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Newsletter del 25 Gennaio 2010

Le nuove vie per i fondi alle Pmi

di Alberto M. Sacchi
La lunga crisi economica che stiamo attraversando ha stimolato il dibattito sulle azioni necessarie per salvaguardare la nostra industria manifatturiera e far sì che essa possa continuare a creare posti di lavoro e crescita economica nel paese. In questo dibattito, Federmacchine ha dall'inizio sostenuto la necessità di guardare non solo al superamento della congiuntura negativa, ma anche al rafforzamento "strutturale" delle imprese.
La recente costituzione - promossa da Confindustria con il ministero dell'Economia, la Cassa depositi e prestiti e le principali banche - di un Fondo italiano di investimento per le Pmi rappresenta una grande opportunità per indirizzare e sostenere questo processo. Per cogliere pienamente questa opportunità riteniamo, come Federmacchine, che la nascita del nuovo Fondo debba essere utilizzata non solo per investimenti diretti nelle imprese, ma anche per stimolare un'evoluzione del sistema finanziario verso una maggiore capacità di sostegno al rafforzamento delle imprese.
Il modello delle Pmi manifatturiere oggi deve affrontare due sfide: nel breve, soffre per il crollo della domanda, con il rischio di veder fallire non solo aziende deboli, ma anche imprese valide, ma piccole e poco capitalizzate, disperdendo competenze difficili da ricostituire; nel medio-lungo, soffre dei limiti che le nostre imprese, leader di nicchia ma piccole rispetto ai concorrenti stranieri, hanno nel competere in mercati internazionali nei quali i fattori di scala sono sempre più importanti. Il rischio è una perdita strutturale di competitività del nostro sistema industriale.
Storicamente, le nostre Pmi non hanno seguito la strada della crescita per aggregazioni per vari motivi. Gli imprenditori sono stati poco disponibili a cedere o condividere il controllo delle loro imprese, sia per i successi ottenuti con la loro "conduzione familiare", sia per la competizione, aziendale e personale, con gli altri imprenditori. La crisi ha creato le condizioni per superare questi vincoli. Chi possiede aziende valide ha maggiore coscienza che il problema non è solo attraversare il periodo di difficoltà, ma anche rafforzarsi per continuare a essere competitivi in mercati che cambiano velocemente; chi possiede aziende deboli è più disponibile a cederle a soggetti industriali in grado di preservarne il patrimonio di persone e competenze.
Le capacità per elaborare e realizzare questi progetti possono essere trovate valorizzando le conoscenze ed esperienze degli imprenditori e unendole a quelle di professionisti e manager qualificati. Le risorse finanziarie possono essere reperite facendo leva su progetti industriali validi per attrarre il capitale di rischio ed è su questo piano che il nuovo Fondo per le Pmi può essere un importante "catalizzatore".
Oggi, il private equity italiano non manca di risorse finanziarie, ma, a parte poche eccezioni, ha problemi a investirle nella piccola e media impresa manifatturiera. Questo per la difficoltà di sviluppare piani industriali in settori non facili da conoscere dall'esterno, per l'incertezza sui tempi e modi di uscita dall'attuale crisi e per il vincolo rappresentato da orizzonti di investimento in genere troppo brevi per i tempi dell'industria. Il nuovo Fondo si propone di intervenire con modalità diverse in termini di obiettivi di ritorno e di orizzonte di investimento e potrà assegnare a terzi l'investimento di parte delle proprie risorse, in modo da aumentare la capacità di intervento.
Grazie a questo, il Fondo potrebbe favorire la nascita di soggetti nuovi, guidati da logiche industriali, con orizzonti di investimento lunghi e con obiettivi di ritorno basati sulla qualità dei progetti e sulla capacità di coinvolgimento degli imprenditori. Così, si verrebbe a stimolare il mercato, creando una competizione positiva tra soggetti diversi, a beneficio delle imprese e dei loro progetti.
Per raggiungere l'obiettivo è necessario che le modalità di assegnazione delle risorse da parte del Fondo pongano su un piano di parità società di gestione (Sgr) già esistenti ed entità di nuova costituzione. Infatti, i tempi per creare nuove Sgr sono lunghi e vi è il rischio che soggetti nuovi, orientati alla creazione di valore in logica industriale ma senza una struttura già oggi operativa, possano restare esclusi dalla possibilità di utilizzare proprio quei fondi che, per loro natura, sarebbero i più adatti ai loro scopi istituzionali. Per evitarlo, sarebbe necessario cercare soluzioni tecniche tali da permettere a questi nuovi soggetti di potersi proporre.
Ci troviamo a uno snodo importante dello sviluppo del paese, nel quale competitività, occupazione e capacità di crescita nel lungo periodo dipenderanno dalle energie e dalle risorse che sapremo mobilitare per innovare e far crescere la nostra piccola e media impresa. La crisi si sta rivelando molto dura, ma il senso positivo di poter costruire da queste difficoltà un futuro migliore è elemento fondamentale per trovare energie e innovare il sistema industriale e finanziario.
Alberto M. Sacchi è presidente di Federmacchine
© RIPRODUZIONE RISERVATA

 
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