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Newsletter del 07 Luglio 2016

Ravvedimento: la via per fare pace con il fisco

Da istituto destinato a rimediare ai ritardati pagamenti, il ravvedimento operoso è diventata la principale modalità attraverso la quale chiudere, in tutto o in parte, eventuali vertenze con il Fisco.

La legge di Stabilità 2015 (n. 190/2014) ha infatti rivisitato completamente l'articolo 13 del Dlgs 472/1997, intervenendo contestualmente sul Dlgs 218/1997, che è la norma che disciplina l'accertamento con adesione.

Dal 1° gennaio 2016 alcuni istituti contenuti all'interno di quest'ultimo decreto hanno visto la loro scomparsa essendo spirato il periodo transitorio.

Gli istituti deflattivi disciplinati dal Dlgs 218/1997

La legge di Stabilità 2015, ampliando la portata del ravvedimento operoso quale nuova metodologia per definire eventuali contestazioni poste in essere dall'Amministrazione finanziaria, ha abrogato gli altri istituti prevedendo, però, una loro sopravvivenza fino al 31 dicembre 2015.

Il Dlgs 218/1997, nato per normare il cosiddetto “accertamento con adesione”, con il tempo si era arricchito di altri istituti che premiavano il contribuente che avesse definito la propria posizione con il Fisco senza arrivare al ricorso in commissione tributaria, ma addirittura allo stesso accertamento con adesione.

Il comma 1-bis, dell'articolo 5 del menzionato Dlgs 218/1997 prevedeva, infatti, che qualora il contribuente avesse prestato adesione alle risultanze emergenti dall'invito al contraddittorio, mediante apposita comunicazione da presentare al competente ufficio e versando, contestualmente, le somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per il contradditorio stesso, avrebbe beneficiato della riduzione a metà delle sanzioni, già ridotte con riferimento all'accertamento con adesione. L'articolo 5-bis del medesimo Dlgs 218/1997 stabiliva sempre la riduzione a metà delle sanzioni nel caso in cui, invece, il contribuente avesse prestato adesione al verbale di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto.

La legge di Stabilità 2015 ha completamente rivisto le disposizioni che permettono al contribuente di ridurre le sanzioni rafforzando l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del Dlgs 472/1997.

Il ravvedimento operoso fino al 31.12.2014

Prima dell'intervento della legge di Stabilità 2015, ossia fino al 31.12.2014, il ravvedimento operoso si concentrava in tre scadenze. Venivano infatti stabilite le seguenti riduzioni delle sanzioni:

  • a un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso veniva eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;

  • a un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avveniva entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non era prevista una dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore

  • a un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa veniva presentata con un ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa veniva presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.

La norma, però, stabiliva altresì che la sanzione poteva essere ridotta a condizione che la violazione non fosse già stata constatata e comunque non fossero iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, avessero avuto formale conoscenza.

In altre parole, qualsiasi tipo di azione esperita dall'Amministrazione finanziaria era in grado di bloccare l'accesso al ravvedimento operoso, costringendo il contribuente ad adire uno degli istituti deflattivi di cui si è detto in precedenza attendendo, però, il Pvc o l'invito per l'accertamento con adesione.

Proprio con riferimento a tali ultimi due istituti, il contribuente era costretto ad accettare completamente i rilievi posti in essere dall'Amministrazione finanziaria senza sollevare alcuna eccezione.

Il ravvedimento operoso dall’1.1.2015

L'articolo 13 del Dlgs 472/1997 dal 1° gennaio 2015 stabilisce, in sintesi, le seguenti riduzioni delle sanzioni a:

  • un decimo del minimo se la regolarizzazione avviene nel termine di trenta giorni;

  • un nono del minimo se la regolarizzazione avviene entro novanta giorni dalla data dell'omissione o dell'errore;

  • un ottavo del minimo se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, se non c'è dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

  • un settimo del minimo se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, se non c'è dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;

  • un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, se non c'è dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o dall'errore;

  • un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene dopo la constatazione della violazione;

  • un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni.

Il panorama riferito al ravvedimento si è, quindi, ampliato notevolmente anche se la riduzione della sanzione a un settimo, a un sesto e a un quinto può essere applicata solo in presenza di tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate (per esempio: Irpef, Ires, Iva, eccetera).

Non solo: il comma 1-ter dell'articolo 13 del Dlgs 472/1997, introdotto sempre dalla legge di Stabilità 2015, stabilisce che ai fini dell'applicazione delle disposizioni riferite al ravvedimento operoso ai tributi amministrati dall'agenzia delle Entrate, non opera la preclusione che prevede, per gli altri tributi, che il ravvedimento non possa trovare applicazione se la violazione è stata già constatata e comunque se sono già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento “delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza”.

Per i tributi amministrati dall'agenzia delle Entrate, quindi, è possibile accedere all'istituto del ravvedimento operoso anche se la violazione è già stata constatata o se sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Se, però, risultano notificati atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le liquidazioni delle somme dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973, ovvero ai sensi dell'articolo 54-bis del Dpr 633/1972, il contribuente non potrà più utilizzare l'istituto del ravvedimento operoso.

Proprio con riferimento a quest'ultima preclusione, l'agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale rappresentavano, già prima della modifica dell'articolo 13 del Dlgs 472/1997, un ostacolo alla possibilità di avvalersi dell'istituto e che tale preclusione al ravvedimento opera con riferimento “alle irregolarità riscontrabili nell'ambito di questi controlli”.

È stato, dunque, ammesso che il contribuente che riceve la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato e/o di quello formale possa avvalersi del ravvedimento per sanare altre violazioni che non gli siano state contestate con tale procedura.

Tali chiarimenti, come sottolineato dall'Amministrazione finanziaria, trovano applicazione anche con riferimento al nuovo ravvedimento operoso.

Inoltre, l'agenzia delle Entrate ha ritenuto che gli avvisi di recupero di crediti di imposta e gli avvisi di irrogazione di sanzioni, anche se non espressamente menzionate, si debbano ritenere cause ostative del nuovo ravvedimento, per la loro natura di atti autoritativi impositivi che recano una pretesa tributaria.

Con riferimento alle predette preclusioni, esse operano solo in relazione alle violazioni che confluiscono negli avvisi di liquidazione o di accertamento dei quali il contribuente è venuto, quindi, a conoscenza. Ciò significa che per le violazioni diverse da quelle “accertate”, il contribuente può accedere all'istituto del ravvedimento operoso.

Per quanto concerne il momento in cui il contribuente viene a conoscenza degli atti di liquidazione e di accertamento e dai quali scatta la preclusione a porre in essere il ravvedimento operoso, si dovrà considerare la data di notifica degli atti stessi. In presenza, però, di un atto relativo al controllo formale delle dichiarazioni, di cui all'articolo 36-ter del Dpr 600/1973, si ricorda che la notifica è preceduta da un invito al contribuente a esibire i documenti che comprovino la correttezza della dichiarazione.

Assonime con propria circolare n. 15 dell'11 maggio 2015 a tale proposito aveva espresso la propria opinione, secondo la quale sembrava corretto ritenere che “i contribuenti possano fruire del ravvedimento anche successivamente all'invito a esibire documenti e fornire chiarimenti, fino a quando non gli sarà notificato il cosiddetto avviso bonario, contenente gli esiti del controllo formale”.

In occasione di Telefisco 2016, l'agenzia delle Entrate, rispondendo a un quesito posto sul tema, ha dato propria opinione conforme a quella espressa da Assonime. La risposta è poi confluita nella circolare 12/E/2016 attraverso la quale l'Amministrazione finanziaria chiarisce che, per quanto riguarda il controllo formale, “l'accesso al ravvedimento è̀ precluso dal recapito della comunicazione degli esiti del controllo effettuato ai sensi dell'art. 36-ter, recante l'indicazione delle somme dovute dal contribuente, e non dall'eventuale richiesta di documentazione, finalizzata alla verifica dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi”, sottolineando altresì che “le comunicazioni con cui è̀ richiesta la documentazione, inviate al soggetto che ha prestato l'assistenza fiscale (Caf o professionista abilitato) e/o al contribuente, non costituiscono una preclusione all'esercizio del ravvedimento da parte del contribuente, purché lo stesso avvenga prima della ricezione della comunicazione degli esiti del controllo effettuato ai sensi dell'art. 36-ter”.

Le differenze tra “vecchio” e “nuovo” regime

A parte la rimodulazione delle sanzioni, contenuta nell'articolo 13 del Dlgs 472/1997, che contraddistingue il nuovo ravvedimento e di cui si è detto in precedenza, la novità in tema di istituti deflattivi consiste nel fatto che il contribuente può scegliere su che cosa ravvedersi.

In presenza, infatti, di Pvc o di inviti al contradditorio, il contribuente può selezionare i rilievi su cui porre in essere il ravvedimento e quelli per i quali, invece, intende proseguire il proprio contradditorio con il Fisco.

Il vantaggio non è di poco conto: con i precedenti istituti, contenuti nel Dlgs 218/1997 il contribuente, infatti, era costretto ad aderire a tutti i rilievi indistintamente, dovendo talvolta accettare anche posizioni dell'Amministrazione finanziaria che potevano benissimo essere contestate.

Il nuovo istituto del ravvedimento operoso, che vede la correzione degli errori attraverso la presentazione di una dichiarazione correttiva che rimedia agli errori commessi o che recepisce le contestazioni sollevate dagli organi di controllo nei propri atti, è utilizzabile con riferimento a tutti i periodi d'imposta ancora accertabili a prescindere, è utile ricordarlo, da eventuali attività di verifica in corso e fino al momento in cui vi è la formale notifica dell'atto di liquidazione o di accertamento. In quest'ultimo caso, ossia qualora il contribuente si ravveda dopo l'inizio di attività di verifica da parte dell'Amministrazione finanziaria, le sanzioni si riducono a un quinto.

Tale importante novità riguarda, purtuttavia e come già si è detto, i soliti tributi amministrati dalla agenzia delle Entrate.

Per gli altri tributi, la “riforma” ha portato solo a una rimodulazione della riduzione delle sanzioni che ora tiene conto, più opportunamente, del momento in cui viene posto in essere il ravvedimento.

di Michele Brusaterra

 
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