DI ANTONIO LARIZZA
E GUIDO ROMEO
Tra di loro si chiamano «ibridi». Passano molto tempo nelle aule dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Ufficialmente sono 164, ma i simpatizzanti del gruppo, sparsi per la rete, sono molti di più. Sei mesi fa hanno aperto un blog – http://ibridamenti.splinder.com – che fino a oggi conta 131mila contatti e più di 14mila commenti. Il loro obiettivo: fare ricerca. Per sviluppare, attraverso la rete, un metodo scientifico per analizzare i diari online.
L'entusiasmo ha generato una discussione collettiva. La discussione collettiva ha prodotto contenuti con valore scientifico. I contenuti con valore scientifico sono diventati un libro, che è stato presentato sabato scorso e che sarà il primo di una serie.
«Quando abbiamo pensato l'iniziativa non avremmo mai immaginato una discussione di questa qualità – spiega Maria Maddalena Mapelli, ricercatrice della Ca' Foscari che ha seguito il progetto e curato il volume insieme a Roberto Lo Jacono –. Oggi facciamo ricerca in rete – continua Mapelli – raggiungendo alti livelli di creatività e produttività, proprio attraverso il blogging».
«Ibrid@menti – spiega il prorettore della Ca' Foscari Umberto Margiotta nella premessa del volume – è l'esempio di come si possano ricostruire comunità allargate di produttori di conoscenza e esperienza». Produttori di conoscenze e esperienze «ibride», come i loro autori: che passano dai testi alla rete, dal dialogo al blog, dallo studio al confronto diretto.
Il libro Nuovi modelli di ricerca universitaria: pratiche collaborative in rete (Mimesis 2008) è il frutto di un pensiero collettivo: 25 co-autori tra scrittori, psicologi, antropologi, sociologi, formatori, semiologi e blogger hanno commentato i contenuti raccolti in rete. Un testo 2.0, che non si limita a rielaborare contenuti esistenti, ma utilizza il materiale prodotto online per fare attività di ricerca e didattica.
L'esperimento condotto a Venezia, seppur unico nel suo genere, si inserisce in un filone di esperienze accomunate dall'utilizzo della rete per nuove forme di didattica collettiva. «La tecnologia del web 2.0 trasforma la classe in una comunità – osserva Roberto Maragliano, responsabile del laboratorio di tecnologie dell'istruzione al l'Università Roma Tre – ma pone anche nuove sfide nel trovare senso a ciò che si fa». Il laboratorio romano ha appena coordinato un seminario di letture sullo scrittore statunitense Daniel Stern, che ha visto gli studenti di scienze della formazione incontrarsi fisicamente solo il primo giorno in aula per poi proseguire il lavoro on line grazia alla piattaforma sviluppata su Moodle, uno dei software open-source più popolari nel settore educativo. Il corso si sviluppa in un ambiente collaborativo, accessibile agli iscritti, nel quale gli studenti commentano il testo, per poi venire messo in ambiente pubblico per le verifiche.
«Contrariamente a quanto spesso si crede, l'uso di queste tecnologie dà molto spazio all'individuo, perché permette il collegamento e la condivisione di esperienze impossibili con l'insegnamento in presenza, dove prevalgono inevitabilmente logiche gerarchica e passive» spiega Maragliano, che ha recentemente lanciato "Parlare le immagini", un esercizio di commento collaborativo su immagini al quale hanno partecipato 100 iscritti, per 2/3 esterni all'Università. Le sperimentazioni del Web 2.0 nell'educational sembrano avere carattere piuttosto locale, ma fioriscono in tutto il mondo sia sul fronte accademico che commerciale. Alla fine del 2007, xTrain, già leader nel settore dei prodotti per la formazione online in fotografia, design e diversi settori artistici, ha lanciato una nuova piattaforma virtuale che combina video come quelli di Adobe Tv e social network. Sempre negli Usa, l'editore Glencoe-McGraw-Hill si è alleato con Hotmath, uno dei più vasti network virtuale di supporto alla formazione in matematica – vero scoglio per moltissimi studenti – offrendo un tutoring online gratuito per i ragazzi dalle medie al liceo che acquistano i suoi prodotti. Il Mit di Boston, che sei anni fa lanciò il suo Open courseware che oggi conta più di 40 milioni di visite, per il 60% provenienti dall'estero, ha appena lanciato un programma dedicato alle scuole superiori, molte delle quali, alle prese con strette di budget, hanno tagliato nei programmi di eccellenza. «La rete appiattisce la classe e permette di deaccademizzare saperi che resterebbero chiusi – sottolinea Marigliano – ma bisogna accettarla per quello che è: un luogo di apertura e creatività, ma in parte anche di confusione».Creativa.
antoniolarizza.nova100.ilsole24ore.com
guidoromeo.nova100.ilsole24ore.com
http://ibridamenti.splinder.com
www.xtrain.com
www.thinktag.org
Iperlibro
Il libro Nuovi modelli di ricerca universitaria: pratiche collaborative in rete (Mimesis 2008) è nato dal progetto Ibrid@menti: blog didattico lanciato dall'Università Ca' Foscari di Venezia in collaborazione con Splinder.