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Newsletter del 26 Febbraio 2015

Autonomi, stop al fisco sui prelievi

È costituzionalmente illegittima la norma sulle indagini finanziarie che prevede una presunzione legale a favore del Fisco di maggiori compensi nei confronti del professionista che non sia in grado di fornire indicazioni su prelevamenti. A stabilirlo è stata la sentenza 228/2014 della Corte costituzionale depositata ieri.
La questione
La Finanziaria 2005 (legge 311/2004) ha modificato la normativa sulle indagini finanziarie. Tra l'altro, sono state estese anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo le presunzioni sui prelevamenti in caso di mancata indicazione del beneficiario. In sostanza se il professionista non fosse stato in grado di fornire tali indicazioni sugli importi riscossi, l'amministrazione li riteneva automaticamente maggiori compensi, in analogia a quanto avvenuto fino ad allora con i titolari di reddito di impresa. Ne sono conseguiti numerosi controlli bancari (si veda l'altro articolo in pagina) verso i professionisti i quali si sono trovati molte volte nell'impossibilità di documentare, come preteso dai verificatori, i prelevamenti spesso eseguiti per finalità personali e familiari.
Il rinvio
L'ordinanza 27/29/2013 della Ctr Lazio aveva rimesso alla Consulta la questione dubitando, in estrema sintesi, della legittimità della norma, in quanto estendeva irragionevolmente ai redditi da lavoro autonomo la presunzione «costi-ricavi» propria del reddito di impresa. In pratica, mentre la presunzione di maggiori ricavi, poteva trovare giustificazione per i redditi di impresa, in quanto i prelevamenti non giustificati potevano essere sintomatici di acquisti di beni in nero (successivamente rivenduti pure in nero), per i professionisti era del tutto fuori luogo dato che, all'eventuale acquisto di un bene non fatturato, non conseguiva una prestazione in evasione di imposta, mancando una correlazione tra costi e compensi.
La decisione
La Consulta ha condiviso la tesi dei giudici laziali e ha ritenuto incostituzionale la norma (articolo 32 comma 1, numero 2, secondo periodo, del Dpr 600/1973), nella parte in cui estende la presunzione, ai maggiori compensi. Secondo la Corte, anche se le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest'ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dall'articolo 32, in base al quale il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. L'attività degli autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e per la marginalità dell'apparato organizzativo. Inoltre in caso di contabilità semplificata – di cui generalmente si avvale la categoria – c'è una fisiologica promiscuità di entrate e spese professionali e personali.
La tracciabilità
Secondo la Consulta, poi, l'esigenza di combattere l'evasione trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari a carico anche dei professionisti con l'obbligo di Pos (sebbene senza sanzioni). Infatti la tracciabilità del denaro, oltre a essere uno strumento di lotta al riciclaggio, persegue il fine di contrastare l'evasione con la limitazione dei pagamenti in contanti che si possono prestare a operazioni in «nero».
In conclusione la presunzione nei confronti dei professionisti è lesiva del principio di ragionevolezza e capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da parte di un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nella propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito.
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I punti-chiave

01 | L'ESTENSIONE
L'articolo 32 del Dpr 600/1973 – a seguito delle modifiche introdotte dal 2005 – ha esteso anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo le presunzioni sui prelevamenti in caso di mancata indicazione del beneficiario. La presunzione prima si applicava solo ai soli titolari di reddito d'impresa nel presupposto che chi avesse acquistato beni in nero (quindi con prelevamenti non giustificabili) li avrebbe venduti in evasione di imposta
02 | LA RICHIESTA
Nel rinvio alla Consulta, la Ctr Lazio ha rilevato una possibile lesione del diritto di difesa e del principio di capacità contributiva in quanto viene irragionevolmente estesa ai redditi da lavoro autonomo la presunzione «costi-ricavi» propria del reddito d'impresa
03 | LA DECISIONE
Per la sentenza 228/2014 della Corte costituzionale, la presunzione verso i professionisti lede il principio di ragionevolezza e della capacità contributiva, in quanto è arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un autonomo siano destinati a un investimento nella propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito
04 | LE LITI IN CORSO
Se sono in corso liti che scaturiscono dall'applicazione della norma, il giudice dovrebbe sollevare la questione ritenendo non provata la pretesa di maggiori compensi. È prudenziale, però, che il contribuente evidenzi la decisione della Consulta. Qualora vi sia già stata una pronuncia sfavorevole, occorre impugnarla eccependo la dichiarata incostituzionalità. Mentre per gli accertamenti non ancora impugnati, se non lo fa l'ufficio, è opportuno chiedere in adesione o autotutela la revisione nella parte in cui si contestano le presunzioni dichiarate incostituzionali

Il rinvio
Sul Sole 24 Ore del 13 giugno 2013 la notizia sulla Ctr Lazio che ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi sui prelievi bancari di professionisti e autonomi che, in assenza di giustificazione, il Fisco può considerare automaticamente come «nero»

 
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