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Newsletter del 16 Giugno 2017

Depositi Iva, pagamento diretto

L’estrazione dei beni da un deposito Iva per l’utilizzo e la commercializzazione in Italia di beni nazionali non ammette per il gestore né la compensazione orizzontale né quella verticale dell’imposta, ma richiede sempre il pagamento diretto; al contrario, la stessa commercializzazione di beni introdotti a seguito di acquisti intracomunitari o immessi in libera pratica da Paese terzo è sempre soggetto ad autofattura.

Questi sono i due più rilevanti chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione 55/E che, per la prima volta, affronta il tema della nuova disciplina dei depositi Iva, disciplina entrata in vigore il 1 aprile scorso.

L’interpello, partendo da una fattispecie, ha il pregio di ripercorrere la disciplina rispondendo a quattro precisi quesiti. Il primo quesito che consideriamo pone il tema (ampiamente discusso anche su queste pagine) relativo alle modalità di estrazione del bene introdotto nel deposito Iva a seguito di acquisto intracomunitario ovvero di immissione in libera pratica da Paese terzo, nel caso in cui chi estrae è diverso da chi lo ha introdotto. Il problema che si poneva è di comprendere se questi beni dovessero essere estratti sempre con autofattura anche nel caso in cui fossero stati oggetto nel deposito di successive cessioni ovvero se in questo ultimo caso la loro estrazione era soggetta all’obbligo del versamento dell’imposta.

L’Agenzia risponde che, a prescindere dall’esistenza o meno di cessioni all’interno del deposito, i suddetti beni (introdotti, come detto, o a seguito di acquisti intracomunitari o di immissione in libera pratica) debbono essere sempre estratti con la modalità dell’autofattura. Questa risposta trova una sua indiretta giustificazione nel fatto che la specifica ipotesi è disciplinata, ai fini della prestazione di garanzia, per l’estrazione di beni immessi in libera pratica da Paese terzo dal decreto 37/2017.

Sul piano operativo, la posizione assunta dall’Agenzia impone la tracciabilità puntuale dei suddetti beni dal momento della loro introduzione fino al momento della loro estrazione. È infatti, determinante questa tracciabilità per definire che l’estrazione dello specifico bene deve avvenire con autofattura. La soluzione che è sicuramente favorevole al soggetto che estrae che in molti casi può evitare di versare l’imposta, impone al gestore del deposito un’ulteriore compito. A dire il vero, in precedenza questo compito già esisteva per i beni immessi in libera pratica da Paese terzo, ma ora viene esteso anche agli acquisti intracomunitari.

Nel caso prospettato nell’interpello la questione è resa ancora più complicata dal fatto che siamo all’interno di un deposito di produzione e quindi il bene che viene estratto è il risultato di una lavorazione e quindi è diverso da quello che è stato introdotto. In questo caso l’Agenzia accetta che l’estrazione, se il prodotto della lavorazione è composto da materie prime introdotte in modo non omogeneo da Paese terzo e dal territorio nazionale, avvenga in modo percentuale sulla base di un sistema di tracciabilità basato su un principio Fifo (vale a dire sulla base delle schede di lavorazione seguendo il criterio che il primo entrato è il primo uscito).

Un altro tema affrontato nell’interpello riguarda le modalità di assolvimento dell’imposta nel caso in cui un bene nazionale introdotto nel deposito Iva a seguito di cessione venga estratto con utilizzazione e commercializzazione in Italia. Qui il problema che si poneva era di comprendere se il depositario al momento dell’estrazione, considerato che l’articolo 50-bis, comma 6, del Dl 331/93 prevedeva un divieto di compensazione orizzontale, potesse utilizzare con compensazione verticale (imposta da imposta) il credito proprio del soggetto che estrae. La risposta dell’Agenzia è negativa, in quanto la volontà esplicita del legislatore è di imporre quale unica forma di assolvimento dell’imposta il versamento diretto non ammettendo in modo implicito neppure la compensazione verticale (ovvero imposta da imposta). Ad ulteriore giustificazione di tale impossibilità l’Agenzia aggiunge che il gestore se potesse effettuare la suddetta compensazione verticale diventerebbe solidalmente responsabile non solo del versamento, ma anche della correttezza della compensazione effettuata dal soggetto terzo estrattore. Questa giustificazione sembra ammettere implicitamente che tale compensazione sarebbe possibile nel caso in cui il depositario agisca in conto proprio. In questo caso infatti l’assolvimento dell’imposta avverrebbe direttamente a proprio favore e quindi potrebbe essere liquidato direttamente nella propria contabilità.

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