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Newsletter del 29 Aprile 2015

Il rilancio del Governo: rivedere il regime dei minimi

È necessario rivedere il regime dei minimi. La proposta arriva dal sottosegretario all’Economia e alle finanze, Paola De Micheli, intervenuta ieri al convegno di presentazione dell’Osservatorio permanente della Cna alla Camera dei Deputati. «Ritengo necessario mettere ordine nella selva normativa relativa alle professioni, frutto di una serie di interventi spot - ha affermato De Micheli -. In tema fiscale, credo che bisognerà cominciare a studiare un percorso fattibile per trovare i mezzi di sostenibilità finanziaria destinati a rivedere il regime dei minimi».

Il sottosegretario apre anche sul fronte degli incentivi: «I professionisti, che ora ne sono incomprensibilmente tenuti fuori , dovranno esservi ricompresi, in particolare in tema di credito, export e formazione».

Il mondo delle professioni non iscritte a ordini e albi, fotografato dall’Osservatorio della Cna,include partite Iva, soggetti iscritti alla gestione separata Inps, dipendenti e imprenditori.

Per loro una legge di due anni fa, la 4 del 2013, ha posto le regole base per una “normazione tecnica”, una legge di autoregolamentazione e qualificazione che ha dato loro un riconoscimento ufficiale e che ha dovuto superare molti ostacoli per vedere la luce. Ma è stato, evidentemente, solo un primo passo.

Le professioni interessate sono le più varie. Ci sono grafici, informatici, designer , pubblicitari, tributaristi, traduttori, cuochi, interpreti, chinesiologi, optometristi, detective, wedding planner e artiterapeuti. Una pletora di attività: alcune esistono da tempo, come quella dei fotografi o dei patrocinatori stragiudiziari, altre sono nate di recente per rispondere a nuove necessità, si pensi a tutte quelle attività legate alle nuove tecnologie.

Secondo l’Osservatorio della Cna tra il 2009 e 2013, il numero dei professionisti “non ordinistici” lavoratori autonomi con partita Iva iscritti alla gestione separata dell’Inps è cresciuto del 19,1% a fronte di un calo pari al 2,6% dell’occupazione complessiva, e ha quasi superato quota 300mila (diventano 775mila se si conta anche chi è senza partita Iva). Al suo interno sia laureati, che rappresentano il 48%, che diplomati (49%).

Un esercito silenzioso che difficilmente viene ascoltato ma che trova tra le sue fila donne (il 40,2%) e giovani (gli under 40 sono il 41,7%). L’età è direttamente proporzionale al reddito percepito: se il valore medio annua è di 15.837 euro, questo scende a 13mila tra i 20 e i 40 anni e a 6mila sotto i 20 anni. Resta confermato anche in questo ambito il divario tra maschi e femmine: 17.893 euro contro 12.777. Livelli di reddito al di sopra della media si registrano nelle classi di età più avanzate: il massimo, 21.207 euro, appartiene ai lavoratori nella fascia di età 65-69.

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