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Newsletter del 15 Settembre 2016

Con la società semplice si entra nel «mondo» Irpef

Un’uscita agevolata dal regime d’impresa, sia ai fini delle imposte dirette che, in linea generale, ai fini Iva: questo rappresenta la trasformazione di una società commerciale (di persone o di capitali) in una società semplice. Diversamente da assegnazione e cessione – non seguiti dallo scioglimento – l’operazione consente di abbandonare definitivamente la “stretta” delle società di comodo, poiché non è solo un bene, ma è l’intero patrimonio sociale ad uscire dalla sfera imprenditoriale, anche se con effetti limitati ai periodi d’imposta post-trasformazione. Si entra, con un costo spesso limitato, nel mondo fiscale dei soggetti Irpef non imprenditori e privi di partita Iva.

Scelta sicuramente radicale ma, in moltissimi casi, molto più aderente al reale utilizzo dei beni. Anche per la trasformazione agevolata, comunque, occorre rispettare alcuni requisiti. In primo luogo possono accedervi solo le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni assegnabili; in ambito agricolo, ad esempio, è necessario che i terreni – alla data della trasformazione - siano concessi in affitto o, comunque, non coltivati direttamente. A tale data, inoltre, devono sussistere solo soci che erano già tali al 30 settembre 2015, anche se la quota di partecipazione, nel frattempo, può essere variata.

Circa l’oggetto della società, dovrebbe rilevare l’attività effettivamente svolta, per cui una società di persone o di capitali che, concretamente, si limita alla mera locazione immobiliare, può trasformarsi in società semplice anche se in statuto è prevista la compravendita o la costruzione/ristrutturazione immobiliare, come di frequente accade perché i soci non hanno voluto vincolarsi a non esercitare attività che, in futuro, avrebbero potuto intraprendere. Il tema è stato recentemente affrontato da due studi del Consiglio nazionale del Notariato (numero 69-2016/T e 73-2016/I), che superano posizioni più rigide assunte in passato da parte della dottrina. Ovviamente, all’atto della trasformazione tali attività vanno espunte dall’oggetto sociale, in quanto non attuabili nelle vesti di società semplice. Si ritiene che il codice attività (Ateco), posseduto ai fini Iva, non possa essere considerato dirimente anche se, quando correttamente attribuito, è sicuramente un indizio sull’attività svolta in prevalenza (ma non per forza esclusivamente) dalla società.

Va posta attenzione al fatto che gli effetti fiscali dell’operazione si allontanano da quelli della “ordinaria” trasformazione tra società commerciali, per avvicinarsi a quelli della trasformazione eterogenea (articolo 171 Tuir). Ciò significa che: i beni diversi da quelli agevolati vanno considerati come destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, con conseguente emersione di plus/minusvalenze rilevanti; le riserve in sospensione d’imposta sono per l’intero ammontare assoggettate a tassazione sostitutiva del 13% (si ritiene senza alcuna imposizione aggiuntiva sui soci); le riserve di utili delle società di capitali si intendono distribuite nel periodo di imposta successivo alla trasformazione; la base imponibile dell’imposta sostitutiva (sia quella dell’8%-10,5% che quella del 13%) accresce, proporzionalmente, il costo fiscalmente riconosciuto delle quote possedute dai soci, rendendo più leggero un eventuale capital gain in caso di successiva cessione delle quote.

Poiché la trasformazione non interrompe il quinquennio di possesso, la successiva cessione dell’immobile da parte della società semplice – fattispecie produttiva di reddito diverso e non più di reddito d’impresa – genererà, nella grande maggioranza dei casi, un plusvalore non imponibile per la società, che dovrebbe mantenere tale qualificazione anche ove ripartito tra soci, pure in sede di liquidazione (interpello Dre Lombardia 904/91/2013). Un vantaggio da non sottovalutare.

Da ricordare anche che la chiusura della partita Iva - che, secondo l’Agenzia, è naturalmente connaturata alla trasformazione - comportando la destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio d’impresa, realizza il presupposto oggettivo Iva (qualora detratta all’atto dell’acquisto), con applicazione di regole simili a quelle delineate per l’assegnazione di beni ai soci. L’imposta di registro e quelle ipocatastali sono fisse (200 euro ciascuna).

Con riferimento ai fabbricati strumentali locati, occorre ricordarsi, entro 30 giorni dalla trasformazione, di modificare il contratto con il modello “69” e versare il conguaglio dell’1% (dall’1% al 2%), con modello F23, fino alla fine della annualità in corso.

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