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Newsletter del 21 Febbraio 2011

Il Nord Africa disorienta le Pmi

A CURA DI
Marco de' Francesco
Aziende che non possono comunicare con i loro agenti; che, non riuscendo a far collaudare gli impianti, vedono allungarsi i tempi di pagamento; che hanno commesse bloccate e che richiamano in patria i dipendenti. Ma nonostante le avversità dell'oggi, lo sguardo delle imprese venete si posa su quanto potrà accadere una volta passata l'ondata di proteste che ha agitato la Tunisia e la "guerra civile" che sta sconvolgendo l'Egitto. Due mercati che sono sempre più ricchi di opportunità, valendo – il dato è del 2009, un anno di rallentamento – oltre 560 milioni.
Il paese dei faraoni – dove, al momento, il quadro è più teso – è un partner commerciale sempre più importante. E il valore delle esportazioni venete è una cartina di tornasole eloquente: nel 2009 avevano superato i 207,9 milioni, in crescita del 34% da inizio millennio. E ancora nei primi nove mesi del 2010 le vendite nel paese dei faraoni sono aumentate del 3,7% (a 160,2 milioni).
Con queste premesse, è facile intuire che protesta contro il regime di Hosni Mubarak, e i contestuali disordini, non sono senza coneguenze. La commessa bloccata è di Omera spa, azienda meccanica vicentina, che puntava a chiudere un ordine da 1,5 milioni: un affare non da poco, visto che l'impresa ha un fatturato di circa 20 milioni. «Il nostro degasatore termico – spiega Maurizio Tiarca, ad di Eurotec Wwt, altra azienda, questa volta del padovano, finita nel "limbo" – è in attesa di collaudo. I clienti non riusciamo a contattarli». E poiché, il "conguaglio" doveva arrivare a collaudo effettuato, tutto ciò significa slittamento dei pagamenti.
In primis, però, l'allarme è per la sicurezza degli addetti: «Il personale di molte imprese – spiega Giuseppe Federico, direttore della sede Ice a Il Cairo – è stato rimpatriato in via cautelare, e si mettono al riparo le famiglie». È la decisione, per esempio, che ha preso la friulana Danieli, che sta richiamando gli addetti impegnati nei cantieri di Suez e Ain Soukna. La situazione caotica in cui versa il paese è testimoniato anche dal black-out dei sistemi di comunicazione: «Internet è ko – dice Emanuele Zoppi, responsabile export di La Meccanica Srl di Reffo di Cittadella –. Gli agenti ci chiedono di inviare fax». In un simile contesto, il presidente della camera di commercio di Verona, Alessandro Bianchi, invita le aziende «a valutare con cautela bilanci e asset di clienti e fornitori»; e Paolo Doglioni, vice presidente vicario del centro estero di Unioncamere Veneto, consiglia «rapporti commerciali con garanzia di pagamento, ma non investimenti diretti».
Eppure c'è chi il bicchiere lo vede mezzo pieno. «Gli equilibri interni potrebbero saltare – afferma Massimo Molon, ad della padovana Zapi spa, produttrice di rodenticidi e insetticidi – ma con la democrazia si aprono orizzonti commerciali». Concorda l'ad di Stone Italiana, Roberto Dalla Valle: l'azienda di Zimella (Vr), quarzo e marmo, ha uno showroom a Madinaty (38 km de Il Cairo), «dove stanno costruendo 200mila appartamenti e 6.500 ville». Dalla Valle taglia corto: «Movimenti sociali? Non ci riguardano. Dalle parti della capitale la popolazione cresce del 5% l'anno, e tutti cercano casa. Il problema, semmai, è seguire le richieste».
Lo stesso ottimismo coinvolge la Tunisia: «Passata la tempesta e con le riforme, si apriranno nuove possibilità», dice Katia Da Ros, del gruppo internazionalizzazione di Confindustria Veneto. Da quelle parti le imprese venete – che nel decennio hanno accresciuto le esportazioni nel 35%, a quota 352 milioni nel 2009 – si sono sempre occupate di manifattura, agricoltura e abbigliamento. «Con la fuga del presidente Ben Ali – Da Ros – tutti i settori in mano alla famiglia del leader, come infrastrutture, informatica, aeronautica e telecomunicazioni, saranno accessibili ai privati». E dopo l'ondata di disordini «la situazione va normalizzandosi, nonostante il coprifuoco, lo scarso approvvigionamento di semilavorati e la frenata delle esportazioni per via del blocco delle dogane». Insomma, la Tunisia ha gli anticorpi per reagire. Ne è convinto anche Francesco Voltolina, presidente di Antica Murrina Veneziana, azienda del vetro artistico, con propaggini in Marocco (Cristalstrass e Beton Engineering) e Tunisia (Crystal Light): «C'è stato il fuggi-fuggi di turisti; ma le fabbriche, chiuse per due giorni, hanno subito riaperto. E, a ben vedere, il dinaro tunisino non è crollato».
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