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– di Pierangelo Soldavini
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Ben ritrovati su Fintech+, la newsletter che ogni settimana vi informa su quello che c’è da sapere dal
mondo dell’innovazione all’incrocio tra finanza e tecnologia, che sta rivoluzionando il mondo dei servizi
finanziari. E che riguarda tutte le aziende. Buona lettura
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challenging bank / strategie
Le neobank rilanciano la sfida alle banche tradizionali puntando sulla crescita internazionale
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Le neobank o le challenging bank che dir si voglia hanno guidato la trasformazione del mondo dei servizi finanziari, con
una spinta innegabile nel senso di una trasformazione digitale che fosse centrata sull’utente, sulle sue esigenze
e sulle sue abitudini. È merito anche loro se oggi tutti, sia singoli che aziende, hanno a disposizione una
molteplicità di opzioni di pagamento, bonifici semplici, app per risparmio e investimenti, lending rapido.
Per di più il tutto in mobilità, con efficienza inattesa e con costi ridotti.
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Sotto la spinta dell’innovazione le banche tradizionali hanno infatti dovuto adeguarsi alla concorrenza inevitabile
costituita dall’offerta di servizi più flessibili e semplici, con interfacce intuitive con cui ormai gli utenti
sono abituati a interagire, che rischia di erodere sempre più la loro base clienti. Tanto più che la fascia
più giovane dei consumatori è propensa a nuovi stili di servizi finanziari.
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Le stesse neobank non possono comunque permettersi di sedersi sugli allori, continuando a rilanciare nella logica di efficienza
e semplificazione che ne hanno decretato il successo, dal momento che anche il comparto tradizionale si sta adeguando
e risponde, anche facendo ricorso all’open banking per adottare soluzioni adeguate.
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La sfida è senz’altro uno dei temi che sta dominando la scena fintech quest’anno, segnalando una decisa
maturazione da parte dei player più innovativi, che da una parte, dopo l’entusiasmo eccessivo del periodo
pandemico, hanno riportato la barra sui conti e sulla redditività, con diversi soggetti che hanno evidenziato
i primi conti in nero tra il 2023 e il 2024.
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Il founder e Ceo di Nubank, David Vélez
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La sostenibilità della crescita è andata di pari passo con un’espansione progressiva dei servizi forniti.
Pur senza fare il passo più lungo della gamba le neobank stanno ampliando il loro raggio d’azione con bouquet di
offerte che vanno sempre più ad assomigliare a quelle delle banche tradizionali.
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Spesso partite da un singolo prodotto, tipicamente una carta di debito con costi chiari e contenuti, hanno progressivamente
aggiunto servizi bancari tipici, dai conti correnti ai pagamenti, dal lending agli investimenti. Peraltro,
bisogna registrare anche l’aumento della concorrenza anche da parte di fintech specializzate, per esempio nel “buy
now pay later”, che sanno aggiungendo da parte loro servizi più tradizionali. D’altra parte questo
è il modello con cui si sono sviluppate le applicazioni orientali, da WeChat ad AliPay, che fanno da apripista
a un mondo nuovo di servizi finanziari.
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Se le app cinesi stanno ampliando la loro presenza sulla base dei turisti e delle imprese cinesi, le neobank più
intraprendenti stanno alimentando la loro crescita con l’espansione internazionale: la loro maturazione passa per
una riscoperta della globalizzazione che fa leva sull’assenza di strutture fisiche e, quindi, di investimenti
gravosi. L’espansione in nuovi mercati diventa così modalità flessibile e poco costosa per avviare una
crescita che possa scalare grazie a soluzioni che si adattano a mercati simili.
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Gli esempi non mancano. In questo senso la parabola di Nubank si candida a essere un caso da studio. Nata undici anni fa in Brasile attorno a una carta di credito diventata in seguito
piattaforma di servizi bancari a tutto tondo, la neobank sudamericana è la prima al mondo ad aver superato i cento
milioni di utenti.
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Ben 92 milioni di utenti sono in Brasile, dove copre ben più della metà della popolazione adulta, in crescita
del 50% l’anno. Ma a contribuire con una quota che corre veloce verso i dieci milioni di consumatori sono i
due mercati in cui si sta espandendo, il Messico e la Colombia.
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Nubank ha impiegato due anni per tagliare il traguardo del primo milione di clienti, poi è stata una corsa ininterrotta
guidata dall’aumento dell’offerta: nel 2017 è arrivato il saving account che ha sbloccato investimenti,
criptovalute, crediti e prodotti per Pmi, fino ad arrivare alle polizze.
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Così la neobank brasiliana ha potuto replicare l’offerta di banche tradizionali contando su una crescita sostenibile
che ha fatto lievitare il fatturato a otto miliardi di dollari nel 2023, anno in cui ha registrato per la prima volta
un profitto, con un utile netto pari a un miliardo. Una capitalizzazione attorno ai 56 miliardi di dollari dopo
la quotazione al Nyse di tre anni fa.
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La crescita in Messico e Colombia, i due mercati di recente ingresso, sta già facendo meglio di quella iniziale
in Brasile: l’esperienza maturata sul mercato domestico permette a Nubank di accelerare l’espansione dalle
carte di credito e dai conti di risparmio a un’offerta più complessiva che vada a coprire tutte le aree delle banche
tradizionali.
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Peraltro la neobank brasiliana sta facendo i suoi primi passi nel mondo della telefonia mobile con l’offerta ai propri
clienti premium di una eSim per viaggiatori frequenti: il servizio fornisce 10 GB di roaming gratuito in più di 40
Paesi con accesso diretto, senza dover sostituire la Sim del loro smartphone. A febbraio anche Revolut aveva lanciato
un’opzione simile per i suoi utenti premium, segnalando che sempre più gli operatori bancari sfruttano la possibilità
di fare da operatore mobile virtuale per catturare nuovi clienti e venire incontro alle esigenze degli utenti attuali.
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A inizio maggio la britannica Monzo ha annunciato un’estensione di 190 milioni di dollari di un round di finanziamento arrivato a superare i 600 milioni
di raccolta totale a una valutazione da 5,2 miliardi di dollari. “Siamo una società “mission-oriented” che punta a offrire il luogo unico dove le persone possono trovare la soluzione a tutti i loro bisogni finanziari
– ha sintetizzato il Ceo TS Anil in un’intervista a Cnbc -. Quello che trovo eccitante è che,
perseguendo l’obiettivo di cambiare la relazione che le persone hanno con il denaro, abbiamo costruito un modello
di business coerente, costruito interamente attorno al consumatore”.
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Manco a dirlo, le risorse saranno utilizzate per ampliare la propria offerta di prodotti, ma anche per supportare
l’espansione negli Stati Uniti, dove è presente da due anni, dove non punta a ottenere una licenza bancari
diretta con una strategia che ruota attorno all’open banking per fare concorrenza a colossi come Citibank e JpMorgan:
“La condizione è trovare il prodotto giusto per gli Stati Uniti”, aggiunge Anil.
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Il mercato Usa è il perno dell’espansione internazionale, al di fuori dell’Europa per Revolut, neobank che vanta quasi 4o milioni di utenti, per la quasi totalità in Europa, ma che ambisce a diventare
banca globale. In attesa da un paio d’anni della licenza nel Regno Unito, frenata da dubbi sui bilanci approvati
in forte ritardo, ne ha ottenuto una in Messico ad aprile per operare nel colosso centramericano dove punta a investire
cento milioni di dollari quest’anno.
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Le risorse saranno impiegate in gran parte per l’assunzione di persone, nell’ambito dell’aumento del
40% dei dipendenti a livello globale da parte della neobank, in netta controtendenza con il settore fintech nel suo
complesso.
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Intanto Revolut sfrutta lo strumento del wallet mobile per espandere la sua area di influenza attraverso il mercato delle
rimesse dei migranti: dopo l’apertura di corridoi di pagamento dall’Europa verso Bangladesh e Kenya, ora
la neobank ha siglato partnership con altri tre operatori per pagamenti rapidi ed economici in più di una dozzina di
Paesi africani.
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Anche la danese bunq ha chiuso il 2023 con un risultato in utile (53 milioni di euro di utile netto su un income di 127 milioni) e ha sigillato
il 2024 con un round da 31 milioni di dollari i cui proventi saranno utilizzati per consolidare la presenza nel Regno Unito
e per mettere piede negli Stati Uniti. Facendo leva sempre su prodotti finanziari innovativi – le polizze assicurative
sono già in canna - e focalizzati sulle esigenze dei clienti, anche grazie all’utilizzo esteso dell’intelligenza
artificiale generativa.
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La globalizzazione diventa quindi un perno essenziale, insieme all’ampliamento dell’offerta di prodotti e
servizi, per scalare in dimensioni e competitività con le banche tradizionali. La partita si gioca quindi sull’adattamento
ai mercati e sulla capacità di rispondere alle esigenze dei consumatori, sia che si tratti di persone che di aziende.
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Nulla può essere dato per scontato, ma le neobank possono sfruttare la loro grande capacità di relazionarsi
con gli utenti e di semplificare loro la vita. Dalla loro le banche tradizionali hanno la forza del trust e della conoscenza
dei mercati, ma anche la capacità di adattamento dimostrata negli ultimi anni. La partita globale è aperta.
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alfabetizzazione / banche
Dalla nozione di denaro alla maggiore età: banche cruciali nell’educazione finanziaria
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Dai primissimi anni alla maggiore età, lungo tutto lo sviluppo con attenzioni diverse, le banche hanno una responsabilità
determinante nell’educazione finanziaria delle giovani generazioni. Il che si trasforma anche in una grande opportunità
di engagement di una generazione che fatica a comprendere il posizionamento dei provider di servizi finanziari. Soprattutto nel contesto economico attuale, fatto di grande incertezza e di assenza di luoghi preposti all’alfabetizzazione
finanziaria, l’importanza di sviluppare competenze in questo campo è sempre più evidente. In questo
senso anche un gruppo editoriale come Il Sole 24 Ore ha mantenuto un impegno nell’educazione finanziaria dei cittadini
italiani, confermato anche dalla recente nuova sottoscrizione del Manifesto dell’educazione finanziaria.
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In questo campo anche le banche svolgono un ruolo cruciale nel promuovere il benessere finanziario, non solo tra i propri
clienti, ma anche tra le generazioni più giovani. Al pari degli organi editoriali – magari anche insieme
a loro -, le istituzioni bancarie si trovano infatti in una posizione privilegiata per contribuire alla formazione
dei futuri “cittadini finanziari”.
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Adobe Stock
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“Investire nell'educazione finanziaria dei bambini non solo favorisce il loro sviluppo personale, ma rappresenta
anche un investimento strategico per le banche, poiché contribuisce a formare la futura clientela – sottolinea
Lisa Mervich, business developer manager di Backbase, società specializzata nell’engagement banking -:
aiutare i bambini a comprendere il valore del denaro, incoraggiandoli ad aprire un conto e avviare un percorso di risparmio
non solo li prepara per le sfide finanziarie future, ma instaura anche un legame di fiducia e affinità con la banca
fin dalla giovane età. Questo approccio non solo comporta vantaggi individuali, ma contribuisce anche a promuovere
una cultura del risparmio e della responsabilità finanziaria su larga scala”.
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In effetti, il sistema Paese ha bisogno di una cultura economica finanziaria adeguata, che allo stesso tempo si trasforma
in una breccia per le banche per entrare in contatto con un pubblico nuovo. Backbone sottolinea come sia auspicabile un
approccio che sappia adattarsi a ogni fase dello sviluppo dei bambini e degli adolescenti. Per esempio, fino ai cinque
anni d'età i bambini iniziano solo a comprendere concetti basilari come il denaro e i numeri: è quindi essenziale
aiutarli a distinguere tra risparmi e spese. In quest’ottica offrire semplici attività pratiche e giochi educativi
può contribuire a creare una base solida per la comprensione futura delle finanze.
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Nella fascia successiva, fino ai 12 anni, i bambini hanno la capacità di assorbire una maggiore quantità
di informazioni finanziarie, a patto che vengano presentate in modo coinvolgente: utilizzare approcci interattivi,
come giochi didattici e storie animate, può rendere l'apprendimento delle finanze un'esperienza divertente.
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Durante l'adolescenza, si cominciano a delineare i propri obiettivi a lungo termine e a riflettere sul ruolo del denaro
nel raggiungerli. È quindi il momento perfetto per collegare il benessere finanziario a risultati personali concreti,
come il finanziamento di viaggi o l'accesso a un'istruzione superiore.
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Avvicinandosi all'età adulta, diventa poi essenziale fornire agli adolescenti una solida comprensione del credito
e dei prestiti: insegnare loro come utilizzare responsabilmente strumenti finanziari come le carte di credito può
aiutarli a evitare trappole finanziarie e adottare comportamenti più prudenti nel loro futuro.
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Ovviamente le modalità devono essere adeguate al nuovo target, senza dimenticare che lavorare insieme ai genitori,
fornendo loro nozioni e suggerimenti finanziari, attraverso blog, video e podcast, è un punto di partenza
essenziale per creare una cultura di base che permetta una migliore comprensione della dinamica economica familiare. Ma
fornire strumenti appositamente progettati per i nativi digitali può essere altrettanto efficace, sfruttando app
e l'ambiente mobile. Così i ragazzi potranno imparare le basi per gestire meglio i propri soldi, pianificare e risparmiare per obiettivi
specifici, il tutto in un contesto coinvolgente che li rende attivamente partecipi nel processo formativo.
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L’importante è sempre privilegiare format coinvolgenti e una narrativa accattivante, tenendo sempre presente
delle capacità e delle caratteristiche delle generazioni digitali. A rischio di perderle.
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innovazione / incubatori
Dieci anni di Sellalab: l’open innovation nella finanza che fa crescere il territorio
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Ridefinire il concetto di banca, abbracciando l'innovazione e rivoluzionando i modelli di business aziendali nei servizi
finanziari. Era questo l’obiettivo di Stefano Azzalin e Simone Marino quando nel 2013 hanno fondato Sellalab,
rispondendo alla sfida di innovazione lanciata da Banca Sella.
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La piattaforma di innovazione del gruppo bancario biellese in questi dieci anni ha adattato il proprio modello di business
per affrontare le sfide emergenti nel panorama dell'innovazione permettendo al gruppo di garantire la rilevanza e la competitività
nell'ambiente altamente dinamico dell'innovazione, perseguendo soluzioni utili e sostenibili per le imprese,
anticipando i trend futuri e adattandoli alle esigenze delle Pmi.
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“Tale evoluzione non solo ha contribuito a rafforzare la posizione di Sella come leader nell'ecosistema dell'innovazione,
ma ha anche favorito la sua capacità di anticipare e rispondere alle mutevoli esigenze del mercato e dei clienti”,
si evidenzia in una ricerca messa a punto dal Politecnico di Milano che analizza Sellalab come modello di successo di open
innovation con ricadute su tutto il territorio biellese.
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Il momento simbolico che ha segnato l'inizio di Sellalab è stata l'apertura del suo spazio fisico nell’edificio
storico del Lanificio Maurizio Sella. Questo spazio si è trasformato in “un catalizzatore che ha favorito la
connessione tra passato e presente, stimolando un'evoluzione coesa”, con l'ambizione di generare un
impatto innovativo su scala nazionale.
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Un report ministeriale del 2021 ha riportato Biella al decimo posto per la densità di startup innovative, un risultato
importante se si considera la presenza di città illustri come Milano o Trento nella medesima classifica. Un risultato
a cui ha contribuito anche l’iniziativa di innovazione di Banca Sella, all’interno di un contesto che da vent’anni
ha sposato l’open innovation come leva per la rifondazione di una realtà prettamente industriale.
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Una sfida cruciale è legata alla promozione di “una cultura dell'innovazione sia all'interno dell'organizzazione
che nel contesto territoriale”, di pari passo con un cambio di mentalità all'interno dell'organizzazione
che ha implicato l'acquisizione di nuove conoscenze e competenze.
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Il progetto si è arricchito con la creazione della Sellalab Academy, supporto alle imprese attraverso programmi dedicati
all’innovazione. Inoltre, la collaborazione con dpixel ha potenziato il sostegno alle startup, mentre
l'apertura dell'Open Coworking a Biella nel 2022 ha rappresentato un passo significativo verso la promozione dello
sviluppo sostenibile del territorio. Inoltre l'espansione dell’esperienza da Biella a Lecce, Salerno e Padova
– in arrivo anche Torino - e la creazione del Fintech District a Milano dimostrano l'ambizione di generare un
impatto innovativo su scala nazionale.
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“Sin dal suo avvio nel 2013, si è assistito a un cambiamento nell'approccio nei confronti di Banca Sella,
che non è più vista semplicemente come un'istituzione bancaria tradizionale, bensì come un vero e proprio
motore dell'innovazione”, si afferma nella ricerca del Politecnico: “Sellalab emerge come un punto
di riferimento per l'innovazione e lo sviluppo, in grado di creare un ambiente favorevole alla crescita di nuove imprese
ad alto valore aggiunto. Questo successo evidenzia il dinamismo e la resilienza dell'ecosistema economico della provincia,
dimostrando le potenzialità e le opportunità derivanti dalla collaborazione tra imprese consolidate e startup emergenti”.
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Ora Sellalab guarda al futuro. Per rilanciarne l’impatto sul suo ecosistema, la ricerca delinea tre possibili
traiettorie. Nello specifico emerge il ruolo di Sellalab non solo come una piattaforma a supporto dell’innovazione
all'interno dell'impresa, ma anche un'entità in grado di integrare l'innovazione come elemento fondamentale
della cultura aziendale, permeando le diverse linee di business, i mercati e le geografie in cui opera. Queste
traiettorie riflettono il ruolo di "rinnovatore" che Sellalab può assumere, focalizzandosi sul rafforzamento
del brand, l'interazione con gli ecosistemi locali e la valorizzazione del talento emergente, in linea con le
esigenze del mercato e le prospettive di sviluppo aziendale a lungo termine.
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In questa logica Sellalab punta ad “assumere il ruolo di pioniere, ponendo le fondamenta per un futuro incentrato
su crescita sostenibile, inclusione sociale ed eccellenza nell'innovazione”. Guardando al domani, è
necessario focalizzarsi su soluzioni innovative complementari, in particolare orientate alla diversificazione delle attività
ed alla ricerca di una connettività globale. È importante così “mantenere gli investimenti sia negli
asset tangibili che in quelli intangibili, promuovendo una sinergia tra il sistema produttivo locale ed il comparto educativo,
continuando a favorire la collaborazione con gli attori del territorio”.
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lending / esg
Le imprese energivore sono quelle a rischio di default più alto (e in crescita)
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Le imprese “energivore” sono tra quelle con il rischio di default più alto e in maggiore crescita negli ultimi
anni, anche se si registra un lieve calo nei primi mesi del 2024. Lo rileva il rapporto di Cerved Rating Agency,
analizzando le 800 imprese italiane con un’alta incidenza dei costi energetici sul fatturato.
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Dal report emerge un sensibile deterioramento del profilo di rischio di credito (+10% nel 2022 e +11%
nel 2023) che nel 2023 ha raggiunto, anche a causa dei prezzi energetici, il picco massimo del 6,45%,
poi sceso lievemente a 6,34% nel maggio di quest’anno. Al contrario, le imprese con bassi consumi energetici
mostrano una probabilità di default inferiore, benché anch’essa in peggioramento ma attualmente stabile,
e uno score di sostenibilità migliore.
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L’analisi dell’agenzia di rating specializzata nella valutazione del merito creditizio delle società e nella
misurazione delle performance Esg si è concentrata anche sul potenziale di installazione di impianti fotovoltaici attraverso
la stipula di “power purchase agreement”, contratti di lungo termine che regolano la fornitura di energia
elettrica rinnovabile a prezzi definiti e che si stanno affermando come strumento di mercato utile alle imprese per sostenere
gli investimenti necessari alla transizione energetica ed ecologica.
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Per ottenere questi finanziamenti è però molto spesso necessario un rating creditizio alto, di categoria Investment
grade: ciò ha portato a isolare 344 imprese (delle 796 iniziali) che grazie ai Ppa potrebbero produrre circa
1.300 GWh di energia fotovoltaica, coprendo parte dei propri consumi e preservando una classe elevata di merito creditizio.
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Si tratta soprattutto di grandi aziende, collocate al 75% al Nord, ma oltre il 10% del potenziale riguarderebbe
anche PMI, che potrebbero sfruttare sistemi di aggregazione fra imprese dello stesso ambito e filiera.
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digital payments / impatto
Non c’è dubbio: i pagamenti digitali riducono le emissioni e c’è spazio per altri tagli
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Non c’era alcun dubbio, ma ora arriva una conferma che sembra essere definitiva, dal momento che copre l'intero
ciclo di vita degli strumenti di pagamento: il contante ha un impatto decisamente superiore in termini di CO2 e, in
più, i sistemi digitali hanno un enorme potenziale di decarbonizzazione per il mondo dei pagamenti.
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A fare le cifre precise è uno studio analitico di Worldline relativo al Belgio, ma che evidentemente ha portata complessiva.
Utilizzando la metodologia di analisi life cycle, lo studio calcola che oggi le transazioni in contanti corrispondono
a emissioni superiori del 14% rispetto alla stessa transazione in negozio effettuata in via digitale: 2,80 grammi
contro 2,45 per transazione, senza considerare il trasporto del contante al negozio. Ma se si tiene conto del
ritiro allo sportello bancomat dei contanti le emissioni diventano quindici volte tanto, balzando a 36,80 grammi.
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Ora però l’obiettivo è scendere sotto il grammo per operazione, risultato che può essere possibile
con il digitale: l’eliminazione delle ricevute cartacee, la virtualizzazione delle carte e i pagamenti da device
a device potrebbe portare a un taglio del 70% delle emissioni a 0,74 grammi.
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digital payments / innovazione
Stripe porta il tap-to-pay di Apple in Italia: l’iPhone si trasforma in Pos
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Adyen, myPOS, Nexi, Revolut, Stripe, SumUp e Viva sono le prime piattaforme di pagamento a offrire in
Italia il “tap-to-pay” di Apple. Fabrick, Numia, e Sella sono pronti a farlo. Ma anche
una catena di pizzerie come Spontini ha già annunciato di aver adottato da subito la nuova opzione disponibile su iPhone,
sbarcata ora nel nostro Paese, che permette di accettare pagamenti contactless, sostituendo di fatto il tradizionale Pos.
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Questa nuova funzionalità innovativa di pagamento permetterà a milioni di esercenti, dalle piccole attività
commerciali ai grandi retailer, di finalizzare pagamenti tramite carte di credito, debito e prepagate contactless,
Apple Pay e altri wallet digitali semplicemente con un iPhone, senza bisogno di altri dispositivi hardware o terminali
di pagamento.
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Tap to Pay su iPhone è disponibile per chi fornisce piattaforme e sviluppa app di pagamento in Italia, che potranno
integrarlo nelle proprie soluzioni iOS mettendolo a disposizione degli esercenti loro clienti.
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Alla cassa, basterà semplicemente chiedere al cliente di tenere la carta di credito o di debito contactless,
l'iPhone, l'Apple Watch o qualsiasi altro wallet digitale vicino all'iPhone dell'esercente e il pagamento
sarà completato in modo sicuro grazie alla tecnologia Nfc. Tap to Pay su iPhone supporta anche l'inserimento
del Pin, incluse le funzioni di accessibilità.
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“Tap to Pay su iPhone significa che le aziende italiane possono ora accettare pagamenti contactless con un dispositivo
che molti di noi hanno già in tasca - ha dichiarato Ruhi Dang, product manager Emea di Stripe -. Per
una piccola realtà, questo significa poter accettare pagamenti contactless da più clienti in più luoghi
attraverso un’unica tecnologia facile da implementare, e di conseguenza far crescere rapidamente il proprio business”.
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La tecnologia Tap to Pay di Apple utilizza le funzioni integrate di iPhone per mantenere privati e sicuri i dati dell'azienda
e del cliente. Ogni volta che un pagamento viene elaborato, Apple non memorizza i numeri di carta o le informazioni
di transazione né sul dispositivo né sui server Apple.
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Secondo quanto sottolineato da Stripe, i loro clienti business di Stripe possono ora utilizzare Tap to Pay su iPhone per
implementare una soluzione di “commercio unificato” non basata su hardware fisso. Grazie a questa soluzione,
dati e sistemi vengono integrati in un'unica piattaforma, consentendo alle aziende di standardizzare la reportistica,
comprendere meglio il comportamento dei propri acquirenti, personalizzare la user experience e i suggerimenti, così
come di premiare i clienti più fedeli.
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digital payments / innovazione
PayPal sviluppa una propria piattaforma di advertising basata sui dati delle transazioni
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Se i dati in mano ai player finanziari sono un patrimonio ancora in buona parte inutilizzato, al posto di metterli a disposizione
di terze parti, quegli stessi attori possono iniziare a metterli a reddito direttamente per scopi pubblicitari. E’
quanto sta facendo PayPal che ha allo studio la creazione di una divisione separata dedicata all’advertising sfruttando
le informazioni su gusti e priorità dei propri utenti analizzati sulla base delle informazioni ricavate da tutte le loro
transazioni.
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A dir la verità PayPal non è la prima, visto che già Chase e Revolut hanno lasciato intendere di avere
progetti specifici in campo pubblicitario, ma le intenzioni del player dei pagamenti digitali che sta sempre più
allargando il proprio campo d’azione confermano che tutti i protagonisti dei servizi finanziari possono sfruttare nuove
opportunità creando nuove divisioni di business anche in campo pubblicitario.
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Adobe Stock
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Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, PayPal raccoglierà di default i dati di acquisti e spese dei propri
utenti, ricavati sia dalla propria app che da quella della controllata di pagamenti Venmo, ma offrirà allo stesso
tempo la possibilità di non condividere i propri dati.
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Stando a quanto affermato dalla società al Wsj, il progetto è ancora allo stadio iniziale e non ha ancora definito
nei dettagli il modello di business, ma comunque fornirà strumenti di "controllo della privacy trasparenti e
semplici da utilizzare”. Per seguire il progetto PayPal ha portato a bordo Mark Grether, manager con grossa
esperienza in campo pubblicitario proveniente da Uber Advertising dove era vicepresident e general manager.
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Nel primo trimestre di quest’anno PayPal ha processato 6,5 milioni di transazioni e conta 427 milioni di clienti.
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digital payments / carte
Epipoli esporta le carte prepagate di Mastercard in 6mila store Carrefour in Europa
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Epipoli è stata la prima azienda in Europa continentale a introdurre le carte prepagate Mastercard: nel 2021,
ha aperto la strada al debutto della prima prepagata ricaricabile, accessibile nei punti vendita alimentari, non alimentari
e multimediali. Lo scorso anno in Italia sono state vendute oltre un milione di carte prepagate Mastercard Epipoli single
load e ricaricabili.
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Ora la società italiana che fa da abilitatrice di soluzioni di pagamento alternative per il retail porterà le prepagate
Mastercard nella grande distribuzione in tutta Europa. L’iniziativa si concretizza attraverso una partnership strategica
con Blackhawk Network, leader globale nel mercato dei branded payment.
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Gaetano Giannetto, founder e ad di Epipoli
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La strategia di internazionalizzazione di Epipoli prevede la distribuzione delle carte Mastercard Prepagate in oltre 6mila
ipermercati, supermercati e convenience stores Carrefour in Belgio, Francia, Polonia, Romania e Spagna,
a partire da questo mese con uno sviluppo progressivo nei prossimi mesi, garantendo una presenza crescente nei prossimi
anni.
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Attraverso questa iniziativa Epipoli, che già gestisce uno dei maggiori programmi prepagati in Europa ed è attivo
in oltre 70mila punti vendita, punta a migliorare l’accessibilità dei pagamenti digitali.
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tecnologie / ai
Bbva chiude un accordo con OpenAI per sperimentare l’AI generativa con i dipendenti
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Digitalizzazione spinta, quantum computing e ora AI generativa: quando si tratta di tecnologie di frontiera il Bbva
dimostra di essere tra i pionieri visionari a livello globale nella sperimentazione. L’istituto spagnolo non solo
ha deciso di procedere con un centinaio di progetti basati sulla Gen AI, ma ha anche raddoppiato con una partnership strategica
con OpenAI, la creatrice di ChatGPT, per introdurre la tecnologia tra i suoi dipendenti.
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L’obiettivo dichiarato è quello di sperimentare concretamente, in modalità sicura e responsabile,
le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa nel rendere più rapidi ed efficienti i processi,
aumentare la produttività e fare da volano all’innovazione.
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Adobe Stock
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Il Bbva è la prima banca europea a siglare un’alleanza con OpenAI che prevede la condivisione della conoscenza
dello strumento e delle sue potenzialità. L'istituto ha già iniziato a utilizzare parte delle 3mila licenze
enterprise di ChatGPT nell’ambito del contratto, che prevede da parte di OpenAI la somministrazione di formazione
per i suoi prodotti e l’aggiornamento con le versioni più recenti.
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neobroker / servizi
A cinque mesi dal lancio Trade Republic raggiunge il milione di carte attivate
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A inizio anno Trade Republic ha lanciato la sua più grande innovazione di prodotto, la carta Trade Republic che
puntava a integrare spesa e risparmio. La carta ha registrato un’ottimo riscontro da parte degli utenti e il neobroker
ha potuto annunciare di aver raggiunto il traguardo di un milione di carte attivate.
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Allo stesso tempo Trade Republic ha annunciato che la lista d'attesa per la carta è ufficialmente terminata:
da oggi chiunque può ordinare e ottenere subito la propria carta, che ambisce ad abilitare l’investimento come
atto automatico, quotidiano e senza sforzo.
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I clienti possono infatti utilizzare la carta di debito per pagamenti online e in negozio. Per ogni transazione si ottiene
un premio Saveback dell'1%, investito automaticamente in un piano di accumulo a scelta tra quelli offerti dal
neobroker. Inoltre, la carta consente di arrotondare i pagamenti e investire il resto in un titolo a scelta.
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Trade Republic continua a passare interamente ai propri clienti i tassi Bce, remunerando i depositi al 4% senza alcun
vincolo fino a 50mila euro. Attualmente il neobroker vanta quattro milioni di clienti in 17 Paesi, di cui 1,5
milioni al di fuori del mercato tedesco, per masse amministrate totali pari a circa 35 miliardi di euro.
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cripto / strumenti
Dopo bitcoin, arriva (a sorpresa) il via libera della Sec per gli Etf spot su Ethereum
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La Securities exchange commission ha approvato le richieste degli emittenti per quotare un Etf basato sul prezzo spot di Ethereum a Wall Street. La decisione segue l’ok all’Etf su bitcoin
dello scorso gennaio. La decisione è arrivata sorpresa, dal momento che gli operatori erano convinti di un rinvio.
Invece a inizio settimana l’autorità di regolamentazione ha chiesto alle case in lista d’attesa (tra
cui Ark 21 Shares, VanEck, Fidelity e BlackRock) di arricchire la richiesta con ulteriori documenti e di “rinunciare”
alla componente “staking” sull’Etf, una caratteristica che consente di far maturare degli interessi a chi investe direttamente nella
criptovaluta e la detiene nel tempo (una sorta di cedola o dividendo).
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A parte l’effetto sorpresa - che sul mercato ha fatto balzare Ether da quota 2.800 dollari a un massimo vicino
a 4.000 - la notizia è importante per il settore dato che dopo questa decisione il token nativo della blockchain
Ethereum può essere considerato, al pari di Bitcoin, una materia prima e non una security. Una diatriba che
durava da diverso tempo e che dà l’idea di quanto sia difficile classificare con gli schemi tradizionali le criptovalute.
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«Questa decisione comporta almeno un paio di impatti fondamentali per il mercato - spiega Ophelia Snyder, co-founder
e presidente di 21Shares -. In primis, porta maggiore chiarezza normativa sullo status di Eth negli Stati Uniti
e, allo stesso tempo, fornisce un accesso a Ethereum attraverso uno strumento sicuro e dalla struttura familiare per
gli investitori. Similmente a quanto accaduto con l’approvazione degli Etf sul Bitcoin, questo traguardo segna
anche una significativa professionalizzazione della struttura di mercato per l’asset sottostante negli Usa».
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Da anni è quotato un futures su Ethereum, avallato dalla Commodity futures trading commission. Ma c’è
una differenza importante tra un future e un Etf che replica il prezzo spot, cioè di mercato. Nel secondo caso
gli emittenti devono reperire sul mercato il collaterale e questo in teoria, in caso di una domanda netta positiva verso
l’Etf, potrebbe far aumentare la pressione d’acquisto sul sottostante.
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