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Newsletter del 30 Gennaio 2012

La nuvola è già arrivata
di Luca Tremolada

Leggere in fondo a un documento le firme di tutti i big americani del cloud computing fa un po' effetto. Google, Microsoft, Oracle, Ibm, Sales Force e altri ancora, i rivali commerciali di questo non-più-nuovo paradigma dell'informatica uniti nel chiedere ai governi nuove regole per il cloud. Più precisamente: no a leggi che vietano la libera circolazione dei dati tra dati. In sette punti il documento «Cross-Border Data Flows: Priorities for the Business Community» (http://tinyurl.com/6oku745) formalmente vorrebbe evitare norme sulla privacy troppo stringenti. In sostanza vuole scongiurare trattamenti di favore verso attori nazionali, cioè verso quei fornitori di cloud che possono garantire offerte ad hoc conformi alle regole del paese come ad esempio la residenza dei dati su territorio nazionale.
Due schieramenti quindi. Da una parte i big americani che in questi anni hanno messo a punto nuvole gigantesche, server farm grandi quanto decine di campi da football spesso nascoste in località segrete. Dall'altra attori più agili ma meno potenti e la Commissione europea che sulla privacy vuole regole uguali per tutti. Contrapposizioni che oggi sono l'essenza di un confronto nascosto nel cloud.
Quindici anni dopo il primo articolo che cita la parola cloud computing, lo sviluppo di questa tecnologia è entrato in una fase cruciale. Le nuovole per le aziende hanno preso forma e consistenza. Viaggiano veloci ma a volte volano troppo in alto per essere avvistate da terra. «È storia antica – spiega Niki Giunta, responsabile delle strategie di cloud computing della multinazionale americana a livello globale Csc – le diverse norme nazionali sono sempre qualche passo indietro rispetto alle potenzialità delle tecnologie. È sempre stato così. Sta agli informatici trovare le soluzioni in attesa di una armonizzazione».
L'attesa però è finita. Dal 2006 quando Eric Schmidt al l'epoca amministratore delegato di Google parlò di applicazioni commerciali per il cloud computing la corsa verso la nuvola informatica per accedere attraverso internet a infrastrutture, applicazioni e servizi è partita. Le offerte di cloud per le aziende sono partite da un paio di anni. Oltre ai big stranieri si sono aggiunti operatori delle tlc come Telecom Italia ma anche start up, piccoli fornitori di applicazioni per la nuvola. Quello che il mercato ha finalmente digerito è la rivoluzione di questa nuovo paradigma che trasforma risorse informatiche come capacità di calcolo, software e storage in servizi pay per use, accessibili via internet. L'informatica come servizio accessibile facilmente come l'energia elettrica. Per le aziende il passaggio è delicato. In cantina aggiornamento del software, apprendimento e implementazione di nuove normative, server, sale computer e stanzoni climatizzati, installazione e l'avvio di nuove infrastrutture. Tutti "fastidi" a cui bada il fornitore del servizio, esonerando il cliente. Per il responsabile dei servizi informativi significa in parte cambiare mestiere, ragionare l'It da un punto di vista di servizio, capire le offerte delle nuvole entrare nel merito dei fornitori. Che hanno abbracciato con filosofie differenti. Google ha impostato il suo modello sul web, sul browser, che da qualunque terminale può accedere ai servizi su internet. Microsoft è partita dal suo sistema operativo e dalle sue applicazioni come strumento di accesso a un cloud che sincronizza le informazioni con la possibilità di mantenerle su pc e telefonini. Amazon, Telecom Italia e Poste Italiane specializzate in infrastrutture informatiche offrono soluzioni che si pagano per l'uso. Le aziende hanno capito che più piccole sono e più hanno da guadagnare. Non hanno nulla da buttare via, adottando il cloud non perdono i vantaggi degli investimenti effettuati in infrastrutture informatiche. Le start up possono partire subito con progetti anche ambiziosi senza il vincolo di doversi prima dotare di server, software e computer.
Nonostante la lunga incubazione i nemici del cloud non sono ancora stati sconfitti. Le aggressioni degli hacker a Sony, gli incidenti accaduti alle Poste, ad Aruba dimostrano che sul fronte della sicurezza e dell'interruzioni del servizio non tutto è chiaro. Come anche sul delicatissimo fronte della privacy. Consegnare l'informatica ma soprattutto i dati di business delle proprie aziende a un fornitore di tecnologia è percepito ancora come un rischio. E senza regole certe e trasparenza sarà difficile penetrare anche il tessuto imprenditoriale più scettico.
Eppure, i rapporti parlano chiaro. Questa rivoluzione informatica in tempi di crisi può davvero dimostrarsi vantaggiosa. In Italia il Centre for Economics and Business Research è convinto che l'adozione del cloud potrebbe produrre complessivamente un beneficio di 150,8 miliardi di euro nei sei anni che vanno dal 2010 al 2015. Parliamo di circa l'1,76% del Pil. Positive le stime in termini occupazionali soprattutto per l'abbattimento della barriera di ingresso tecnologica e materiale in certi settori che impedirebbe la nascita di nuovi soggetti.
Ma prima di rapporti e degli analisti conta di più l'esperienza. Social network, telefonini, tablet, videogiochi sono da tempo porte di accesso per la nuvola. I nostri dati, le nostre identità sono già là, accessibili via internet. Il processo è iniziato da tempo. E non ce ne siamo accorti.
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I NUMERI

150
Risparmi in cinque anni
In milioni di euro i benefici che l'Italia potrebbe ricavare in cinque anni adottando il cloud computing (Fonte: Centre for Economics and Busines)

9%
Spesa in Public cloud software
Secondo Idc l'incidenza spesa Public Cloud Software su totale spesa Software nel 2014

900
Spesa in Italia in servizi Cloud
Secondo Idc nel 2015 il mercato italiano di servizi cloud varrà 900 milioni di euro. Sono 350 milioni nel 2011, il tasso di crescita è del 37% all'anno. La stima Idc della spesa in servizi It public cloud in Italia comprende Application-as-a-services; Platform-as-a-service, Infrastructure-as-a-service.

31%
Le aziende che hanno detto sì al cloud Il 22% sta valutando di passare sulla nuvola, mentre il 47% ha dichiarato di non avere nessun piano per il cloud computing. Questi i risultati della survey IdC in corso su oltre mille aziende italiane con più di 50 addetti

 
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