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Newsletter del 17 Dicembre 2012

Le linee guida ufficiali «ingessano» i medici
di Andrea Ferrario


Tra le novità del decreto Balduzzi sulla sanità destinate a far più discutere, c'è quella sulla responsabilità del medico, prima da molti ritenuto troppo severo. Ora il primo comma dell'articolo 3, per tutti gli eventi avversi per il paziente in cui risulti che il medico si è attenuto a «linee guida e buone pratiche ospedaliere», limita la responsabilità del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave. Dovrebbero andare esenti da ogni conseguenza legale tutti gli atti medici che, pur connotati da colpa (ma di grado inferiore o lieve), siano comunque stati posti in essere nel rispetto di linee guida e buone pratiche ospedaliere.
Un allentamento dovuto all'abnorme inflazione dei giu-dizi contro i medici e alla conseguente pratica della medicina difensiva (ricoveri super-flui, esami utili più a tutelare il sanitario, la fuga dai malati e dalle specializzazioni cliniche più "a rischio"). Un'emergenza sociale, con pesanti ricadute sulla qualità dei servizi e un costo per la comunità stimato in oltre 14 miliardi all'anno.
Non era dunque più differibile l'intervento del Governo,per alleggerire la posizione dei medici (scoraggiando il crescente malcostume della cause avviate a casaccio e incentivare anche i sanitari ad aggiornarsi e aderire alle prassi meglio accreditate nella comunità scientifica. Ma è dubbio che lo strumento utilizzato sia effettivamente idoneo: pur ponendo una corretta questione di principio, la norma – forse poco coraggiosa – potrebbe rimanere una semplice enunciazione. In primo luogo, perché una regola non dissimile era stata da tempo recepita (in quanto in parte ovvia) dalla giurisprudenza. In secondo luogo, l'enfasi posta sulle linee guida non è del tutto scevra da possibili controindicazioni: il vertiginoso progresso della scienza le rende presto superate, oltre al fatto che la medicina ha ampi margini di imprevedibilità legati al singolo caso.
Tra l'altro, potrebbero essere condannati medici "coraggiosi" che decidano in coscienza di non avvalersi del rassicurante ombrello delle linee guida ufficiali.
C'è poi un'ulteriore considerazione di fondo. Se è vero che l'applicazione delle linee guida salva il medico in caso di colpa lieve, è anche vero che quest'ultima categoria trova ormai un'applicazione così sporadica da parte della magistratura da risultare pressoché degradata a ipotesi di scuola. L'impressione è dunque che il volonteroso intervento del nostro legislatore, pur avendo – come vedremo – un'indubbia valenza simbolica, consolidando anche un trend interpretativo da tempo ormai avviato, non aggiunga molto in termini di novità.
I mali che il Governo ha voluto sconfiggere vanno quindi forse affrontati (anche) con altre armi. Con severi meccanismi processuali e sostanziali che disincentivino il ricorso a cause temerarie, con una più organica e coraggiosa revisione del regime della responsabilità medica, con il ricorso a meccanismi di assicurazione obbligatoria delle strutture sanitarie, con la gestione diretta e preventiva da parte di queste degli eventi di possibile malpractice.
Ma ciò di cui soprattutto si sente il bisogno è il ripristino di una corretta relazione tra medico e paziente, oggi ingessata dalla reciproca diffidenza. A questo, oltre che gli strumenti di cui si è detto, potrà contribuire anche un atteggiamento più misurato dell'informazione, con il ripudio dei sensazionalismi che spesso hanno offuscato la comune percezione dei problemi del sistema sanitario. Caricare i medici di colpe che essi spesso non hanno non è stata e non è la soluzione. E di ciò sembra consapevole anche il nostro legislatore che, risolutiva o meno che sia la misura adottata a fine ottobre, segna comunque una prima timida ma significativa rottura di continuità con il passato. Proiettando così ragionevole ottimismo anche verso possibili e più incisivi sviluppi futuri.
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