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Newsletter del 25 Gennaio 2010

Un brand chiamato Pmi ecco i leader del 2009
di Marco Alfieri

e Paolo Bricco
Forse non ancora gazzelle, ma nemmeno lumache dal passo quasi immobile. Piuttosto tartarughe di Zenone capaci di sfuggire, lente ma sicure, al pie' veloce Achille della crisi, incorporando una buona dose di innovazione di processo e prodotto.
Nel bestiario di Capodanno 2009 è questa la fotografia più adatta ad immortalare il paese Italia e la sua economia in convalescente metamorfosi. Un terzo di «speranza», un terzo di «fiducia» e un terzo di «cauto ottimismo» suggerisce il cantore dell'italica saga del calabrone Giuseppe De Rita, come nelle pozioni di maghi e streghette dalla bacchetta magica che sotto le feste vanno per la maggiore.
L'inverno dello scontento, in molte parti del mondo è già alle spalle. L'India, la Cina e il Brasile crescono di nuovo forte. L'Ue, per quanto indebolita dalla crisi della finanza e dalle bardature del suo Stato sociale tornato utile ai tempi della Cig di massa, resta il maggiore mercato del mondo. E in pochi dubitano dell'energia schumpeteriana degli Stati Uniti.
Anche in Italia gli indicatori stanno tornando in positivo. L'indice di fiducia dei consumatori è salito ai massimi dal luglio 2002. Le imprese hanno tenuto nello tsunami globale, scongiurando il rischio de-industrializzazione paventato nei mesi caldi del ciclone. Lo dimostrano l'incremento dello 0,6% del Pil nel terzo trimestre 2009 e la ripresa del fatturato e degli ordinativi industriali segnato a dicembre, nonostante molti piccoli restino invischiati nella coda di una crisi terribile, e la disoccupazione continuerà a crescere per tutto l'anno prossimo. Piano piano migliorano anche le condizioni di accesso al credito per le nostre Pmi, e c'è «un forte recupero delle attese di produzione», dicono dall'Isae.
Quel che ci vuole adesso è un po' di benzina nel motore per rilanciare i consumi, in attesa di realizzare le mitiche riforme di struttura (legislazione sul lavoro, fiscalità e sistema educativo) e completare la decisiva trasformazione del nostro manifatturiero, da cui nessuno stellone potrà esimerci. Tuttavia, sottopelle, il salto di scala per molti sta già avvenendo. Da questa selezione in corso, dolorosa e vitale, sta gradualmente emergendo un nuovo paradigma del piccolo e del medio imprenditore: innovativo non soltanto nel processo ma anche nel prodotto. Capace di investire in ricerca e sviluppo anche se "implicitamente", con risorse che magari sfuggono alle voci di bilancio, e dunque alle statistiche ufficiali, ma sufficienti a far tenere il passo dei migliori alle nostre Pmi, forti in settori di medio valore aggiunto dove molti investimenti sono alla portata anche dei Piccoli.
E ancora: un nuovo paradigma decisamente più patrimonializzato e meno dipendente dal solo capitale circolante, presente anche in Asia e in Sud America e non solo in Germania e Francia, tradizionali sbocchi della nostra subfornitura. Sempre più attento a raccordare stimoli e conoscenze universitarie in veri e propri start up gemmati da università, politecnici e centri di eccellenza, rompendo quella campana di vetro che per anni ha tenuto colpevolmente distanti sapere e manifattura. Infine, un nuovo paradigma in grado di mettere in discussione il tabù del controllo familiare per compiere il famoso salto dimensionale. Un soggetto economico e civile nuovo. Un modello potenzialmente emulativo per tutto il nostro capitalismo diffuso, come raccontano le storie qui sotto. Alle porte del 2010: un anno per ricominciare.
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