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Newsletter del 28 Maggio 2015

Arrivano i tribunali del fisco

roma

La mediazione dice addio alle stanze dell’agenzia delle Entrate per traslocare direttamente nelle Commissioni tributarie. Anzi, nei nuovi tribunali tributari che, insieme alle corti d’appello dedicate alla materia fiscale, andranno a sostituire rispettivamente le attuali Commissioni provinciali e regionali. Più spazio alla conciliazione giudiziale che debutta anche in secondo grado. E per spingere fisco e contribuenti a trovare comunque un accordo per tagliare le liti si studiano sconti differenziati sulle sanzioni. Se poi la violazione oggetto della lite è scaturita dall’incertezza della norma o da una sua corretta applicazione perché è oggettivamente “sbagliata”, i giudici tributari potranno disapplicare le sanzioni amministrative. Il penale non si tocca.

Sono soltanto alcune delle principali novità della riforma del contenzioso tributario che sta muovendo i suoi primi passi nel complesso cantiere dell’attuazione della delega fiscale. L’obiettivo del Governo è di portare in Cdm i decreti di riforma del processo e della macchina della giustizia tributaria per la metà di giugno quando presenterà l’intero pacchetto per rendere operativa la delega, tra cui le norme sulla revisione delle sanzioni penali (quelle già presentate e poi ritirate con la soglia di non punibilità del 3%) e amministrative.

La riforma in arrivo - oggetto ora di un serrato confronto tra l’amministrazione finanziaria, Palazzo Chigi e il Mef - punta, dunque, a potenziare la mediazione tributaria, che non sarà più gestita dalle strutture dell’Agenzia ma avrà una sezione ad hoc all’interno del nuovo tribunale tributario, destinato - come detto - a sostituire almeno nel nome la Commissione provinciale. La «sezione mediazione», che deciderà come fosse una sorta di collegio arbitrale, sarà composta da un giudice onorario del Tribunale tributario, da un funzionario delle Entrate (ma solo con una determinata qualifica e con esperienza professionale di almeno due anni presso gli uffici legali dell’Agenzia) e da un professionista abilitato con esperienza nel settore e anzianità di iscrizione all’albo di almeno due anni. Queste due figure saranno inserite in elenchi tenuti dal Tribunale tributario.

Per i giudici monocratici e per quelli che fanno parte della sezione mediazione si pensa di introdurre un compenso aggiuntivo. Sui trattamenti economici, tema da sempre caldo della giustizia tributaria, si prevede comunque un rinvio a un futuro decreto della Presidenza con cui saranno fissati gli emolumenti mensili secondo criteri che tengano conto della qualifica e delle funzioni svolte.

Rivisti anche i poteri dei giudici tributari. Tra questi la novità di maggior rilievo riguarda la prova testimoniale che con la riforma in arrivo sarà ammessa con valore di presunzione semplice.Restano espressamente esclusi invece l’interrogatorio formale e il giuramento. Il giudice tributario, inoltre, nei casi più complessi potrà avvalersi di consulenti tecnici. E soprattutto, per verificare la verità, il giudice può esercitare i poteri istruttori di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e di chiarimenti riconosciuti dalla legge ai soggetti che hanno emesso gli oggetto d’impugnazione.

Il reclamo e la mediazione potranno essere utilizzati dai contribuenti per liti di valore non superiore a 20mila euro e relative ad atti emessi dall’agenzia delle Entrate. Alla luce dei principi espressi dalla delega che puntano a introdurre strumenti deflattivi del contenzioso, non è escluso che sulla mediazione il Governo provi a osare di più proprio sulla mediazione, magari elevando l’attuale limite di 20mila euro e l’allargamento anche ad altri atti oltre a quelli emessi dalle Entrate. Allo studio c’è comunque anche una penalizzazione per chi va avanti e poi soccombe nelle liti fino a 20mila euro: chi perde è infatti condannato a restituire, oltre alle spese di giudizio, anche una somma pari al 50% delle spese di giustizia come rimborso degli oneri sostenuti per il procedimento legato al reclamo e alla successiva mediazione evidentemente non andata a buon fine.

Nello spirito della riforma si prevede dunque un giudice monocratico per le liti fino a 20mila euro. Per le cause più elevate il giudizio sarà sempre e solo collegiale. Tra le proposte avanzate dai tecnici in questa fase c’è anche quella di prevedere dei giudici tributari professionisti. Ma le implicazioni che questa vera e propria rivoluzione potrebbe comportare sia in termini di costi che di soggetti interessati (dal Guardasigilli al Csm) potrebbero affossare fin da subito l’idea di dotare i nuovi tribunali tributari di giudici professionisti.

Per ridurre le liti fiscali, lo schema di decreto sulla riforma del processo tributario prevede che la conciliazione in pendenza di giudizio potrà essere “ricercata” anche in Corte d’appello nel caso in cui il giudizio in primo grado si sia concluso con una sentenza di parziale accoglimento del ricorso. La conciliazione potrà essere raggiunta solo nei procedimenti discussi in sede collegiale e l’accordo per definire in tutto o in parte la controversia dovrà arrivare non oltre «i 10 giorni liberi» prima dell’udienza fissata per la discussione. Questo varrà sia in primo che in secondo grado. E per spingere alla chiusura anticipata delle liti si punterebbe a prevedere in caso di conciliazione tra fisco e contribuenti la riduzione differenziata delle sanzioni amministrative: in primo grado la penalità sarà pari a un terzo delle somme irrogabili in rapporto all’ammontare del tributo che emerge dalla conciliazione e comunque non inferiore a un terzo dei minimi edittali; se l’accordo viene raggiunto in Corte d’appello le sanzioni amministrative saranno pari al 40% delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo che emerge dalla conciliazione.

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