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Newsletter del 29 Luglio 2013

Risarciti i ritardi della «Pa» verso imprese e professionisti
di Maria Teresa Farina
Guglielmo Saporito

Gli imprenditori aprono la strada a un nuovo modo di amministrare, in cui i tempi sono certi e i ritardi sanzionati. Questo è il contenuto innovativo dell'articolo 28 del decreto legge, in tema di indennizzi nella conclusione del procedimento.
Tutti coloro i quali entrano in contatto con una pubblica amministrazione, attivando un procedimento, possono contare su un indennizzo in caso di ritardo. Si tratta di una sorta di ticket quantificato in modo forfetario (30 euro per ogni giorno di ritardo fino a 2mila euro per procedimento), che non esclude il risarcimento di altri tipi di danni (patrimoniali, biologici e morali).
Gli interessati
A prima lettura sembra che l'indennizzo spetti a tutti coloro i quali colloquiano con uffici pubblici in veste imprenditoriale: quindi spetta anche ai professionisti, che in più campi (come sottolinea l'Antitrust) sono assimilati agli imprenditori. Per tutti gli altri cittadini, dagli studenti alle casalinghe, l'indennizzo è rinviato di almeno 18 mesi. Le amministrazioni cui si può chiedere l'indennizzo da ritardo sono quelle centrali e locali, compresi i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative (concessionari, società pubbliche), e inclusi gli "organismi di diritto pubblico" e quelli che l'Istat ha codificato come soggetti pubblici.
I casi di esclusione
Nulla spetta nei casi in cui l'inerzia dell'amministrazione ha già di per se un significato, attribuitogli dalla legge. Ad esempio, in materia di accesso ai documenti, il 31° giorno dall'istanza di rilascio di una copia già esprime un diniego all'interessato. Non generano indennizzo i comportamenti taciti qualificati (dalla legge) come “diniego”, cioè quelli che l'interessato può immediatamente percepire come un ostacolo alla propria richiesta. Se, infatti, l'interessato può desumere già dal silenzio la volontà dell'amministrazione a lui sfavorevole, non vi è motivo per accordare un indennizzo.
L'indennizzo infatti spetta per l'incertezza che confonde l'imprenditore interessato, il quale non sa se otterrà il provvedimento. Ad esempio, se l'imprenditore edile chiede un permesso di costruire in area vincolata sotto l'aspetto ambientale (adiacente a un corso d'acqua) già il 30° giorno passato senza notizie mette in grado di capire che l'autorità competente è ostile al progetto (articolo 20, comma 9, Dpr 380/2001, modificato dal decreto del fare del giugno 2013).
Silenzio rigetto e silenzio rifiuto
Il silenzio diniego è simile a un negativo fotografico, perché con un'adeguata lettura se ne può dedurre il contenuto. Il silenzio rifiuto è invece privo di qualsiasi contenuto interpretabile e quindi paralizza l'attività del privato (e perciò genera un indennizzo).
Chi ottiene un silenzio rigetto (che esprime una specifica volontà negativa della Pa) può contestare l'opinione dell'ente pubblico, dimostrando di avere tutti i presupposti per ottenere il provvedimento favorevole. Chi è destinatario di un silenzio rifiuto (privo di significato) ha meno spazi e può solo chiedere al giudice amministrativo (entro un anno) l'accertamento dell'obbligo di provvedere e la verifica della fondatezza della sua pretesa (articoli 31 e 117 Dlgs 104/2010). Pochi mesi fa, la legge anticorruzione (articolo 38, legge 190/2012) sembrava aver obbligato la Pa ad esprimersi sempre in modo chiaro, non trincerandosi dietro un silenzio, con la minaccia di un potere sostitutivo del superiore gerarchico. Evidentemente, questo passo in avanti è stato ritenuto eccessivo, e con il pagamento di 30 euro al giorno l'amministrazione riconquista il potere di non esprimersi nei tempi di legge. Il paradosso è ancor più evidente in quanto è la stessa amministrazione ad essersi data i tempi del procedimento, attraverso un'analisi delle strutture organizzative (Dpcm 21 marzo 2013 n. 58).
Ci saranno poche speranze di indennizzo per chi partecipa a concorsi pubblici, in quanto l'operato delle Commissioni giudicatrici non è agevolmente cadenzabile. La procedura per ottenere l'indennizzo è a sua volta articolata e non prevede tempi brevi. L'imprenditore deve rivolgersi (entro sette giorri dalla scadenza del termine) al responsabile del potere sostitutivo (che è individuato sul sito internet della singola Pa, ex articolo 2, comma 9-bis, legge 241/1990).
Quest'ultimo ha un proprio termine per provvedere (la metà di quello che spettava al sostituito inadempiente) e se perdura il silenzio, la somma verrà liquidata dallo stesso soggetto che non ha provveduto in sostituzione (una sorta di suicidio sotto l'aspetto della responsabilità contabile). Se nemmeno il sostituto provvede alla liquidazione nel termine di cinque giorni, l'imprenditore può rivolgersi al Tar entro dieci giorni (con l'assistenza di un avvocato e costi fiscali di oltre 300 euro).
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In pillole
01|A CHI SPETTA
Il risarcimento per i ritardi della Pa spettano agli imprenditori in merito ai provvedimenti relativi alla loro attività
02|DOPO QUANTO TEMPO
Il diritto al risarcimento scatta dopo che sono trascorsi 31 giorni dalla richiesta per il formarsi del silenzio rifiuto (salvo diversi termini previsti dal Dpcm 58/2013)
03|A CHI RIVOLGERSI
In caso di ritardo l'imprenditore deve rivolgersi dapprima al responsabile del potere sostitutivo (su internet) entro sette giorni dalla scadenza del termine per provvedere, quindi al Tar se perdura l'inerzia
04|RICORSO AL TAR
Il ricorso al Tar va presentato entro un anno dalla scadenza del termine concesso alla pubblica amministrazione per provvedere, contestando l'inerzia e contestualmente chiedendo l'indennizzo

 
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