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Newsletter del 22 Marzo 2010

Pmi valutate su tre anni: si rafforza il patrimonio

PAGINA A CURA DI
Emanuele Scarci
Un biennio di buoni bilanci può ammorbidire i giudizi su un 2009 tormentato dalla recessione. Specie se si tengono in maggiore considerazione asset immateriali, marchi, brevetti e know how. È quello che le imprese chiedono alle banche al momento del rilascio di nuovi affidamenti o solo per ritoccare il costo del debito (vedi Il Sole 24 Ore del 18 febbraio).
In sostanza gli imprenditori sostengono che non si debba tenere in considerazione solo l'ultimo bilancio, quello della crisi, ma la storia dell'impresa, almeno quella dell'ultimo triennio. A maggior ragione se l'azienda ha un buon posizionamento di mercato.
Di fatto i bilanci del 2007 sono risultati soddisfacenti per la gran parte del sistema industriale italiano. E ora Cerved group conferma che, nonostante la crisi dell'ultimo trimestre del 2008 e un processo di erosione dei margini, le imprese hanno registrato una sostanziale buona tenuta. Anzi i ratio finanziari ne sono usciti rafforzati: i parametri stringenti di Basilea 2 hanno avuto il "merito" di rafforzare il patrimonio di tutte le aziende.
Sempre secondo i dati elaborati da Cerved group, le società che hanno chiuso il bilancio 2008 in utile sono oltre il 67%, anche se in calo dal 72 dell'anno prima; e addirittura quelle con crescita dei ricavi a doppia cifra sono risultate un terzo del totale, dal 42 per cento.
Qualche problema in più sul fronte della redditività dove soltanto le piccole società (con meno di 2 milioni di fatturato) hanno registrato un Roe negativo, -1,3%; per quelle fino a 50 milioni è scivolata dal 6-7% intorno all'1 e per le imprese con più di 50 milioni di ricavi si è quasi dimezzata collocandosi poco al di sopra del 5 per cento.
Ciò nonostante le società - da sempre sottocapitalizzate - hanno ridotto l'incidenza dei debiti: la percentuale di società il cui rapporto debt/equity è in zona di rischio (con debiti oltre il doppio del capitale netto) è in calo di 3-4 punti al 39%. Sul dato devono aver influito le regole di Basilea 2, che hanno spinto il sistema delle società italiane a una maggiore patrimonializzazione. «I bilanci del 2008 - osserva Paolo Gnes, presidente di Cerved group - hanno i tratti tipici del rallentamento e riflettono solo parzialmente la crisi, che sarà evidente sui conti del 2009: se le banche non correggeranno le valutazioni di bilancio tenendo conto delle prospettive e del profilo qualitativo delle imprese, si rischiano diffusi downgrading, soprattutto tra le Pmi».
L'anello debole
La recessione colpisce di più le piccole imprese industriali rispetto alle medio-grandi e si accanisce su investimenti, occupazione e fatturati con cali fino al doppio dei dati generali. Questo trend, rilevato da Banca d'Italia, è peraltro confermato dalle indicazioni che emergono dall'analisi Cerved group dei bilanci delle società di capitale.
In generale i dati Istat del 2009 indicano che il fatturato industriale è calato mediamente del 18%. Dietro questo dato però c'è il testacoda dei settori: per esempio, farmaceutica e alimentare hanno sostanzialmente mantenuto le posizioni mentre, dall'altro capo, la siderurgia ha sfiorato la catastrofe (-34%).
L'indagine Invind di Banca d'Italia ha stimato la differenza d'impatto della recessione sulle varie dimensioni d'impresa. Per esempio, a fronte di un fatturato medio (che, in condizioni normali, cala meno della produzione) in discesa del 4,5%, per le imprese con 20-49 addetti è stato dell'8%; gli investimenti sarebbero stati tagliati del 18% contro un -26% delle piccole imprese; più duro anche il colpo sull'occupazione, calata del 3,3% contro il 3,5 delle piccole aziende.
Soluzione nell'export
«Questa crisi – osserva Matteo Bugamelli, economista di Banca d'Italia e autore della ricerca Invind sull'impatto della crisi sulle dimensioni d'impresa - è arrivata soprattutto dall'export e ha colpito per prima le aziende medio-grandi, quelle che esportano di più. In seguito queste hanno approfittato della crisi per ridefinire, a loro favore, i rapporti di fornitura - lo snodo cruciale - con le piccole aziende».
E ora quale sarà l'evoluzione della congiuntura? «Se – conclude Bugamelli - l'uscita dalla crisi passerà dall'export saranno ancora le aziende medio-grandi a trainare la ripresa. In coda seguiranno le piccole, almeno quelle che esportano meno».
e.scarci@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

www.cervedgroup.com
Tutti i numeri dei bilanci 2008

I NUMERI



67,4%
Aziende in utile
L'anno scorso le società di capitale che hanno
realizzato un utile di bilancio sono state oltre il 67%
contro il 72% dell'anno
prima. Cinque punti percentuali in meno.
Che salgono a otto punti
per le imprese industriali:
la percentuale è scesa
dal 75,5 al 67,7 per cento.
-1,3%
Redditività piccole imprese
Le piccole società di capitale, quelle con meno
di 2 milioni di fatturato,
hanno registrato nel 2008, secondo le rilevazioni
Cerved, una redditività
(Roe) negativa, -1,3%.
Mentre per le società
fino a 50 milioni è crollata
dal 6-7%, poco sopra
l'1 per cento. Per quelle
oltre i 50 milioni
di fatturato si è quasi dimezzata intorno
al 5 per cento.
-3%
Imprese a rischio debito
La percentuale di società
per cui il rapporto debt/equity (debiti oltre il doppio del capitale netto) risulta in zona
di rischio è in calo di 3 punti
in tutte le aree del Paese.
Forse su questo hanno influito in senso positivo le regole
di Basilea 2, che hanno
spinto il sistema
delle società italiane
a una maggiore patrimonializzazione.

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