizzare quante più imprese è possibile», ha aggiunto Lo Bello, che fino al mese scorso è stato anche alla presidenza del Banco di Sicilia, poi fuso nella controllante UniCredit nell'ambito del riassetto organizzativo del gruppo.
«Rimangono alcuni problemi – ha aggiunto l'imprenditore siciliano – come la dimensione delle aziende e le strategie organizzative. Però abbiamo asset importanti, tra i quali ci sono le banche italiane con le loro reti estere. Avere banche che stanno all'estero è un vantaggio competitivo per le piccole imprese in mercati che non conoscono».
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