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Newsletter del 22 Novembre 2016

Società estinte, subentro non automatico

Le modifiche alla normativa sulle società estinte introdotte dal 2015, non possono avere portata retroattiva poiché introducono nuove regole sulle prove, la cui produzione potrebbe comportare l’accoglimento ovvero il rigetto del giudizio. È questo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto che continua così a confermare la nullità degli atti emessi in violazione della pregressa disciplina.

La norma ante modifiche

L’articolo 2945 del Codice civile dà valenza costitutiva all’estinzione della società: l’ente perde la propria personalità giuridica e i diritti e doveri a prescindere dall’esistenza di eventuali rapporti di debito-credito. La conseguenza di questo evento determina il subentro dei soci nei rapporti debitori e creditori nella misura prevista nel precedente rapporto. Tuttavia, affinché ciò possa avvenire, è necessario notificare gli atti ai soci, e non alla società estinta o al legale rappresentante. Legittimati a impugnare l’atto sono cosi solamente i soci, i quali devono dimostrare di non aver ricevuto beni o denaro nella fase di riparto dell’attivo nel caso di società di capitali, e durante la vita dell’ente nel caso di società di persone. Le Sezioni unite con le sentenze 4060, 4061, 4062 del 2010 avevano chiarito che l’estinzione della società è prevista sia per le società di persone sia per le società di capitali; dall’estinzione derivava il subentro nei rapporti di debito credito dei soci. Con la sentenza 6070/2013 i giudici di legittimità specificavano che la responsabilità è nella misura prevista nel precedente rapporto societario. Ne consegue che per le società di capitali il limite è pari al totale di quanto incassato dai soci dal riparto dell’attivo di liquidazione (articolo 2495 del Codice civile) mentre per le società di persone i soci ne rispondono illimitatamente con il proprio patrimonio.

Le modifiche

Il Dlgs 175/2014, modificando la norma, ha previsto che ai soli fini fiscali e contributivi i soci debbano rispondere, entro i cinque anni dall’estinzione della società, dei relativi debiti. L’agenzia delle Entrate, in due documenti di prassi (circolare 31/2014 e 6/2015), ha ritenuto retroattiva la nuova previsione e quindi applicabile per tutti casi di estinzione di enti anche se avvenuti prima dell’entrata in vigore della norma. Più in particolare, secondo tale interpretazione, si tratterebbe di norma procedurale, che trova applicazione anche per «attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto».

La giurisprudenza

La Corte di Cassazione, con un orientamento ormai costante,ha ritenuto che il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione è previsto solamente nei casi in cui la richiesta di cancellazione è presentata dall’entrata in vigore del Dlgs 175/2014, ossia dal 13 dicembre 2014. A ciò consegue che in vigenza delle pregressa disciplina, la cancellazione dal registro delle imprese della società, prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e di conseguenza l’illegittimità a rappresentarla da parte dell’ex liquidatore. L’estinzione, tuttavia, non determina anche l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio, per il quale è necessario avanzare la pretesa ai diretti responsabili. Va infine segnalato che con la pronuncia 19142/2016 la Suprema Corte, tra le righe, ha affermato che la perdita della capacità giuridica prevista dalla norma (ante modifiche) riguardi non solo le società, ma anche le associazioni non riconosciute. In un passaggio, infatti, afferma testualmente che l’efficacia estintiva vale “a diverse tipologie di enti collettivi . Il chiarimento è importante poiché sino ad ora non esistevano precedenti in tal senso.

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