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Newsletter del 21 Febbraio 2011

I bilanci delle Pmi al banco di prova dei revisori legali

PAGINA A CURA DI
Franco Roscini Vitali
Pmi con i conti a posto per evitare sorprese. E non bisogna storcere il naso se il revisore chiederà un supplemento di documentazione, perché dopo il suo vaglio entrerà in gioco un soggetto terzo, tenuto al cosiddetto controllo di qualità. Un controllo, introdotto dal Dlgs 39/2010, che cambia il rapporto tra revisori legali e piccole e medie imprese. Per la piena operatività delle nuove norme, tuttavia, bisogna attendere la fine di un lungo percorso di attuazione che prevede l'emanazione di una serie di regolamenti del ministero dell'Economia. Se prima l'atmosfera nelle Pmi era, in molti casi, piuttosto informale, dopo il recepimento della direttiva comunitaria 43/2006 diventa più formale. E ciò vale anche per l'esercizio 2010, perché il decreto legislativo è in vigore dal 7 aprile dello scorso anno. Questo anche per effetto del controllo della qualità, al quale i revisori saranno soggetti almeno ogni sei anni (ogni tre se svolgono la revisione legale su enti di interesse pubblico).
Il processo
La revisione è un "processo" le cui fasi devono essere seguite e documentate dal revisore in modo tale da consentire a un revisore esperto, che non abbia alcuna cognizione dell'incarico, di ripercorrerle per comprendere le motivazioni che hanno portato alle conclusioni raggiunte e illustrate nella relazione di revisione: questo, anche ai fini del successivo controllo di qualità sull'attività di revisione, che deve consentire al controllore la verifica a distanza di tempo.
Il controllo della qualità si basa sulla verifica dei documenti di revisione selezionati, ovvero degli elementi probativi costituiti dalle informazioni utilizzate dal revisore per giungere alle conclusioni su cui egli basa il proprio giudizio. Gli elementi probativi comprendono sia le informazioni contenute nelle registrazioni contabili sottostanti il bilancio, sia quelle di altro genere.
Prima dell'emanazione del decreto, il rapporto era tra società revisionate e revisori, mentre ora interviene un terzo soggetto che dovrà effettuare il controllo della qualità sull'attività svolta dai revisori. E un cambiamento rilevante, che deve essere illustrato alle imprese soggette alla revisione.
Molti professionisti che svolgono la revisione sono preoccupati perché temono l'obiezione: «il collegio sindacale non si fida più degli amministratori». I professionisti, pertanto, devono spiegare agli amministratori che le maggiori richieste di documentazione, di carattere più formale rispetto al passato, sono l'effetto (anche) del successivo controllo al quale i revisori saranno soggetti. Si tratta, quindi, di far comprendere agli amministratori delle piccole e medie società che la richiesta di ulteriore documentazione, nonché la formalizzazione dei colloqui con gli stessi, non è conseguenza di «un'intervenuta mancanza di fiducia» nei loro confronti.
I principi
Per fare un esempio ricorrente, se prima il revisore si accontentava della dichiarazione degli amministratori dell'esistenza o meno di contenziosi o di ulteriori perdite, ad esempio su contratti derivati, a fronte delle quali appostare accantonamenti, ora il revisore deve chiedere un'attestazione scritta che costituisce un elemento probativo. Documentazione richiesta dai principi di revisione, la cui applicazione è un obbligo stabilito dal decreto legislativo 39/2010. Prima dell'emanazione del provvedimento, l'applicazione non era espressamente stabilita dalla legge, ma ora è l'articolo 11 del decreto a prevederla. Si tratta dei principi di revisione internazionali (Isa, International standards on auditing) recepiti dalla Commissione europea in base alla direttiva 43/2006: fino alla completa adozione di tali principi, la revisione è svolta secondo i "parametri" di revisione nazionale.
L'attuazione
In via generale, e con le dovute eccezioni, i principi di revisione fino a ora sono stati applicati in modo completo dalle società di revisione, mentre i professionisti che si occupavano della revisione delle piccole e medie imprese non sempre li hanno applicati, almeno a 360 gradi. Questo, anche perché il professionista riteneva, in molti casi a ragion veduta, di avere una buona conoscenza dell'impresa e degli amministratori e di potersi fidare della loro correttezza. Approccio questo, sia ben chiaro, che trova conforto anche nel principio di revisione 315, relativo alla comprensione dell'impresa e alla valutazione dei rischi, dove è precisato che per valutare la struttura del controllo interno, e verificare se sia in essere, il revisore deve comprendere come la direzione abbia creato e mantenuto una cultura di onestà e di comportamento etico e abbia comunicato valori etici e di integrità. L'appendice 2 ribadisce che l'ambiente di controllo comprende anche la comunicazione e vigilanza su valori etici e integrità, in quanto l'efficacia dei controlli non può sostituirsi all'integrità e ai valori etici di coloro che definiscono, gestiscono e monitorano i controlli stessi.
Tra gli internazionali, l'Isa 240 indica tra i fattori di rischio anche un basso livello morale tra i vertici della direzione e le liti tra i soci di un'impresa ad azionariato ristretto, mentre l'Isq 1 invita il revisore a considerare l'integrità del cliente e a verificare di non disporre di informazioni che possano indurlo a concludere che il cliente manchi di integrità.
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I cardini della disciplina
LE DISPOSIZIONI
I principi di riferimento della nuova revisione legale in vigore dal 7 aprile 2010
Con il Dlgs 39/2010, entrato in vigore il 7 aprile 2010, debutta la «revisione legale». Il decreto modifica alcuni articoli del codice civile che fanno riferimento alla revisione, ne abroga altri e, pertanto, costituisce l'insieme delle disposizioni in materia di revisione legale dei conti annuali e consolidati. Medesimo discorso per quanto riguarda il Dlgs 127/1991 (bilancio consolidato), il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Dlgs 385/1993), il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Dlgs 58/1998), nonché il codice delle assicurazioni private (Dlgs 209/2005). Sono molti anche i regolamenti che dovranno essere emanati, in particolare dal Ministero dell'economia e delle finanze.

IL REGISTRO
La revisione legale può essere esercitata solo dai soggetti iscritti nel registro unico. La disposizione transitoria la consente a chi è già iscritto nel registro dei revisori contabili e alle società iscritte nell'albo. A riforma attuata, il registro sarà tenuto dal ministero dell'Economia che può avvalersi di enti pubblici e privati. Possono iscriversi le persone fisiche in possesso di laurea triennale tra quelle individuate con regolamento dal Mef, in possesso dei requisiti di onorabilità, che hanno svolto il tirocinio triennale e hanno superato l'esame di idoneità professionale. Per le società i requisiti di onorabilità riguardano amministratori o consiglieri di gestione, la cui maggioranza deve essere costituita da soggetti abilitati alla revisione in uno Stato Ue.

I PRINCIPI DI RIFERIMENTO
La revisione legale è svolta in base ai principi internazionali adottati dalla Commissione Ue. Sino all'adozione di tali principi, la revisione è svolta in base ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordini professionali e dalla Consob. Il Mef sottoscrive una convenzione con ordini e associazioni professionali per definire le modalità di elaborazione dei principi. La revisione è svolta in base ai principi nazionali esistenti, elaborati dalla professione contabile. L'applicazione dei principi (internazionali e, in attesa dell'adozione di questi, nazionali) è un obbligo stabilito dalla legge, che non può essere derogato. Tra gli obblighi c'è l'acquisizione degli elementi probativi, costituiti dalle informazioni utilizzate per giungere al giudizio.

IL CONTROLLO
I revisori sono soggetti a controllo di qualità almeno ogni sei anni e ogni tre se svolgono la revisione legale su enti di interesse pubblico. Il controllo della qualità si basa sulla verifica dei documenti di revisione selezionati. La revisione legale è un processo, le cui fasi devono essere seguite e documentate dal revisore per consentire al controllore di ripercorrerle al fine di comprendere le motivazioni che hanno portato il revisore stesso alle conclusioni raggiunte e illustrate nella relazione di revisione. Pertanto, assume fondamentale importanza la documentazione, costituita dalle carte di lavoro, che il revisore deve conservare per dieci anni dalla data della relazione
di revisione.

LE SANZIONI
Gli incaricati del controllo redigono una relazione con le eventuali raccomandazioni al revisore su specifici interventi e l'indicazione del termine. Se questi non sono posti in essere, il Mef e la Consob (per gli enti di interesse pubblico) possono applicare le sanzioni (amministrative, sospensione dal registro per un periodo non superiore a 5 anni, revoca di uno o più incarichi di revisione, divieto di accettarne di nuovi per un periodo non superiore a tre anni e cancellazione dal registro). Il Mef, sentita la Consob, detta con proprio provvedimento le disposizioni di attuazione, definendo, in particolare, i criteri per lo svolgimento del controllo di qualità, mentre la Consob (con regolamento) se ne occupa per i revisori degli enti di diritto pubblico.

 
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