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Newsletter del 23 Luglio 2012

Il Sud scopre sei colonne anti-crisi
di Francesco Benucci

ROMA

C'è un Meridione che pare non aver accusato le sferzate della crisi dell'ultimo quadriennio. Un Mezzogiorno laborioso e di alta specializzazione che si afferma sui mercati internazionali e che macina fatturati "insospettabili". È più o meno questa la conclusione a cui giunge un'inedita indagine promossa da Invitalia su impulso del ministero della Coesione territoriale finalizzata a verificare e misurare le trasformazioni strutturali e congiunturali intervenute nei sistemi produttivi del Mezzogiorno a seguito della crisi economica degli anni 2009-2010. L'obiettivo? Comprendere e individuare la domanda di politiche industriali e di sviluppo che emergono dal mutato scenario economico in cui si trovano a operare le imprese, rafforzando e meglio indirizzando gli strumenti di incentivazione alla competitività.

L'indagine – condotta da un pool di economisti coordinati da Gianfranco Viesti e Domenico Cersosimo – aggiorna un precedente monitoraggio sui sistemi produttivi meridionali realizzato nel 2007 sempre da Invitalia. Gli analisti hanno scandagliato sei sistemi produttivi del Sud specializzati nella produzione di beni e servizi ad alta tecnologia: il sistema dell'Ict dell'Aquila, l'aerospaziale della Campania, quello della meccatronica pugliese, il sistema dell'aeronautica pugliese, quello dell'Ict di Cagliari e il distretto produttivo dell'elettronica di Catania. «Questi sistemi produttivi ad alta tecnologia – spiega l'ad di Invitalia Domenico Arcuri – hanno evidenziato una solida capacità di resistenza rispetto agli impatti della crisi economica senza subirne gli effetti dirompenti o disgreganti che si sono manifestati in altri comparti manifatturieri. Per questo vanno osservati e seguiti con più attenzione, al fine di comprendere ed individuare la domanda di politiche industriali e di sviluppo che esprimono».

I sei distretti produttivi contano oltre 150 imprese tutte inserite in filiere produttive longeve e con evidenti segni di vitalità, tra l'altro fortemente internazionalizzate; oltre 30 mila occupati (esclusi i ricercatori); oltre 8 miliardi di euro di fatturato di cui un terzo da esportazione. La crisi economica e finanziaria dell'ultimo quadriennio ha ovviamente inciso sugli assetti strutturali e sulle performance, ma nell'insieme, stando a quanto testimoniato dagli analisti, «essi hanno tenuto, e si tratta di un risultato tutt'altro che scontato»Infatti – al netto delle difficoltà del sistema dell'Aquila (che genera tra il 12 e il 14% dell'export italiano di componenti e schede elettroniche) – non si sono determinati tracolli produttivi, perdite accentuate di quote di mercato, drastiche riduzioni occupazionali. La "moralità imprenditoriale" è elevata. «Ciò che si è verificato – aggiungono gli studiosi –, a seconda dei casi, è stata una flessione degli ordinativi e delle esportazioni (soprattutto nella meccatronica pugliese e nell'aerospaziale campano dove si concentra un quarto del fatturato aerospaziale nazionale e poco meno di un quinto delle esportazioni), l'aumento del ricorso alla cassa integrazione e il ridimensionamento dell'indotto (sistema dell'Etna Valley)».

Le prospettive future dei sei sistemi produttivi dipenderanno in larga misura dalle decisioni e dalle strategie dei gruppi multinazionali (Bosch nel meccatronico pugliese, Micron nell'elettronica abruzzese) e delle imprese a partecipazione pubblica (Finmeccanica nell'areospaziale campano e pugliese, ST dell'Etna Valley) cui fanno capo gli impianti locali, dalle configurazioni emergenti nei mercati globali e dagli assetti organizzativi delle filiere produttive di appartenenza.

Lo studio – che evidentemente nelle intenzioni del ministero servirà a meglio orientare le politiche di sviluppo del Sud legandole alle specifiche vocazioni ed esigenze – si conclude con due considerazioni e alcune proposte di merito. La prima considerazione riguarda il ruolo delle politiche nazionali: non è pensabile un processo di sviluppo per le sei aree senza che loro prospettive siano inquadrate in un disegno nazionale di politica industriale e sviluppo tecnologico, utilizzando anche le risorse aggiuntive oggi disponibili (fondi europei). La seconda riguarda il ruolo delle grandi imprese in questi sistemi e la loro interazione con i pubblici poteri che non può essere delegata a livello subnazionale: «Occorre rilanciare strategie nazionali – suggeriscono gli economisti – riguardanti sia l'offerta localizzativa rivolta alle grandi imprese multinazionali, sia gli obiettivi di sviluppo tecnologico e industriale per le imprese a partecipazione pubblica». Le proposte avanzate appaiono dunque come la conseguenza delle due considerazioni: creazione di uno strumento unico, in forma di contratto, in cui raccogliere gli impegni e le iniziative reciproche dei diversi attori, centrali e locali, pubblici e privati, con una chiara identificazione di impegni e condizionalità, sottoposto ad un continuo e fisiologico processo di revisione e monitoraggio; rilancio delle politiche di attrazione di investitori italiani e stranieri nelle sei aree in questione in cui sono presenti condizioni localizzazione uniche e preziose; infondere nuovo slancio alle politiche di sostegno alla nascita di nuove imprese, «attraverso la creazione per le sei aree di un Fondo per il seed capital di nuove iniziative imprenditoriali, attraverso fondi pubblici nazionali su cui potrebbero convergere ulteriori risorse regionali, locali e private». In fin dei conti, conclude Arcuri, «le politiche di sostegno alle imprese sono oggi frammentate in Italia in una miriade di interventi gestiti nei diversi livelli delle amministrazioni pubbliche. Ciò costituisce un fattore di depotenziamento dell'efficacia degli incentivi, oltre che di spreco e inefficienza. Occorre puntare ad una drastica semplificazione e a una loro razionalizzazione».

La mappa territoriale

I sei sistemi produttivi ad alta tecnologia del Sud così come individuati dalla ricerca promossa da Invitalia

1. ICT DELL'ABRUZZO

Localizzazione: L'Aquila e Avezzano (58 Comuni in totale)

Produzioni: Ict (elettronica e antenne per veicoli spaziali), strumenti per la navigazione aerea

Addetti: circa 2.600 tra grandi imprese e indotto

2. AEROSPAZIALE DELLA PUGLIA

Localizzazione: Brindisi, Grottaglie, Foggia, Taranto

Produzioni: manifatturiero per aeronautica, beni e servizi per l'industria dello spazio

Addetti: 4.200 in oltre 70 imprese (l'export vale 200 mln)

3. MECCATRONICA DELLA PUGLIA

Localizzazione: provincia di Bari

Produzioni: meccanica, componenti automotive

Addetti: 4.300; poche grandi imprese, molte Pmi (fatturato indicativo 650 milioni/anno)

4. AEROSPAZIALE DELLA CAMPANIA

Localizzazione: area metropolitana di Napoli e di Benevento

Produzioni: aviazione civile e militare, manutenzione

Addetti: 10mila in 130 tra grandi imprese e Pmi (fatturato 1,3 mld/anno)

5. ICT DEL CAGLIARITANO

Localizzazioni: due poli produttivi nel Cagliaritano

Produzioni: Tlc, sviluppo e gestione servizi Ict

Addetti: 5mila in circa 2.500 imprese; operativo il Parco scientifico e tecnologico Polaris

6. ELETTRONICA DI CATANIA

Localizzazione: Catania

Produzioni: industria dei semiconduttori

Addetti: circa 5mila, tra grandi imprese e Pmi; dal 2008 esiste il "Distretto tecnologico Sicilia micro e nano sistemi"

I BANDI PER LA RICERCA

La situazione

Mezzogiorno avanti tutta in fatto di ricerca. Così appare analizzando le richieste di partecipazione al bando Pon ricerca e competitività propedeutico alla creazione di nuovi distretti tecnologici e laboratori pubblici/privati che sono pervenute da Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, e che risultano all'avanguardia nella ricerca

Le richieste In totale sono 193 le richieste ammesse che adesso sono al vaglio di una commissione del ministero dell'Istruzione guidata da Luigi Gallo, che è anche direttore dell'area di ricerca e innovazione di Invitalia

La dotazione

A disposizione ci sono 915 milioni, fondi europei e del cofinanziamento nazionale destinati alle quattro Regioni e così suddivisi: 389 milioni per il potenziamento dei distretti tecnologici e dei laboratori pubblici/privati esistenti e 526 milioni per le nuove aggregazioni

La ripartizione

Dei 389 milioni ne andranno 24 alla Calabria, 70 alla Campania, 145 alla Puglia e 150 alla Sicilia. Dei 526 milioni 136 milioni andranno alla Calabria, 220 alla Campania, 80 alla Puglia e 90 alla Sicilia. E su questa quota si è appuntato il maggiore interesse. Dalla Sicilia sono arrivate 42 richieste, 49 dalla Calabria, 22 dalla Puglia e 80 dalla Campania


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