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Newsletter del 15 Settembre 2016

Previdenza, omesse ritenute depenalizzate

Dal 6 febbraio non costituiscono più reato alcune violazioni in materia di lavoro che, in virtù anche della persistente crisi economica, erano diventate oltremodo frequenti, come l’omesso versamento delle trattenute previdenziali, anche per importi irrisori.

I criteri generali

Il decreto legislativo 8/2016, entrato in vigore appunto il 6 febbraio, dispone che non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda. La disposizione si applica anche ad alcuni reati che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria. La sanzione amministrativa pecuniaria è così stabilita:

■ da 5.000 a 10.000 euro per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a 5.000 euro;

■ da 5.000 a 30.000 euro per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a 20.000 euro;

■ da 10.000 a 50.000 euro per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo a 20.000 euro.

Se è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 o superiore a 50.000 euro.

Nel procedimento di irrogazione delle sanzioni si applicano le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 689/1981, in particolare l’articolo 16 che consente il pagamento entro sessanta giorni di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo.

Ritenute previdenziali

Rientra fra le violazioni che non costituiscono più reato l’omesso versamento delle ritenute previdenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sui compensi dei collaboratori coordinati e continuativi per un importo non superiore a 10.000 euro annui. L’articolo 3 del Dlgs 8/2016 modifica in tal senso l’articolo 2 della legge 638/1983 prevedendo la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro in caso di omesso versamento delle ritenute per un importo superiore a euro 10.000 annui. Se il mancato versamento non supera questa soglia si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

Appare utile evidenziare che l’articolo 2, comma 1, del Dl 463/1983 stabilisce l’obbligo in capo al datore di lavoro del versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti e sancisce che tali somme non possono essere portate a conguaglio con quelle anticipate ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali e assistenziali, salvo che a seguito del conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore di quest’ultimo.

Il decreto 8/2016 distingue l’illecito penale da quello amministrativo sulla base del valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro:

■ sanzione penale della reclusione fino a tre anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 per gli omessi versamenti di importo superiore a 10.000 euro annui;

■ sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro per gli importi omessi inferiori a tale soglia.

L’Inps, con la circolare 121/2016, ha chiarito che, ai fini della determinazione dell’importo omesso non si considera – come avviene invece per le ritenute fiscali – il periodo di imposta, bensì si tiene conto dei versamenti effettuati dal 16 gennaio (relativi al mese di dicembre dell’anno precedente) sino al 16 dicembre (relativi al mese di novembre dell’anno di riferimento). Peraltro, il datore di lavoro non è punibile, ne è assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Per quanto riguarda la sanzione amministrativa, l’autore dell’illecito che non provveda al pagamento nel termine dei tre mesi assegnati, potrà versare, entro il termine dei successivi 60 giorni, l’importo della sanzione amministrativa quantificata nella misura ridotta in base all’articolo 16 della legge 689/1981.

L’esercizio non autorizzato delle attività di somministrazione di personale o l’utilizzo del personale stesso in base all’articolo 18 del decreto legislativo 276/2003 non costituisce più reato. Pertanto l’ammenda di 50 euro per ogni giorno di lavoro e per ogni lavoratore è trasformata in sanzione amministrativa pecuniaria, con un minimo di 5.000 euro (ridotto a 1.666,67 euro) e un massimo di 50.000 euro, anch’esso riducibile.

Con la nota 15764 il ministero del Lavoro ha confermato che, anche nell’ipotesi di somministrazione illecita, il tetto della sanzione deve essere ricondotto al limite massimo di 50.000 euro, con l’applicazione della riduzione. Questo vale anche nei casi di appalto o di distacco illecito, il cui regime sanzionatorio è riconducibile a quello della somministrazione illecita.

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