DI MICHELE FABBRI
Comandare il computer con l'attività elettrica del cervello. Sviluppare l'interazione fra cervello e pc per attivare dispositivi che possono ridare mobilità agli arti o eseguire compiti altrimenti impossibili. È la tecnologia Bci (Brain-Computer Interface), che utilizza i segnali Eeg (quelli rilevati dal l'elettroencefalogramma con elettrodi posizionati sul capo e che da tempo sono utilizzati nella diagnosi neurologica). Sugli sviluppi di questa tecnologia si basa Tobi (Tools for brain-computer interaction), presentato a Handimatica 2008, la mostra-convegno che si svolge a Bologna con cadenza biennale. «Sembra futuro ma non lo è – ha spiegato a Nòva Febo Cincotti della Fondazione Santa Lucia di Roma – in quanto Tobi è un'evoluzione di ciò che è già stato sviluppato nella ricerca pura. La novità consiste nell'"uscire dal laboratorio", nel passare dalla fase di ricerca a quello dell'effettiva usabilità e accessibilità per chi utilizza questi dispositivi».
I potenziali utilizzatori sono persone che hanno una limitatissima capacità residua di interagire con l'ambiente avendo perduto ogni capacità motoria; finora la ricerca si è focalizzata sullo studio dell'attività elettrica del cervello, mentre poca attenzione è stata dedicata alle possibilità di realizzare meccanismi di interazione. Proprio da questo spostamento del "punto di vista" – che assume come centrale il ruolo dei bisogni della persona rispetto a quello di un'astratta conoscenza scientifica – si deve partire per capire la complessa struttura del progetto, i suoi obiettivi e le sue possibilità di successo.
Il lavoro, iniziato a novembre con un budget di 12 milioni di euro e la cui conclusione è prevista nel 2012, vede la collaborazione dei cinque migliori gruppi di Bci a livello mondiale, coordinati dall'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna. Accanto ai laboratori di punta ci sono anche l'Università di Tubinga che si occupa dei problemi etici e la Fondazione Santa Lucia, ospedale socializzato nella riabilitazione neuromotoria, che cura in particolare l'aspetto traslazionale. Il processo di traslazione consiste nel colmare il divario fra le tecnologie avanzate sviluppate come prototipi di laboratorio e l'attività clinica quotidiana. «In questo caso – afferma Cincotti – il problema è particolarmente complesso in quanto nella ricerca di laboratorio i soggetti solitamente utilizzati per studiare l'attività elettrica cerebrale sono persone sane e non ci sono "rumori", elementi di disturbo esterni». In questa situazione è relativamente semplice applicare gli elettrodi al cuoio capelluto dei soggetti, studiare le onde elttroencefalografiche registrate in relazione a precise situazioni di attività o di riposo e chiedere di eseguire operazioni volontarie di controllo. Tutto cambia quando i soggetti sono persone che, a causa di patologie neurodegenerative o traumatiche, hanno perduto del tutto il controllo volontario dei muscoli e con esso la capacità di comunicare: si tratta di generare una nuova via di comunicazione direttamente dal cervello a un dispositivo di uscita senza dipendenza dai nervi periferici e dai muscoli in persone che devono vivere in contesti reali. Per avere un'idea della complessità del problema basti pensare che il posizionamento degli elettrodi sul capo non può certamente avvenire come durante un normale elettroencefalogramma (con i capelli sempre impiastricciati di gel per consentire la conduzione del segnale) e che fra gli obiettivi previsti nel lungo periodo vi è quello di "comandare" una carrozzina a rotelle.
A questo aspetto traslazionale è dedicato il Laboratorium: una struttura di ricerca applicata in cui sono sviluppate in maniera interdisciplinare le competenze di tipo medico-riabilitativo e bioingegneristico-informatico e al cui centro c'è l'utente diversamente abile. In tutte le fasi del progetto, dalla definizione alla sperimentazione fino alla valutazione finale, è prevista la diretta presenza degli utenti, che in questo modello rappresentano una componente fondamentale nella costruzione della conoscenza e non elementi passivi di ricerca. In una prima fase verrà allestito un spazio-laboratorio che riproduce le comuni attività quotidiane e in cui verranno misurate le performance degli utenti disabili prima, durante e dopo le sperimentazioni con Tobi, e in secondo momento la verifica sarà svolta con altri utenti al di fuori del laboratorio. Fondamentale per tutta questa parte è la presenza fra i partner scientifici del progetto dell'onlus Aias (Associazione italiana assistenza spastici) Bologna.
Dal punto di vista applicativo sono previste quattro aree. L'area di comunicazione e controllo sarà sviluppata per fornire accesso a strumenti come la tastiera virtuale, internet, e mail, sms e controllo ambientale. Per le funzioni motorie l'obiettivo è lo sviluppo di neuro-protesi per attività come la presa e il raggiungimento di un oggetto e come il comando di un robot. L'area dell'intrattenimento è pensata per sviluppare una parte ludica (dal l'ascolto di musica e proiezione di foto alle applicazioni sociali come Skype e Facebook) e una parte di apprendimento: con semplici passatempi controllati con Bci (come il vecchio ping pong da monitor giocato singolarmente o in coppia) è possibile addestrarsi divertendosi al controllo del sistema. Nell'area del recupero motorio si punta, per pazienti colpiti da ictus, a una specifica strategia riabilitativa in base alla quale l'immaginazione del movimento facilita, insieme alla mobilizzazione passiva, una riattivazione delle connessioni sensomotorie.
L'interfaccia cervello-pc
1. Lo sforzo della volontà. La persona immagina dei movimenti o presta attenzione a una lettera/icona: così esprime intenzioni e volontà
2. Scariche elettriche. In seguito all'intenzione psicologica si determinano mutamenti specifici delle attività del cervello, per esempio di segnali elettroencefalografici
3. L'interpretazione del segnale. Alcune caratteristiche stabili e riproducibili arrivano a un classificatore (ad esempio una rete neurale)
4. L'azione associata. Ogni classificazione viene associata a un'azione esterna (ad esempio l'accensione di luci o la selezione di una icona o lettera in una tastiera virtuale ) e si mette in moto una strategia di feedback