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Newsletter del 29 Luglio 2015

Il magistrato può pretendere la proposta conciliativa

Quando il giudice in corso di causa dispone la mediazione può prescrivere che in caso di mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti il mediatore provveda comunque alla formulazione di una proposta conciliativa.

A tal fine, le parti dovranno scegliere un organismo di mediazione che non preveda limitazioni a tale “potere” del mediatore il quale è invitato altresì a verbalizzare i motivi eventualmente addotti dalle parti assenti per giustificare la propria mancata comparizione personale.

Con l’ordinanza del 23 giugno 2015 il Tribunale di Vasto (estensore Pasquale) segna un percorso ben chiaro per la mediazione demandata che, nel solco della giurisprudenza fiorentina sulla necessità che la mediazione si svolga effettivamente (di qui l’esigenza della partecipazione personale delle parti), si spinge oltre invitando anche il mediatore ad adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti dandone atto a verbale per le valutazioni consequenziali in caso di assenza ingiustificata: improcedibilità con riguardo al comportamento della parte istante e condanna ad una somma pari al contributo unificato (se costituita in giudizio) e valutazione della condotta quale argomento di prova in relazione alla parte invitata.

Secondo il giudice di Vasto la tendenza del legislatore ad introdurre meccanismi dissuasivi di «comportamenti processuali ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale» della lite non può consentire di obliterare a priori l’opzione prevista per la formulazione di una proposta conciliativa per impulso del mediatore che costituisce un «passaggio fondamentale della procedura di mediazione». Anche la semplice “libera formulabilità” di tale proposta, in considerazione della possibile incidenza in ordine alle spese processuali, assume di fatto una valenza orientativa per le parti.

Una decisione improntata a rafforzare lo schema della mediazione iussu iudicis e che sembra voler sostanzialmente integrarne la procedura in un alveo processuale regolamentato ove il mediatore diviene una sorta di ausiliario al quale il giudice rivolge inviti e prescrizioni.

Occorre tuttavia rilevare come il confine tra processo e mediazione sia segnato proprio dall’autonomia del mediatore, valicato il quale rischia di esaurirsi anche la funzione stessa della mediazione stragiudiziale che resta tale pur se attivata per ordine del giudice e pur se connessa al processo attraverso la condizione di procedibilità.

E proprio il tema dell’improcedibilità resta al centro del dibattito giurisprudenziale in atto.

In particolare il tribunale di Firenze, con ordinanza del 17 giugno 2015 (estensore Breggia), ha chiarito, sia pur incidentalmente che il termine assegnato dal giudice per la mediazione demandata non è perentorio (e nemmeno ordinatorio) dal momento che il termine non ha natura processuale perché volto non al compimento di atti processuali, ma unicamente a dare impulso ad una fase stragiudiziale di mediazione.

Con altra pronuncia (sentenza dell’ 11 giugno 2015) il tribunale fiorentino (giudice Guida) dopo aver chiarito l’ambito di operatività della materia «contratti finanziari» che rientra tra quelle per le quali la mediazione costituisce obbligo preventivo (riconducendo nel suo ambito l’azione per il risarcimento del danno contrattuale derivante da inadempimento di un contratto di leasing), giunge a dichiarare l’improcedibilità con condanna alle spese degli attori (4.000 euro oltre oneri), ritenendo non esperita la mediazione poiché dal relativo verbale risultavano presenti soltanto gli avvocati delle parti e non le stesse personalmente.

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