Il rilancio dell'economia. Punti centrali saranno la formazione e la riqualificazione del personale
Veneto, patto da 2,5 miliardi
Marco Alfieri
MILANO
Non è la soluzione della crisi, certo: ma un buon viatico per garantire sostegno al reddito dei lavoratori, facendo sistema, sicuramente.
Si tratta dell'accordo siglato l'altro giorno tra Regione Veneto e parti sociali per anticipare e spendere subito la quota che spetta al Veneto, pari a 2,5 miliardi di euro 2008-2013, di fondi sociali europei e Fas. L'Ue, vista la crisi in corso, permette agli stati membri di anticiparli sul sostegno all'economia invece che spenderli "splittati" sui prossimi sei anni. Ma devono essere le regioni ad attivare la richiesta. Il Veneto lo ha fatto, appunto, d'intesa coi sindacati. I quali, ammette Franca Porto, segretario regionale della Cisl, si dicono «molto soddisfatti della condivisione che, per la prima volta, sta attuando la giunta Galan». In particolare, il protocollo impegna la Regione a concertare col sindacato un patto per lo sviluppo che dia valore al lavoro, alle imprese e all'innovazione. Sugli ammortizzatori sociali, Venezia s'impegna ad attivarsi nei confronti del ministero del Lavoro per ottenere l'estensione garantita a tutte le tipologie di lavoratori. Tramite gli enti bilaterali del Veneto saranno poi potenziate le risorse destinate al sostegno dei redditi. E sempre al ministero sarà richiesto di assegnare risorse per gli ammortizzatori proporzionate al peso delle attività economiche venete.
Su formazione/riqualificazione, invece, una parte delle risorse dei fondi per la formazione verranno orientati per i corsi di riqualificazione dei lavoratori in mobilità e sul re-impiego in chiave di workfare, più che di vecchio welfare. Insomma un accordo che incrocia, paradossalmente, un positivo pragmatismo dei sindacati locali. Sarà che vivono in contesti a capitalismo diffuso dove il lavorare e il produrre è un tutt'uno e se non sei flessibile diventi residuale: ma in queste settimane in Veneto è più facile trovare sindacalisti relativamente ottimisti che imprenditori. Spiega sempre Franca Porto «che per ora stiamo vivendo la somma di due passaggi: da un lato l'incapacità, esplosa nel 2000, di far crescere la produttività unitaria perché in fondo restiamo i cinesi d'Europa. Dall'altro siamo andati così bene nell'ultimo triennio, qui in Veneto, che adesso è arrivato un rallentamento, almeno in parte fisiologico».
«Certo è esplosa la Cig, i dati sono preoccupanti. Ma non ci sono ancora elementi tali da farci dire che stiamo entrando in una situazione catastrofica», ragiona Bruno Anastasia, direttore di Veneto Lavoro. «Non c'è dubbio che siamo davanti ad una crisi strutturale. Ma sull'estensione e la profondità non ci sono ancora evidenze, bisogna aspettare il primo trimestre 2009». Prendiamo i licenziamenti. Veneto Lavoro sta aggiornando gli ultimi dati. La stima è che nel 2008 ce ne sono stati circa 20mila. È un numero importante, ma nel 2007 ce ne sono stati comunque 13mila. Non si partiva da zero.
«Mentre mi sembra che, mediaticamente, ci sia quasi la necessità ad evocarla, la crisi, più che monitorarla», conclude Anastasia. «Attenzione a fare terrorismo psicologico, perché le aspettative sono parte delle dinamiche economiche».
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