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Newsletter del 27 Febbraio 2012

Illegittima la tariffa rifiuti massima per gli studi dei professionisti
di Giuseppe Debenedetto

La scelta dei coefficienti massimi per determinare la tariffa da applicare ad alcune categorie deve essere motivata, altrimenti è illegittima.
Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 539 del 2 febbraio, annullando una delibera comunale istitutiva della Tariffa d'igiene ambientale nella parte in cui individuava il coefficiente massimo solo per gli uffici e gli studi dei professionisti.
Diversi ordini professionali (ingegneri, commercialisti, architetti, medici, eccetera) avevano proposto ricorso al Tar sostenendo l'illegittimità della tariffa per le utenze non domestiche della categoria 11 (uffici, agenzie, studi professionali), ai quali il Comune aveva applicato i coefficienti massimi fissati dal Dpr 158/99 (metodo normalizzato). Peraltro nella delibera non solo non c'era alcuna motivazione che giustificasse l'applicazione della misura più elevata, ma mancava un criterio omogeneo per le 30 categorie di contribuenti, ad alcune delle quali erano stati invece applicati i coefficienti minimi.
Il Tar Toscana ha respinto i rilievi dei professionisti, ritenendo insussistente l'obbligo di motivazione per la scelta dei coefficienti applicabili alla singola categoria, se effettuata nell'ambito dell'intervallo di riferimento. Per i giudici amministrativi fiorentini i provvedimenti con i quali i Comuni determinano la tariffa costituiscono atti di normazione secondaria a contenuto generale, assimilabili agli atti relativi alla gestione dell'Ici e quindi esclusi da obblighi di motivazione puntuale.
Il giudizio di primo grado è stato tuttavia ribaltato dal Consiglio di Stato, il quale evidenzia il contenuto "misto" del provvedimento istitutivo della tariffa, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, quest'ultima con particolare riferimento ai coefficienti per l'attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa.
L'ampio potere discrezionale di cui gode l'ente locale non può comunque sfuggire a qualsiasi controllo e non può pertanto sottrarsi all'obbligo della motivazione. In caso contrario verrebbero rinnegati i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che devono caratterizzare l'azione amministrativa.
D'altronde l'obbligo di motivazione - precisano i giudici di Palazzo Spada - è rintracciabile nello stesso Dpr 158/99, che nel disciplinare il calcolo della tariffa per le utenze non domestiche consente ai Comuni di determinare la parte fissa e variabile della tariffa «nell'ambito degli intervalli indicati».
Proprio questo potere di scelta da un minimo a un massimo imponeva all'ente locale l'obbligo di motivare le ragioni dell'opzione sui coefficienti massimi, non essendovi peraltro alcun elemento idoneo a rendere comprensibile il percorso logico seguito dall'amministrazione.
Il principio sancito dal Consiglio di Stato, applicabile a tutti i Comuni che applicano la Tia e a quelli in regime Tarsu che utilizzano il metodo normalizzato, potrebbe avere riflessi anche in sede di prima applicazione del nuovo tributo Res, in caso di mancata adozione del regolamento statale previsto dall'articolo 14 del Dl 201/2011.
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