di Davide Tabarelli
La decisione di esportare gas azero verso l'Italia con il Tap è un'ottima notizia per l'Italia, Paese che da sempre svolge un ruolo di ponte fra Oriente e Europa.
Il gasdotto dà maggiore concretezza all'obiettivo, ufficializzato anche nella Strategia Energetica Nazionale, di fare da noi un'interconnessione (hub) del gas a servizio dell'Europa. Il gas in Italia costa alle aziende 40 centesimi per metro cubo, circa tre volte il prezzo degli Stati Uniti, dove la rivoluzione dello shale ha fatto crollare i listini.
Il gas importato in Italia, unico caso in Europa, serve a fare l'elettricità, il cui prezzo, invece di scendere, continua a salire, come deciso ieri sera dall'Autorità dell'energia con un nuovo aumento dell'1,4%.
Fra le cause, oltre alle rinnovabili, vi sono anche gli alti prezzi del gas importato. In Italia i prezzi in borsa dell'elettricità sono oggi a 60 euro per megawattora, il doppio di quelli della Germania, dove si usa molto carbone. L'unica speranza che abbiamo per far scendere i prezzi dell'elettricità nei prossimi anni è che prima calino quelli del gas e per fare questo occorre abbondanza di offerta.
Detto questo il Tap rimane un progetto che ha davanti ostacoli: la dimensione piccola, 10 miliardi di metri cubi anno, non permette grandi economie di scala sul trasporto; mancano i compratori, visto che in Italia è crollata la domanda; poi sono già fioriti numerosi comitati "no" contro la posa dei tubi. Contenti si, ma senza facili ottimismi, per non dimenticare né la produzione nazionale, visto che di gas ne abbiamo ancora parecchio, né i fornitori tradizionali, con i quali possiamo ancora negoziare prezzi migliori e forniture aggiuntive.
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