Il presidente dell'Autorità di vigilanza sugli appalti, Sergio Santoro, conferma il no a requisiti di gara troppo restrittivi per i progettisti. Rispondendo all'invito rivolto dal presidente della commissione Lavori pubblici della Camera, Ermete Realacci (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), Santoro anticipa che il chiarimento arriverà a breve con la determinazione sulle procedure di affidamento degli incarichi professionali, cui l'Autorità lavora da mesi.
Il nodo da sciogliere è la contraddizione tra il Codice degli appalti (articolo 41, comma 2), che vieta di richiedere senza motivo requisiti di fatturato capaci di limitare la concorrenza, e l'articolo 263 del regolamento appalti (Dpr 207/2010) che al contrario impone alle stazioni appaltanti di restringere l'accesso alle gare ai professionisti capaci di esibire particolari requisiti di fatturato (compreso tra due e quattro volte l'importo del progetto) e organico. Paletti che di fatto si tramutano in una barriera di ingresso al mercato pubblico per i giovani professionisti e gli studi meno strutturati. Per Santoro è la norma del Codice ad avere la preminenza. Nella determinazione, scrive il presidente dell'Autorità, «verrà messo in rilievo che le stazioni appaltanti dovranno applicare l'articolo 41, comma 2 del Codice, secondo cui sono illegittimi i criteri che fissano senza congrua motivazione limiti di accesso connessi al fatturato aziendale». Dunque, stop alla richiesta di requisiti di fatturato in modo automatico.
Soddisfatti architetti e ingegneri. «È un paradosso che una norma capace di avere effetti così restrittivi sia discesa dalla legge Merloni che aveva l'obiettivo di facilitare un mercato della progettazione aperto e concorrenziale», commenta il presidente del Cni e della Rete delle professioni tecniche, Armando Zambrano. «Apprezziamo l'impegno: è un primo passo importante – dice Rino La Mendola, vicepresidente del Consiglio nazionale architetti – . Voglio sottolineare che questi princìpi vanno trasferiti nella riforma degli appalti che scaturirà dall'obbligo di recepire le direttive europee».
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