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Newsletter del 24 Ottobre 2011

Energia alle imprese, il rincaro arriva di notte
di Chiara Bussi

Notturno più salato per la bolletta elettrica delle Pmi. Lo dimostrano le quotazioni sul mercato libero dell'energia rilevate dalla Camera di commercio di Milano con il supporto scientifico di ref.
Secondo l'ultima istantanea scattata a luglio, i prezzi dell'energia elettrica dalle 23 alle 6 del mattino hanno registrato un aumento intorno al 10% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Le tensioni sul prezzo del petrolio, cresciuto di oltre il 30% nei primi sei mesi dell'anno, hanno penalizzato soprattutto le piccole aziende energivore, che lavorano a ciclo continuo e consumano maggiormente nelle ore di basso carico. La fascia notturna risulta ancora conveniente, ma si assottiglia sempre di più la differenza di prezzo con le ore diurne.
Il caro-megawattora ha colpito soprattutto i contratti a prezzo fisso per 12 mesi per le aziende allacciate in bassa tensione, dove i prezzi sono aumentati di ben il 13% rispetto al luglio 2010, attestandosi a 69,85 euro. Rispetto ad aprile il rialzo è stato del 5,3 per cento. Stesso destino per le imprese allacciate in media tensione (con un consumo superiore ai 300mila kilowattora annui) che hanno sottoscritto un contratto variabile a 12 mesi: hanno dovuto fare i conti con un rialzo del 12,4% su base annua e del 2% rispetto ai tre mesi precedenti, raggiungendo quota 66,06 euro al megawattora.
A tirare un sospiro di sollievo sono state invece le Pmi che "bruciano" elettricità nelle ore diurne (dalle 8 alle 18): qui i prezzi sono scesi fino al 9,6% per i contratti "congelati" per 24 mesi in bassa tensione.
Effetto-crisi
«È l'effetto della crisi, che ha ridotto la produzione nelle ore notturne e i produttori hanno via via aumentato il prezzo medio per garantire una marginalità minima per la redditività degli impianti a ciclo continuo», spiega Andrea Baroni, procuratore del consorzio Energia di Confindustria Pesaro Urbino, dove circa il 45% delle imprese associate consuma nelle ore notturne. Non solo: secondo Baroni, il rincaro si spiega anche con l'aumento della produzione di energia rinnovabile (in genere nelle ore diurne) che ha portato a una maggiore offerta proprio in quelle fasce ad alto carico, consentendo una diminuzione dei prezzi.
A luglio si accentua una tendenza che si era già manifestata nei mesi scorsi. Se nel gennaio 2010 le Pmi che avevano scelto un contratto a 12 mesi variabile nelle ore notturne usufruivano di uno "sconto" di 46 euro al megawattora rispetto alle aziende con consumi nelle ore diurne, nell'ultima rilevazione il gap si è ridotto a 29 euro.
La partita per il 2012
Dettagli non di poco conto in vista della nuova stagione dei contratti annuali per il 2012, che in genere va in scena tra ottobre e la fine di novembre. «Al momento – spiega Gabriele Bertholet, amministratore delegato del consorzio Assoutility di Milano – tutto è fermo, c'è una situazione di attesa: la storia degli ultimi due anni ci ha abituati a un calo dei prezzi a novembre e le imprese preferiscono aspettare per cogliere l'occasione. Le valutazioni vanno però fatte caso per caso, sulla base delle tipologie di consumo e del peso del costo energetico sul bilancio».
Su un aspetto gli addetti ai lavori sono concordi: è difficile fare previsioni e si naviga a vista. Tanto che, sottolinea Baroni, «volatilità fa rima con flessibilità: per questo ai nostri associati offriamo anche contratti bilanciati, con cap, per mettersi al riparo da rincari improvvisi». Ai "piccoli" che invece vogliono stare più tranquilli e che hanno una forte incidenza del costo dell'energia sulla produzione gli esperti consigliano invece di optare per il contratto a prezzo fisso.
Minore convenienza
L'ultima rilevazione dei prezzi conferma che le condizioni economiche applicate sul mercato libero sono mediamente meno convenienti di quelle stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas per il servizio di maggior tutela. Questa tendenza, secondo ref., potrebbe incentivare le Pmi ad abbandonare il mercato libero per "rifugiarsi" sul mercato tutelato. Il fenomeno è già in atto, se si pensa che nel primo semestre 2011 quasi tre imprese su dieci (il 27%) che hanno cambiato fornitore lo hanno fatto per abbandonare il mercato libero e tornare a quello di maggior tutela. Nel 2007, invece, il tasso di switch back, era di poco superiore al 6 per cento.
«Una tendenza preoccupante – sottolinea l'economista di ref. Samir Traini –, perché potrebbe rappresentare un segnale di scarsa fiducia nel funzionamento del mercato libero da parte delle Pmi. Non è escluso tuttavia che parte del fenomeno di rientro possa essere legato a un aumento della morosità dovuta alla crisi economica in cui versa il nostro Paese».
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