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Newsletter del 17 Febbraio 2017

L’azienda deve calcolare anche il rischio-negligenza

L’onere di provare di aver adempiuto l’obbligo di sicurezza in materia di lavoro (compreso quello formativo e quello informativo), ossia dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie a impedire l’evento dannoso e di aver vigilato circa l’effettivo uso delle misure di sicurezza, grava sull’imprenditore e non sul dipendente.

È questo uno dei principi enunciati dalla Cassazione con la sentenza 798/2017 relativa a un ricorso contro il decreto con cui il giudice delegato al fallimento ha rifiutato il credito vantato da un dipendente a seguito di un infortunio sul lavoro.

L’evento si è verificato nel corso dell’attività di saldatura che il ricorrente ha svolto alle dipendenze di una ditta esecutrice di un appalto, anche con l’utilizzo di un carro ponte per conto e all’interno dell’impresa committente.

La difesa di quest’ultima impresa si è sostanziata soprattutto sul cosiddetto rischio elettivo da parte dell’infortunato, chiaramente respinto dalla Suprema corte, in quanto tale rischio si sarebbe verificato soltanto se il lavoratore avesse posto in essere un comportamento abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alla normale modalità del lavoro da svolgere, ovvero qualora vi sia stata, da parte del lavoratore, una violazione di precise disposizioni antinfortunistiche o di specifici ordini.

Del resto, non essendo né imprevedibili, né anomale le eventuali imprudenze, negligenze o imperizie dei prestatori di lavoro nell’espletare le mansioni loro assegnate, esse non sono idonee a escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto ad adottare tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle concrete condizioni di svolgimento del lavoro. In assenza di un comportamento abnorme da parte del lavoratore, l’eventuale suo coefficiente colposo nel determinare l’infortunio è da considerarsi anche irrilevante sia sotto il profilo causale sia sotto quello dell’entità del risarcimento dovuto.

Né può sottacersi il principio cui perviene la Corte allorché stabilisce che, in base all’articolo 2087 del codice civile e dell’articolo 7 del Dlgs 626/1994 (trasfuso nell’articolo 26 del Dlgs 81/2008), il committente, nella cui disponibilità permanga l’ambiente di lavoro, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata.

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