Finanza & controlli. Ripartono i tentativi di creare un'authority che superi le limitate competenze nazionali
Da mesi intorno al tema dei controlli nella finanza continuano a concentrarsi le migliori capacità tecniche, politiche e diplomatiche. E tuttavia l'esito favorevole del dibattito non è ancora assicurato. Dopo l'audizione a Strasburgo di Mario Draghi, presidente del Financial stability forum, l'Europarlamento tornerà a occuparsi del tema da questa settimana.
Il progetto di supervisione della Ue è stato tenuto a battesimo dal consiglio dei capi di Stato e di Governo del 18-19 giugno 2009, in sintonia con quanto fatto poco prima dagli Usa. L'ipotesi di struttura, battezzata European Systemic Risk Board (Esrb), è stata poi meglio definita a dicembre dal Consiglio dei ministri. Ed è appunto questa che ora è materia di discussione. La nuova "Supervigilanza" si basa su una "entità di prevenzione dei rischi sistemici" posta sotto l'egida della Bce. A questa si aggiungono tre organismi settoriali per controllare banche (nella Ue sono circa 8mila), mercati finanziari e assicurazioni. Il progetto è nato tra molte opposizioni, principalmente della Gran Bretagna. Londra era contraria perché avrebbe preferito restare all'interno di una sfera di competenza nazionale, soprattutto per i salvataggi bancari. Inoltre, alcuni esponenti britannici hanno avanzato perplessità sull'opportunità di attribuire, con un automatismo, la guida dell'organismo principale alla presidenza Bce.
Confronto Usa-Europa
La prima domanda a cui rispondere riguarda il confronto tra le nuove Supervigilanze di Stati Uniti ed Europa. C'è qualche tratto comune? In fondo i due modelli hanno visto la luce nello stesso contesto, sulla spinta delle medesime preoccupazioni, all'indomani di una crisi sistemica che ha messo crudelmente in luce le insufficienze dei controlli. E in effetti un tratto comune c'è, ma non quello che ci si potrebbe aspettare. Riguarda l'approccio, l'impostazione. Si può riassumere in due parole: "light touch". Il nuovo sceriffo ha il tocco leggero.
Si tratta di un elemento inatteso perché per mesi sulle due sponde dell'Atlantico si è invocata la necessità di regole forti. Conclusa la fase più dura dell'emergenza, evidentemente qualcosa è cambiato: "passata la festa, gabbato lo Santo". Risolto il problema della sopravvivenza, tornano a moltiplicarsi gli inviti a non manomettere i meccanismi del libero mercato. La crisi dei subprime è stata però troppo grave perché si possa tornare, senza soluzione di continuità, a un "mercatismo" puro. Di conseguenza è diffusa tra capi di Stato, economisti e imprenditori la convinzione che occorra trovare un assetto per la finanza che assicuri uno sviluppo sostenibile sul lungo periodo e riesca a contemperare la logica del puro profitto con istanze di tipo solidaristico e sociale.
È anche a causa di questo sentire diffuso che il tocco leggero e l'assetto conseguente della nuova Supervigilanza raccolgono molte critiche. In un articolo scritto tempo fa per il Financial Times, Lorenzo Bini Smaghi (membro del Consiglio direttivo della Bce) ha pronunciato giudizi significativi: «I leader europei hanno deciso di non decidere sulla riforma delle Autorità di Vigilanza. In questo modo, nella pratica, le istituzioni e i mercati finanziari nazionali competono tra loro. Mentre quello che serve è un set di regole comuni e un quadro chiaro per risolvere le controversie tra Autorità nazionali, soprattutto per i gruppi transfrontalieri».
Si noti, per inciso, che quello delle regole universali e condivise per la finanza non rappresenta un passaggio indolore ma, al contrario, un mutamento epocale. Per trader e speculatori sono sempre esistite due sole regole. La prima: guadagnare a ogni costo. La seconda: ricordarsi della prima regola. Accettare dunque un quadro di norme vincolanti, per di più con un'impostazione che considera anche l'aspetto etico, è una rivoluzione culturale.
La contrarietà britannica
Esaminando la nuova Supervigilanza della Ue da un punto di vista tecnico, al centro delle obiezioni c'è la soluzione individuata per superare la contrarietà della Gran Bretagna. Il compromesso ha comportato un ridimensionamento del ruolo della Bce, in particolare la rinuncia al potere europeo d'intervento sulle Banche nazionali e alla supervisione esclusiva sulle grandi aziende di credito transfrontaliere. Inoltre – e si tratta di un punto importante – il nuovo sistema europeo di supervisione non estenderà il suo raggio d'azione sulle società specializzate nei titoli derivati. È una limitazione pesante, perché proprio nei derivati si nascondono rischi che neppure gli operatori sono in grado di misurare con precisione. Ciò contribuisce in modo sostanziale alla volatilità dei mercati. Lo sanno bene anche i governanti dell'Europa e tuttavia sull'esclusione dei derivati dalle competenze del nuovo sceriffo hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Sul punto l'opposizione della Gran Bretagna è stata inflessibile e lo si comprende bene dal momento che Londra è la capitale europea di tali prodotti.
Il Rapporto de Larosiére
Il modello organizzativo della nuova Supervigilanza è stato definito dal "Rapporto de Larosiére", nel febbraio 2009. Il dibattito del Consiglio europeo ha mantenuto i lineamenti principali. Il "Comitato per il rischio sistemico" (Esrb) ha il potere di fare "raccomandazioni", ma non quello di applicare direttamente i provvedimenti. L'ipotesi de Larosière è stata poi depotenziata in alcuni aspetti di rilievo per ottenere consenso. Il primo riguarda l'ambito decisionale. L'intervento del nuovo organismo non dovrà interferire con le responsabilità di bilancio degli Stati membri. Un esempio: la nuova Supervigilanza non potrà imporre la ricapitalizzazione di una banca in difficoltà facendo ricorso a risorse pubbliche nazionali. Un secondo aspetto riguarda la "governance". Il presidente dell'Ersb sarà eletto dal Consiglio generale della Banca centrale europea e non andrà, con un automatismo, al presidente della Bce. Solo le prossime settimane diranno se ciò basterà a superare residue disparità di vedute e "scalini normativi".
Resta comunque aperto il problema dei rapporti tra la nuova Supervigilanza Usa, quella della Ue, Banche centrali nazionali, Fondo monetario internazionale e Financial Stability Board. La "scena del crimine" è molto affollata. Al punto che viene alla mente il vecchio detto di Vittorio Emanuele III: «In casa Savoia si comanda uno alla volta». Nella vigilanza sono troppi a volerlo fare.
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IL VERTICE DEI MINISTRI FINANZIARI DEL G-7
In Canada si discute di riforme
Il 5 e 6 febbraio i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche centrali dei paesi del G-7 s'incontreranno a Iqalit – capitale del territorio Nunavut, reso autonomo dal Canada nel 1999 per riparare in parte alla colonizzazione commessa ai danni degli Inuit (Esquimesi) – per preparare il vertice estivo del G-7 che quest'anno si svolgerà in Ontario. Al centro dei colloqui (largamente informali: non vi sarà un comunicato ufficiale finale), ai quali parteciperà anche il capo del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, figurano i vari progetti di riforma del sistema finanziario internazionale. Accanto alle più delicate questioni – la tenuta del dollaro, le pressioni sulla Cina affinchè rivaluti lo yuan e le analisi sui livelli globali di capitalizzazione –, che saranno riprese al vertice del G-20 che si terrà in novembre in Corea del Sud, uno dei temi cruciali in discussione sarà la regolazione dei mercati finanziari e dei relativi strumenti di controllo e sorveglianza, per evitare il ripetersi di crisi gravi come quella da cui il mondo sta uscendo a fatica.
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