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Newsletter del 25 Gennaio 2010

Il visto divide i professionisti

Marco Bellinazzo
MILANO
Sulla stretta alle compensazioni Iva ora si va alla guerra tra professionisti. Sullo sfondo di un mercato dell'assistenza e della consulenza fiscale che dovrà ricalibrarsi alla luce delle nuove competenze relative al visto di conformità e di un incremento dei costi per le imprese, destinate a pagare di tasca propria gli abusi dello strumento compensativo perpetrati in questi anni alle spalle dell'amministrazione finanziaria.
Nessuno dubita che servano argini per evitare ulteriori distorsioni, ma il meccanismo previsto dall'articolo 10 del decreto legge 78 (convertito dalla legge 102 del 3 agosto 2009) non sembra privo di pecche. Soprattutto per il mondo professionale.
Dopo le schermaglie e le polemiche dei mesi scorsi, in particolare sull'individuazione dei consulenti abilitati a sancire la correttezza delle richieste di compensazioni superiori a 15mila euro, a rompere gli indugi è stata la Lapet. L'associazione guidata da Roberto Falcone il 7 gennaio ha chiesto al Tar del Lazio di annullare la circolare dell'agenzia delle Entrate n. 57/E del 23 dicembre 2009 che, di fatto, taglia fuori i tributaristi. A essere ammessi a rilasciare il "timbro" di validità sulle dichiarazioni dalle quali emerge il credito Iva portato in compensazione di altri debiti tributari e contributivi sono oggi solo i Caf, i consulenti del lavoro, i dottori commercialisti e gli iscritti nei ruoli tenuti fino al 1993 dalle camere di commercio.
Agli altri professionisti, anche se esercitano l'attività di consulenza fiscale, tengono le scritture contabili e sono autorizzati a trasmettere in via telematica le dichiarazioni, questa facoltà è interdetta.
In effetti, come ha ricostruito la stessa circolare n. 57, nella versione originale dell'articolo 10 erano abilitati solo dottori commercialisti e consulenti del lavoro (articolo 3, comma 3, lettera a, del Dpr 322/98). Nel corso dei lavori parlamentari, quest'impostazione è stata rivista e in sede di conversione in legge l'articolo 10 non conteneva più espliciti riferimenti ai professionisti legittimati a vistare. L'agenzia delle Entrate però ha messo nero su bianco nella circolare 57 che sono autorizzati solo i soggetti richiamati dall'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 241/97 e, dunque, solo gli iscritti agli ordini o ai ruoli camerali (prima del 1993).
La Lapet però contesta questo approccio. «La possibilità di rilasciare il visto per le compensazioni Iva oltre la soglia di 15mila euro – spiega Falcone – deve essere data a tutti gli intermediari fiscali abilitati, vale a dire a quei professionisti che abitualmente svolgono l'attività di consulenza fiscale e sono incaricati, come tali, della trasmissione delle dichiarazioni. Quindi anche ai tributaristi non iscritti ai ruoli camerali».
Anche le altre associazioni di tributaristi sono di questa idea, sia pure con qualche distinguo. Intanto, tutte stanno correndo ai ripari mettendo a disposizione dei propri iscritti non autorizzati a rilasciare il visto una rete di soggetti abilitati e di caf.
Di fatto, la soluzione prefigurata nella circolare n. 57/E produrrà nel mercato dei servizi professionali un effetto che i tributaristi non esitano a definire «discriminatorio»: su un piano, infatti, opereranno i consulenti che potranno assistere le aziende a 360 gradi, in quanto saranno legittimati anche ad apporre il timbro di regolarità sulle compensazioni; su un altro, ci saranno invece quelli che, pur avendo tenuto le scritture contabili e potendo interloquire con l'amministrazione, dovranno rivolgersi ai primi per ottenere il visto sui crediti Iva dei propri clienti. «Già ma questo visto "per conto terzi" – afferma Luigi Pessina, presidente Ancit –, anche se si tratta di controlli "formali", creerà costi aggiuntivi alle imprese di cui proprio non si sentiva il bisogno. Il professionista che appone il timbro di garanzia deve dotarsi di una polizza assicurativa e assumersi una responsabilità ancora più alta quando non ha tenuto direttamente le scritture dell'azienda».
«È evidente – aggiunge Arvedo Marinelli, presidente Ancot – che in questo modo si scaricano sui professionisti e sulle aziende il peso e i costi di controlli che toccherebbero invece all'amministrazione finanziaria».
Più cauto Riccardo Alemanno, presidente dell'Int: «La discriminazione fra professionisti nasce della legge e non dalla circolare, che semmai ha smussato alcune iniquità del nuovo regime, evitando un nesso automatico fra gestione delle scritture e rilascio del visto. Il problema semmai è quello dei costi di questo modello. A questo punto sarebbe stato meglio rendere operativo il vecchio sistema dei controlli, peraltro mai entrato in vigore, basato solo sulla comunicazione preventiva».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il quadro




I professionisti abilitati
Potranno rilasciare il visto di conformità per le compensazioni Iva superiori a 15mila euro i Caf, i consulenti del lavoro, i dottori commercialisti ed esperti contabili e gli iscritti nei ruoli tenuti fino al 1993 dalle camere di commercio
I non abilitati
Agli altri professionisti, anche se esercitano l'attività di consulenza fiscale, tengono le scritture contabili e sono autorizzati a trasmettere in via telematica le dichiarazioni, questa facoltà è interdetta
I tributaristi
Le associazioni dei tributaristi (Ancot, Ancit, Int e Lapet) metteranno a disposizione dei propri iscritti non abilitati network di Caf e soggetti autorizzati al rilascio del visto

 
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