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Newsletter del 23 Marzo 2009

«Più spazio nelle società quotate»

Maria Carla De Cesari
«Non vogliamo approfittare della confusione per arraffare qualche prerogativa. Crediamo, invece, di essere tra gli interlocutori per arrivare a scrivere un nuovo patto sociale che affronti il problema del debito pubblico, dell'efficienza delle regole, anche fiscali, e dell'affidabilità dei controlli». Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, «56 anni compiuti», presenta la strategia della sua categoria, alla vigilia del I Congresso dell'Albo unico della professione economico-contabile.
Sceglierebbe di nuovo l'Albo unico?
È un'operazione giusta, nonostante resti qualche incomprensione. Non aveva più senso continuare ad alimentare contrapposizioni tra due categorie che avevano uguale percorso formativo e stesse competenze. C'era invece bisogno di far sentire una voce autorevole ed essere protagonisti del cambiamento. Così abbiamo imposto nell'agenda delle discussioni le nostre soluzioni per Fisco, diritto societario e crisi della giustizia.
Gli analisti concordano che la crisi sia il frutto di regole inadeguate e controlli assenti o inefficaci. I fatti dicono che avete avuto ragione nel difendere il modello del collegio sindacale?
A livello internazionale ci si è resi conto dell'importanza di un controllo interno e a monte; un controllo esterno e a valle può solo certificare gli effetti di una scelta sbagliata.
Eppure il collegio sindacale è pagato dal controllato.
Sono pagati anche i revisori. Per limitare il possibile conflitto d'interesse, nelle società quotate, dove l'esigenza di trasparenza e controlli è più diffuso, si potrebbe arrivare a un Comitato per le nomine, a cui partecipino Stato, Consob e professione. Francesi e spagnoli condividono questa proposta.
Il ministero dell'Economia ha abbandonato la prospettiva di limitare il ruolo del collegio sindacale?
La direttiva comunitaria è maturata in un contesto in cui non si poteva immaginare la crisi. Oggi è sempre più necessaria la competenza di leggere i bilanci e scorgere segnali premonitori di difficoltà.
Siete sempre stati critici sulla generalizzazione dei principi contabili internazionali.
Siamo un Paese che non conosce l'inglese, ma che parla facendo grande ricorso a parole inglesi. Non possiamo fare il bilancio come se si trattasse di una valutazione d'azienda, ma dobbiamo difendere le nostre specificità, e tra queste il collegio sindacale. Penso invece che si debba ridiscutere la norma sul cumulo agli incarichi.
Il sistema aritmetico per quantificare l'impegno del professionista è un tentativo per arginare un malcostume. Come si potrebbe definire il cumulo di decine di mandati?
Il malcostume lo crea il sistema. Il problema è il conflitto di interesse, la possibilità per gli amministratori di stare seduti su più sedie e di sentire ciò che non si dovrebbe, la contiguità degli amministratori di banche e imprese che alle prime chiedono denaro. La nostra proposta è divieto di cumulo, anche per gli amministratori, nelle società quotate e nessun limite agli incarichi nelle non quotate.
Parliamo di Registro imprese. Nella cessione di quote di Srl non è un problema garantire l'affidabilità di 107mila commercialisti abilitati?
Stiamo parlando di professionisti con curriculum universitario, tirocinio, esame di Stato, che hanno l'obbligo della formazione continua e sono sottoposti a regole deontologiche.
Ma i notai ribattono: siamo pubblici ufficiali e il nostro è un controllo di legalità.
Il controllo è affidabile in quanto è ben fatto il nostro lavoro a monte. In modo opportuno la legge consente un'alternativa al notaio. Deciderà il mercato.
Limiti alla deducibilità delle perdite, uno sconto Irap molto ridotto: serve una svolta nella politica fiscale?
C'è poco coraggio anche se siamo consapevoli delle risorse scarsissime. Forse si sarebbero dovute privilegiare le Pmi, le prime che assumeranno a un accenno di ripresa. In agenda ci dovrebbero essere, per esempio, la deducibilità degli interessi passivi, gli ammortamenti liberi per un periodo transitorio, l'intassabilità dei risultati degli accordi di ristrutturazione dei crediti.


L'IDENTIKIT DELLA CATEGORIA
Per l'Albo unico è il momento del debutto in congresso
Parte domani (11 marzo, NdR) a Torino il primo congresso nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Si tratta delle prime assise della categoria, dopo la fusione dei dottori commercialisti e dei ragionieri nell'Albo unico: tenuto a battesimo dalla legge 34 del 2005, ha debuttato il 1° gennaio 2008. Sono, invece, rimaste separate le Casse di previdenza.
Il congresso si incarica di rimarcare la volontà dei commercialisti di essere parte attiva nei processi riformatori. Lo testimonia il titolo scelto per l'appuntamento: «Protagonisti del cambiamento». Infatti al centro del convegno ci sono le riforme: il federalismo fiscale, la riforma della giustizia e i controlli sulle società
107.500 - I professionisti
Tanti sono gli iscritti all'Albo unico, in cui, dal 1° gennaio 2008, sono confluiti i dottori commercialisti e i ragionieri
76.600 - Gli iscritti alle Casse
È il numero di chi esercita la libera professione. Nel 2007 gli iscritti alla Cassa di previdenza dei commercialisti erano 47.322 e gli iscritti all'ente dei ragionieri erano 29.297
44% - L'aumento in dieci anni
La crescita del numero di dottori e ragionieri dal 1996 al 2006 – stimata dall'istituto di ricerca del Consiglio nazionale – è in linea con quella delle altre professioni
143% - La crescita del comparto
Di tanto sono aumentati gli occupati del settore servizi alle imprese dal 1996 al 2006. Nel comparto i liberi professionisti sono aumentati del 118,5%, mentre gli "indipendenti" del 132 per cento
61mila euro - Il reddito medio
È la media dei redditi dichiarati nel 2007 dai dottori commercialisti. I ragionieri si fermavano più in basso, a 46.500 euro

 
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