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Newsletter del 25 Giugno 2012

Sconti comunali selettivi per le aziende
di Giuseppe Debenedetto

La disciplina Imu degli immobili diversi dalle abitazioni principali e dai fabbricati rurali strumentali prevede l'applicazione dell'aliquota ordinaria dello 0,76%, manovrabile dai Comuni entro determinati limiti, fino a un massimo dell'1,06 per cento.
Il calcolo dell'imposta si effettua moltiplicando l'aliquota per il valore dell'immobile, che può essere determinato in quattro modi diversi:
1 rendita catastale: per i fabbricati censiti in catasto, rivalutata del 5% (x 1,05) e moltiplicata per i nuovi coefficienti Imu (160 per le abitazioni, 140 per i laboratori, e così via; si veda l'articolo in basso);
2 valore contabile: per i fabbricati appartenenti al gruppo D non iscritti in catasto, posseduti interamente da imprese e distintamente contabilizzati (si utilizzano i coefficienti aggiornati annualmente con decreto ministeriale: l'ultimo è stato adottato il 5 aprile);
3 valore di mercato per le aree fabbricabili, determinato sulla base dei parametri legali (ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d'uso, eccetera), potendo comunque fare riferimento ai valori medi indicati dai singoli Comuni;
4 reddito dominicale: per i terreni, rivalutato del 25% (x 1,25) moltiplicato per i nuovi coefficienti (110 per i coltivatori diretti e Iap, 135 per gli altri soggetti).
L'aliquota di base dello 0,76% può essere ritoccata dai Comuni in aumento o in diminuzione fino a 0,3 punti percentuali, quindi può oscillare dallo 0,46% fino all'1,06 per cento. Sono poi previsti ulteriori margini di manovra fino allo 0,4% o allo 0,38% oltre alle possibilità di differenziare le aliquote di singole categorie di immobili. La disciplina statale presenta alcune situazioni tipizzate: è possibile infatti diminuire l'aliquota fino allo 0,4% per gli immobili delle imprese e per quelli locati, oltre alla specifica facoltà di riduzione fino allo 0,38% prevista per i fabbricati "merce" (articolo 56, Dl 1/12), cioè per i fabbricati realizzati e destinati dalle imprese costruttrici alla vendita: lo sconto, se deciso dal Comune, vale fino a un massimo di tre anni dall'ultimazione, finché il fabbricato resta invenduto e sfitto.
Il ricorso alla potestà regolamentare dell'articolo 52 Dlgs 446/97 consente ai Comuni di intervenire anche al di fuori di questi casi ma pur sempre «nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione», come evidenziato dalla circolare 3/DF del 18 maggio scorso. Ad esempio non sarebbe possibile scendere al di sotto dell'aliquota minima prevista dal Dl 201/11, anche perché occorre fare i conti con la quota statale dello 0,38% che deve comunque essere garantita - salvo qualche rara eccezione - in caso di riduzione dell'aliquota.
In tale contesto le possibilità concrete si riducono a quelle strettamente necessarie e ritenute rilevanti dall'ente. Tra queste andrebbe alleggerito il carico per gli immobili delle imprese che, unitamente agli immobili locati, subiscono la penalizzazione derivante dall'aggravio dell'aliquota Imu e dalla duplicazione con le imposte sui redditi. Gli immobili relativi alle imprese sono quelli non produttivi di reddito fondiario, in base all'articolo 43 del Tuir, senza alcuna distinzione tra immobili strumentali, immobili-merce e immobili-patrimonio. In tali casi è possibile ridurre l'aliquota fino allo 0,4% anche limitatamente ad alcune tipologie di immobili o di attività, ad esempio agevolando i fabbricati delle imprese artigiane oppure quelli delle imprese neo costituite.
La circolare ministeriale precisa che la riduzione dell'aliquota fino allo 0,4% può essere applicata anche agli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa e degli Iacp, in quanto soggetti Ires, per i quali non si applica la riserva di quota statale. E' possibile diversificare le aliquote anche con riferimento alle diverse destinazioni d'uso degli immobili e caratteristiche socioeconomiche dei soggetti passivi.
La circolare ministeriale consente di differenziare le aliquote anche «all'interno del gruppo catastale». La tesi suscita qualche perplessità, perché permetterebbe ai Comuni di incidere indirettamente sui moltiplicatori e quindi sulla base imponibile, ipotesi vietata dall'articolo 52 Dlgs 446/97. Peraltro, la posizione ministeriale è stata ulteriormente confermata dal dipartimento delle Finanze allo Sportello Imu del Sole 24 Ore. In quella sede il Mef ha evidenziato che la diversificazione per categorie non viola i criteri di ragionevolezza e non discriminazione anche perché è stata già utilizzata dallo stesso legislatore in passato per escludere dai benefici Ici prima casa le unità immobiliari accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9.
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Le scelte dal territorio

I casi in cui si può modificare l'aliquota

IMMOBILI D'IMPRESA

È possibile ridurre l'aliquota fino allo 0,40%, eventualmente differenziandola in base al tipo di attività, ad esempio agevolando gli immobili delle imprese artigiane oppure quelli delle imprese neocostituite o quelle insediate in una particolare zona del territorio comunale

FABBRICATI «MERCE»

È possibile ridurre l'aliquota fino allo 0,38% per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori

COOP EDILIZIE E IACP

Si può ridurre l'aliquota fino allo 0,40% per le Coop edilizie a proprietà indivisa e Iacp; trattandosi di immobili posseduti da persone giuridiche, c'è solo la detrazione di 200 euro senza maggiorazione per i figli (utilizzo come abitazione principale); inoltre non si applica la riserva della quota statale

DIFFERENZE PER CATEGORIE

La circolare ministeriale apre alla possibilità per il Comune di differenziare le aliquote anche all'interno di uno stesso gruppo catastale, ad esempio aumentando o riducendo l'aliquota per i negozi (C/1) ma non per i laboratori e i capannoni (C/3 e D/1)

IL CALCOLO DELL'ACCONTO
Nell'affrontare il calcolo dell'Imu sulle abitazioni il moltiplicatore da applicare è sempre 160. Le cose cambiano nel caso degli immobili accatastati nelle categorie, e in particolare B, C e D, mentre gli immobili accatastati nella categoria E sono di norma esclusi dal calcolo dell'imposta in quanto destinati ad uso pubblico.
La categoria B
Vi rientrano i fabbricati che, per destinazione e utilizzo, non hanno scopo di lucro; il moltiplicatore da usare per determinare la base imponibile sulla quale applicare l'aliquota d'imposta è pari a 140.
A titolo esemplificativo, si segnalano, nella categoria catastale B/1 collegi, ospizi, conventi, seminari e caserme; nella B/2 case di cura e ospedali senza fine di lucro; nella B/3 prigioni e riformatori; nella B/4 uffici pubblici; nella B/5 scuole senza scopo di lucro; nella B/6 biblioteche e accademie che non hanno sede in edifici della categoria A/9. Se invece le attività avessero fine di lucro, gli immobili dovrebbero essere censiti nella categoria propria dell'unità immobiliare, secondo l'uso ordinario della stessa.
La categoria C
Tra questi immobili ci sono quelli accatastati nelle categorie C/2 (magazzini, soffitte, cantine, locali di sgombero), C/6 (box auto e garage) e C/7 (tettoie e posti auto), tutti con il moltiplicatore 160, in quanto assimilabili alle pertinenze dell'abitazione principale. Ci sono tuttavia altre categorie alle quali occorre applicare il moltiplicatore 140: C/3 (laboratori per arti e mestieri), C/4 (fabbricati e locali per esercizi sportivi senza scopo di lucro), C/5 (stabilimenti balneari e di acque curative, senza scopo di lucro). Solo per gli immobili accatastati come C/1 (negozi e botteghe) il moltiplicatore è pari a 55.
La categoria D
Per determinare la base imponibile degli immobili accatastati alla lettera D, occorre fare riferimento all'anno d'imposta: per l'anno 2012 si applica il moltiplicatore 60, mentre per l'anno 2013 e seguenti 65. Sempre a titolo esemplificativo, si segnalano, nella categoria D/1, gli opifici, cioè gli immobili produttivi; nella D/2 alberghi, pensioni e residence con scopo di lucro; nella D/3 teatri e cinema con scopo di lucro; nella D/4 case di cura e ospedali con scopo di lucro; nella D/10 fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole; nella D/11 scuole e laboratori scientifici privati; nella D/12 posti barca in porti turistici e stabilimenti balneari. Anche per questa tipologia d'immobili il legislatore ha previsto un'eccezione: per quelli corrispondenti alla categoria D/5 – istituti di credito, cambio e assicurazione con scopo di lucro – il moltiplicatore è 80. Segnaliamo inoltre che anche per gli immobili accatastati nella categoria A/10 (uffici e studi privati), il moltiplicatore utile a determinare la base imponibile per il calcolo dell'Imu è sempre 80.
Un esempio di calcolo
Negozio classificato in C/1, con rendita catastale pari a 2.600 euro.
- Rendita rivalutata del 5%:
2.600 x 1,05 = 2.730
- Applicazione del moltiplicatore: 2.730 x 55 = 150.150 (valore catastale)
Per determinare la prima rata dovuta per l'anno 2012 sarà necessario calcolare l'Imu dovuta con l'aliquota ordinaria (0,76%).
- Imu con aliquota base:
150.150 : 100 x 0,76 = 1.141,14
- Imu da versare in sede di acconto: 1.141,14 euro: 2 = 570,57
Nel modello di pagamento F24, l'importo va diviso per due tra quota statale e comunale: 285,29 euro, arrotondati a 285, da destinare allo Stato (codice tributo 3919) e 285,29, sempre arrotondati a 285 euro da destinare al Comune (codice tributo 3918).
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