La giurisprudenza è intervenuta ripetutamente sul tema dell'incompatibilità del sindaco consulente. In genere, ha ritenuto irregolare la situazione del sindaco di una società che ha gestito anche gli aspetti contabili o gestionali della stessa. Di fatto, sarebbe un controllo su un'attività almeno in parte realizzata dallo stesso controllore. In tal senso si sono espressi il tribunale di Lecce (sentenza 4 febbraio 1985), Milano (sentenza 28 maggio 1990), Udine (sentenza 22 febbraio 1994), Treviso (sentenza 18 maggio 1998) e Trento (sentenza del 30 maggio 2003).
La tenuta dei bilanci
La Cassazione (sentenza 19235/2008) ha giudicato incompatibile l'incarico di sindaco in una società per la quale, il professionista, teneva anche la contabilità. In particolare, a uno dei membri del collegio sindacale era stata affidata non una semplice attività di consulenza saltuaria od occasionale, ma la tenuta dei libri contabili, l'assistenza fiscale, l'espletamento di tutte le incombenze, adempimenti e versamenti di natura fiscale e previdenziale.
Il tribunale di Milano con sentenza del 19 gennaio 2000, richiamando una recedente pronuncia della Corte d'appello di Bologna (9 marzo 1995), ha affermato che non può essere nominato membro del collegio sindacale un soggetto che esercita «attività continuativa di consulenza e assistenza a favore della società, tale dovendosi intendere anche un'attività professionale in materia contabile, tributaria e contrattuale che, pur non avendo assunto carattere di rapporto a tempo indeterminato, si sia protratta per svariati anni dell'attività della società ed abbia riguardato in modo penetrante non già singole questioni o affari della medesima, bensì propriamente la redazione del bilancio, degli allegati esplicativi e delle relazioni degli amministratori».
Lo studio
Altra questione riguarda la possibilità di ricoprire la carica di sindaco quando si è membri di uno studio associato che curi la contabilità della medesima società o effettui consulenza. Il tribunale di Vicenza (17 giugno 2005) ha confermato che non sussistono problemi se l'attività di consulenza fornita alla società dallo studio associato comporta la percezione da parte di quest'ultimo di somme di poca rilevanza in confronto al proprio fatturato globale. In tal caso il giudice ha focalizzato quindi l'attenzione sull'aspetto economico visto che se l'attività posta in essere dai soggetti quali membri dello studio non risulta di particolare importanza in termini di introiti, quella esperita come membro del collegio sindacale non sarà (presumibilmente) influenzata e quindi non sussisterebbe incompatibilità.
Il tribunale di Milano (sentenza n. 12753/2006) ha respinto la domanda formulata dai soci di minoranza . Questi ritenevano incompatibile il presidente del collegio sindacale anche consulente della società. Il sindaco, in particolare, aveva sottolineato che le prestazioni in favore della società in questione non erano eseguite da lui direttamente, bensì da un suo collega di studio, il quale tra l'altro emetteva fattura direttamente alla società stessa.
Il tribunale ha preso atto che il sindaco in assemblea aveva dichiarato che le somme in questione erano «di gran lunga inferiori al limite che il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha indicato come soglia delle incompatibilità» ritenuta rilevante.
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